larry irving facebook

SE È CAMBIATO IL WEB, PERCHÉ NON CAMBIARE LE SUE REGOLE? - LARRY IRVING SPIEGA LA LOGICA CON CUI 25 ANNI FA SCRISSE PER CLINTON LE LEGGI DI INTERNET: NON UCCIDERE I NEONATI DELL'ECONOMIA DIGITALE NELLA CULLA - ORA I NEONATI SONO GIGANTI E QUELLE REGOLE VANNO RIVISTE: "OGGI TRE-QUATTRO PERSONE NON ELETTE, CIOÈ ZUCKERBERG, DORSEY, BEZOS, USANO IN MODO DISCREZIONALE UN POTERE STERMINATO" - "SENZA TWITTER TRUMP NON AVREBBE VINTO NEL 2016? FORSE È VERO..."

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

 

larry irving con bill clinton

«Non metti il cucciolo di una renna nella stessa gabbia di un orso polare: sono animali diversi, finisce male. Per questo negli anni '90, quando varammo quella che, poi, sarebbe diventata la legislazione di Internet, cercammo di ridurre al massimo regole e vincoli: allora la preoccupazione era di non uccidere i neonati dell'economia digitale nella culla. Ma poi i neonati sono diventati giganti, bisognava intervenire: oggi tre-quattro persone non elette - Zuckerberg, Dorsey, Bezos - usano in modo discrezionale un potere sterminato».

 

mark zuckerberg

Larry Irving è considerato l'architetto della legislazione su Internet varata negli anni Novanta, durante la presidenza di Bill Clinton: le norme che concessero esenzioni fiscali alle nuove imprese digitali (a cominciare dall'e-commerce senza tasse), l'attenuazione dei vincoli antitrust e, soprattutto, l'irresponsabilità degli operatori per i contenuti messi su Internet.

larry irving giovane

 

Da viceministro del Commercio e delle Comunicazioni e da consigliere del vicepresidente Al Gore, Irving fu al centro di quella stagione come protagonista di innumerevoli audizioni al Congresso e partecipando alla stesura delle leggi: in particolare il Telecom Act e il Decency Act (con l'ormai celebre Section 230), le normative del 1996 che hanno dato forma a Internet.

 

Chi guidò politicamente quel processo? Il presidente?

«Clinton firmò le leggi ma tutto il dibattito, i lavori preparatori, la stesura delle norme, furono guidati da Al Gore. Creò un comitato di 18 responsabili di tutte le aree dell'Amministrazione interessate: dalla mia, le Comunicazioni, al Tesoro per gli aspetti finanziari alla Difesa per i problemi di sicurezza. Ognuno faceva il suo lavoro, poi ci riunivamo ogni martedì per quattro ore da lui. Ogni tanto riferivamo a Clinton di quel piano, allora chiamato information superhighway. È curioso, ma in quei testi legislativi la parola Internet non compare quasi mai».

 

larry irving 1

Non sentivate l'importanza di quelle decisioni, anche per l'informazione?

«Allora in tutto il mondo c'erano su Internet 30 o 40 milioni di persone su una popolazione mondiale di sei miliardi. L'informazione passava attraverso tv, radio e giornali, nessuno pensava a Internet. Anche da voi. Venni varie volte a tenere conferenze in Italia, ospite dell'ambasciatore Bartolomew. Internet non preoccupava Silvio Berlusconi né la Rai. Al di fuori dell'etere esistevano solo le telecomunicazioni e Telecom Italia era onnipotente. Era lo stesso in America con AT&T e le altre. Noi capivamo che dall'elettronica, dalla rete, poteva nascere una nuova economia, molti posti di lavoro. Dovevamo alimentare Internet, farla crescere. Evitare che i gruppi delle telecomunicazioni, che cominciavano a vedere la rete come una minaccia di lungo termine alla loro prosperità, la uccidessero. Puntammo sopratutto a incentivare gli investimenti per consentire la costruzione di un'infrastruttura forte intorno a Internet».

 

larry irving autore delle leggi su internet

Ci siete riusciti, ma poi le cose sono andate molto oltre. La rete ora è onnipotente, veicola anche falsità, teorie cospirative e inviti alla rivolta che mettono in pericolo la democrazia.

«È chiaro che a un certo punto andavano introdotte regole e non solo nell'informazione. Oggi, dovunque vai, inciampi nei pacchi di Amazon. Che, almeno, ha cominciato a pagare un po' di tasse sulle vendite agli Stati dell'Unione. Sul piano politico, è chiaro, la situazione nella quale abbiamo vissuto fin qui è insostenibile: qui a Washington ho visto l'assalto al Congresso di teppisti armati, nazionalisti della supremazia bianca, organizzati via social media. Una democrazia non può resistere a un uso massiccio di strumenti tecnologici per diffondere bugie e disinformazione».

 

larry irving

Giusto lo stop a Trump di Twitter e Facebook?

«Le imprese vanno di certo coinvolte nella protezione della comunità. Ma è impensabile che gruppi anche delle dimensioni di Facebook o Twitter possano gestire questo problema da soli. Molti la vedono in modo binario: niente regole o regole statali severe. Io credo che serva una normativa leggera che garantisca la massima libertà ma senza mettere in pericolo la società: vogliamo evitare istigazioni alla violenza e crimini d'odio, ma abbiamo bisogna di una robusta discussione pubblica su Internet. Va rivista la Section 230 e va rivitalizzata la competizione su Internet: come dicevo, è inammissibile che pochi miliardari non eletti abbiano il potere di sbattere fuori chiunque da tutte le principali piattaforme. E, comunque, quando intervieni su Trump devi essere coerente intervenendo anche sulla comunicazione di dittatori che in giro per il mondo diffondono messaggi altrettanto - o ancor più - falsi e violenti. È un bilanciamento difficile ma indispensabile. Trovo comunque incoraggiante che si comici a discutere e ad agire. Due anni fa non accadeva: per questo siamo arrivati al punto attuale».

 

larry irving interview promo 4

Per molti Trump è divenuto presidente grazie al megafono delle reti sociali. Per le quali The Donald è stato un affare redditizio.

«I capi dei social, come ho detto, hanno le loro colpe, ma non sono responsabili dell'avvento al potere di Trump. Senza Twitter non avrebbe vinto nel 2016? Forse è vero, ma senza la radio Roosevelt non sarebbe divenuto presidente, né Kennedy sarebbe arrivato alla Casa Bianca senza televisione. Sono abbastanza vecchio da ricordare la vittoria di JFK nel 1960. Si giocò tutto nell'ultimo dibattito trasmesso in tv: un giovane carismatico, che parlava bene, a suo agio davanti alle telecamere contro un Nixon cupo e impacciato. Internet non ha creato Trump, ma ha amplificato le sue visioni del mondo e anche le sue bugie. Il pubblico ha assorbito per anni le sue menzogne in rete: questo è stato il problema».

JEFF BEZOS jack dorsey

Ultimi Dagoreport

consiglio supremo difesa mattarella meloni fazzolari bignami

DAGOREPORT - CRONACA DI UN COMPLOTTO CHE NON C’È: FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, CONSIGLIERE DEL QUIRINALE, SI SARÀ ANCHE FATTO SCAPPARE UNA RIFLESSIONE SULLE DINAMICHE DELLA POLITICA ITALIANA IN VISTA DELLE ELEZIONI 2027. MA BELPIETRO HA MONTATO LA PANNA, UTILE A VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ E A DARE UN ASSIST A FRATELLI D’ITALIA, SEMPRE PRONTA ALLA LAGNA VITTIMISTA – A QUEL TORDO DI GALEAZZO BIGNAMI È SCAPPATA LA FRIZIONE. E DOPO IL SUO ATTACCO AL COLLE, IL SOLITAMENTE CAUTO GIOVANBATTISTA FAZZOLARI È INTERVENUTO PRECIPITOSAMENTE PER SALVARGLI LA FACCIA (E LE APPARENZE CON IL COLLE) - BELPIETRO ESONDA: "ISTITUZIONALMENTE SCORRETTA LA REPLICA DEL QUIRINALE"

alessandra smerilli riccardo campisi alessandra smerilli papa leone xiv

DAGOREPORT - CHI POTRÀ AIUTARE PAPA PREVOST A RIPIANARE IL DEFICIT ECONOMICO DELLA SANTA SEDE? - LEONE XIV EREDITA DA BERGOGLIO UNA COMMISSIONE PER LA RACCOLTA FONDI PER LE CASSE DEL VATICANO, PRESIEDUTA DA MONSIGNOR ROBERTO CAMPISI E IN CUI C’E’ ANCHE LA SUORA ECONOMISTA ALESSANDRA SMERILLI – I DUE HANNO UNA FREQUENTAZIONE TALMENTE ESIBITA DA FARLI DEFINIRE LA “STRANA COPPIA”. SONO ENTRAMBI AMANTI DELLO SPORT, DELLE PASSEGGIATE, DEI VIAGGI, DEL NUOTO IN ALCUNE PISCINE ROMANE ED ANCHE NEL MARE DI VASTO, DOVE SPESSO I DUE SONO VISTI IN VACANZA - LA SALESIANA SMERILLI, IN TEORIA TENUTA A VIVERE IN UNA COMUNITÀ DELLA SUA CONGREGAZIONE, VIVE IN UN LUSSUOSO APPARTAMENTO A PALAZZO SAN CALLISTO, DOVE LA SERA È DI CASA MONSIGNOR CAMPISI, SPESSO CON ALTRI OSPITI ATTOVAGLIATI AL SUO TAVOLO…

nicola colabianchi beatrice venezi alessandro giuli gianmarco mazzi

FLASH! - DA ROMA SALGONO LE PRESSIONI PER CONVINCERE BEATRICE VENEZI A DIMETTERSI DA DIRETTORE DELL’ORCHESTRA DEL VENEZIANO TEATRO LA FENICE, VISTO CHE IL SOVRINTENDENTE NICOLA COLABIANCHI NON CI PENSA PROPRIO ALLE PROPRIE DIMISSIONI, CHE FAREBBERO DECADERE TUTTE LE CARICHE DEL TEATRO – ALLA RICHIESTA DI SLOGGIARE, SENZA OTTENERE IN CAMBIO UN ALTRO POSTO, L’EX PIANISTA DEGLI ANTICHI RICEVIMENTI DI DONNA ASSUNTA ALMIRANTE AVREBBE REPLICATO DI AVER FATTO NIENT’ALTRO, METTENDO SUL PODIO LA “BACCHETTA NERA”, CHE ESEGUIRE IL “SUGGERIMENTO” DI GIULI E CAMERATI ROMANI. DUNQUE, LA VENEZI E’ UN VOSTRO ‘’PROBLEMA”…

emmanuel macron giorgia meloni volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – MACRON E MELONI QUESTA VOLTA SONO ALLEATI: ENTRAMBI SI OPPONGONO ALL’USO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI IN EUROPA, MA PER RAGIONI DIVERSE. SE IL TOYBOY DELL’ELISEO NE FA UNA QUESTIONE DI DIRITTO (TEME LE RIPERCUSSIONI PER LE AZIENDE FRANCESI, IL CROLLO DELLA CREDIBILITÀ DEGLI INVESTIMENTI UE E IL RISCHIO DI SEQUESTRI FUTURI DI CAPITALI EUROPEI), PER LA DUCETTA È UNA QUESTIONE SOLO POLITICA. LA SORA GIORGIA NON VUOLE SCOPRIRSI A DESTRA, LASCIANDO CAMPO A SALVINI – CON LE REGIONALI TRA CINQUE GIORNI, IL TEMA UCRAINA NON DEVE DIVENTARE PRIORITARIO IN CAMPAGNA ELETTORALE: LA QUESTIONE ARMI VA RIMANDATA (PER QUESTO ZELENSKY NON VISITA ROMA, E CROSETTO NON È ANDATO A WASHINGTON)

giorgia meloni matteo salvini elly schlein luca zaia

DAGOREPORT - C’È UN ENORME NON DETTO INTORNO ALLE REGIONALI IN VENETO E CAMPANIA, E RIGUARDA LE AMBIZIONI DI ZAIA E DE LUCA DI...RIPRENDERSI LA GUIDA DELLE RISPETTIVE REGIONI! - NULLA VIETA AL “DOGE” E ALLO SCERIFFO DI SALERNO DI RICANDIDARSI, DOPO AVER “SALTATO” UN GIRO (GLI ERA VIETATO IL TERZO MANDATO CONSECUTIVO) – IN CAMPANIA PER DE LUCA SAREBBE UN GIOCO DA RAGAZZI: GLI BASTEREBBERO 5-6 CONSIGLIERI FEDELISSIMI PER TENERE PER LE PALLE FICO E POI FARLO CADERE PER RICANDIDARSI. IDEM PER IL "DOGE", CHE PERO' NON AVRA' DALLA SUA UNA LISTA DI "SUOI" CANDIDATI - A CONTARE SARANNO I VOTI RACCOLTI DAI SINGOLI PARTITI NECESSARI A "PESARSI" IN VISTA DELLE POLITICHE 2027: SE FRATELLI D’ITALIA SUPERASSE LA LEGA IN VENETO, CHE FINE FAREBBE SALVINI? E SE IN CAMPANIA, FORZA ITALIA OTTENESSE UN RISULTATO MIGLIORE DI QUELLO DI LEGA E FRATELLI D'ITALIA, COME CAMBIEREBBERO GLI EQUILIBRI ALL'INTERNO DELLA COALIZIONE DI MAGGIORANZA?

edmondo cirielli giovambattista fazzolari giorgia meloni

DAGOREPORT - C’È UN MISTERO NEL GOVERNO ITALIANO: CHE “FAZZO” FA FAZZOLARI? – IL SOTTOSEGRETARIO ALL’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA FA IL TUTTOLOGO, TRANNE OCCUPARSI DELL’UNICA COSA CHE GLI COMPETE, CIOE' L’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA - SI INDUSTRIA CON LE NOMINE, SI OCCUPA DI QUERELE TEMERARIE AI GIORNALISTI (NEL SENSO CHE LE FA), METTE IL NASO SULLE VICENDE RAI, MA NON FA NIENTE PER PLACARE GLI SCAZZI NEL CENTRODESTRA, DOVE SI LITIGA SU TUTTO, DALL'UCRAINA ALLA POLITICA ECONOMICA FINO ALLE REGIONALI – LO SHOW TRASH IN CAMPANIA E EDMONDO CIRIELLI IN VERSIONE ACHILLE LAURO: L’ULTIMA PROPOSTA? IL CONDONO…