Estratto dell'articolo di Emanuele Bruno per www.primaonline.it
[…] Chi potrebbe subire la concorrenza da una Rai Pubblicità più libera di cacciare altre risorse pubblicitarie? Mediaset per la quota più ampia, ma a pagare dazio potrebbero essere in buona misura le proposte più omogenee a quella della Rai dal punto di vista editoriale e dei target, in quota rilevante per La7 e anche WBD, e poi inevitabilmente i media (anche la carta stampata e il digitale) e le concessionarie più deboli, in una competizione più serrata in tema di costo per grp tra i big commerciali.
Con Publitalia che, in attitudine difensiva, con tutti i bacini di spazi di cui dispone, in tv e non, finirebbe per influenzare negativamente le attività di tutti gli altri player dello scenario, scatenando un gioco al massacro che toccherebbe anche gli streamer stranieri, e poco o niente le solite grandi piattaforme (Google, Meta, eccetera).
Indebolire la rai non convievne a nessuno. La pubblicità aggiuntiva verrebbe sfilata a tutti gli operatori, gionali compresi
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MATTEO SALVINI ANTONIO TAJANI RAI CANONE
Lo scenario che si è manifestato in Commissione al Senato con lo scontro sull’emendamento per il taglio del canone Rai è molto di più del braccio di ferro tra la Lega e Forza Italia. Riguarda interessi molto ampi che abbracciano tutto il sistema dei media televisivi. Interessi ed equilibri di cui Forza Italia, partito fondato da Silvio Berlusconi e supportato economicamente dai suoi figli, è ben cosciente.
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Facendo l’ipotesi di aumentare di un punto l’affollamento della Rai in via compensativa dell’abbassamento del canone, quali sarebbero gli effetti sul mercato? Facendo i conti in maniera un po’ generica, visto che è impossibile essere più precisi in questa fase, si può azzardare che per una macchina come quella di Rai Pubblicità (che vale intorno ai 650 milioni di raccolta circa) un punto di crescita potrebbe valere intorno ai 70 milioni in più di risorse assicurate dalla pubblicità.
[…] Chi potrebbe subire la concorrenza da una Rai Pubblicità più libera di cacciare altre risorse pubblicitarie? Mediaset per la quota più ampia, ma a pagare dazio potrebbero essere in buona misura le proposte più omogenee a quella della Rai dal punto di vista editoriale e dei target, in quota rilevante per La7 e anche WBD, e poi inevitabilmente i media (anche la carta stampata e il digitale) e le concessionarie più deboli, in una competizione più serrata in tema di costo per grp tra i big commerciali. Con Publitalia che, in attitudine difensiva, con tutti i bacini di spazi di cui dispone, in tv e non, finirebbe per influenzare negativamente le attività di tutti gli altri player dello scenario, scatenando un gioco al massacro che toccherebbe anche gli streamer stranieri, e poco o niente le solite grandi piattaforme (Google, Meta, eccetera).
Infine, va ricordato che nella gestione delle risorse del servizio pubblico non si possono ignorare le indicazioni Media Freedom Act dell’UE, la nuova legge che stabilisce norme per garantire che i media, sia pubblici che privati, possano operare senza indebite pressioni e con indipendenza editoriale.
Per quanto riguarda il ruolo delle TV pubbliche, considerate fondamentali, si prevedono misure atte a garantire che ricevano finanziamenti adeguati, sostenibili e prevedibili (quine sganciati dagli alti e bassi degli andamenti commerciali).
In un contesto in cui il Media Freedom Act dell’UE richiede trasparenza e sostenibilità, la proposta di riduzione del canone è in contrasto con la direttiva che vede la Rai come emittente pubblica.
L’Agcom ha stabilito i limiti dell’affollamento pubblicitario per la Rai, ma con la riduzione del canone, dovrebbe rivederli per permettere alla Rai di operare con alti standard di servizio.
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