antonello venditti

VENDITTI MEJO DE’ NOSTRADAMUS! “UNA VOLTA A PARIGI MI SVEGLIAI IN MEZZO ALLA NOTTE E DISSI DUE PAROLE: TERREMOTO... L’AQUILA. A NOVEMBRE 2019 DISSI CHE CI SAREBBE STATO UN FATTO INAUDITO, A LIVELLO MONDIALE: ERA IL COVID” – IL CANTAUTORE SI RACCONTA AD ALDO CAZZULLO: "POTEVO ESSERE UN TERRORISTA, MA MIO PADRE, CHE LAVORAVA AL MINISTERO DEGLI INTERNI, MI SVELÒ L’INGANNO DIETRO IL ‘68” – “DOPO LA SEPARAZIONE DA SIMONA IZZO PENSAI AL SUICIDIO. LUCIO DALLA MI SALVO’ LA VITA” – LA MADRE CHE GLI DICEVA CHE ERA GRASSO COME UN MAIALE, GLI SPUTI DEI FASCISTI E LA MELONI ("OGGI CON LA DESTRA C'E' UN CLIMA CHE NON MI PIACE"), L'ACCUSA DI VILIPENDIO ALLA RELIGIONE DI STATO PER...

Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo per www.corriere.it

antonello venditti

 

Antonello Venditti. Il 14 giugno uscirà l’album «Cuore 40th Anniversary Edition» che comprende il nuovo brano «Dì una parola»

 

[…] Lei ha scritto anche un romanzo autobiografico, «L’importante è che tu sia infelice».

«È quel che mi diceva mia madre Wanda. Ma non ho atteso il libro per raccontarmi. Quel che stavo vivendo, lo scrivevo e lo cantavo».

 

Chi è l’amico di «Ci vorrebbe un amico»?

«Lucio Dalla. Lucio mi salvò la vita, al tempo della mia separazione. Fu lui a capire che mi dovevo allontanare da Roma, e così per due anni vissi al castello di Carimate, in Brianza, dove venivano i più grandi artisti italiani a incidere i loro dischi. Pino Daniele, i Pooh, Fabrizio De André. Con Fabrizio passavamo notti a parlare, ad approfondire le nostre vite. Fu allora che diventammo davvero amici. Ma poi loro il venerdì partivano; io restavo solo. Sull’orlo del baratro. Entravo in un posto e dovevo uscire. Tutto mi faceva paura».

ANTONELLO VENDITTI SIMONA IZZO

 

Paura di cosa?

«Paura di me stesso. Della mia fragilità. E anche di salire sul palco. Paura di non essere amato. Più volte pensai di farla finita. Magari schiantandomi in macchina. Poi temevo di far del male agli altri. Avrei potuto centrare un albero. Ma guidavo troppo bene...».

 

E Dalla?

«Dopo due anni Lucio capì che per me era il momento di tornare a Roma: la città dove c’erano Simona e mio figlio. Un’angoscia tremenda. Mi trovò casa, a Trastevere. E mi convinse a riprendere i concerti».

 

VENDITTI DALLA

[…] Una tra le sue prime canzoni si intitola «Mio padre ha un buco in gola».

«Papà aveva molte sorelle e un solo fratello: uomo d’ordine, buon padre di famiglia, finì la carriera da generale di corpo d’armata. Mio padre invece era un anarchico. Nel 1940 partì per l’Africa orientale come per una guerra personale: tipo Marlon Brando in Apocalypse Now. Comandava una sua mezza compagnia di ascari. Andò all’assalto degli inglesi da solo, si prese una pallottola al ventre che rimbalzò sulla fibbia da ufficiale e si conficcò nella gola».

 

Il buco.

«Sopravvisse, ebbe una medaglia d’argento — se fosse morto sarebbe stata d’oro —, e rimase prigioniero degli inglesi in Kenya per sette anni. Il fratello era con lui. Lavorava. Mio padre invece faceva il santone. Lo sciamano. Prevedeva il futuro, sollevava i tavoli, come gli avrei visto fare io stesso. Un giorno il campo di concentramento si allagò, mio padre fece come se nulla fosse, il fratello lo rimproverò: “Vincenzino, vieni a darci una mano!”. Lui lo sfidò a duello».

venditti

 

E gli inglesi?

«Tra ufficiali le convenzioni internazionali lo consentivano. Gli inglesi si appassionarono al duello tra fratelli, fioccavano le scommesse. Solo che mio zio non avrebbe mai sparato. Mio padre sparò. Alla gamba; ma lo colpì. Non si sono mai più parlati. Papà rientrò in Italia nel 1948, dopo il referendum: non l’avevano aspettato, avevano fatto la Repubblica senza di lui. Lo visse come un affronto personale».

 

[…] Sua madre era professoressa di latino e greco.

«Mi bullizzava. Mi diceva che ero sciocco e che ero grasso come un maiale; e la seconda cosa era vera. Ora lo chiamano body shaming. Ho letto la storia di Tiziano Ferro, e mi è parso che avesse copiato la mia vita».

 

Lei a chi somiglia?

«Da mio padre ho preso la vitalità, l’arguzia, lo spirito ribelle. E un poco anche il dono di prevedere il futuro».

antonello venditti, simona izzo, francesco de gregori e riccardo cocciante

 

«In questo mondo di ladri» è del 1988, quattro anni prima di Tangentopoli...

«Mi accorgo di cose di cui altri non si accorgono. Ero a Parigi con la mia compagna, che può confermarglielo. Mi sveglio e dico solo due parole: Terremoto... L’Aquila. Lo stesso mi è accaduto prima del terremoto di Amatrice. Il 29 novembre 2019 dissi che ci sarebbe stato un fatto immenso, inaudito, a livello mondiale: era il Covid».

 

Dopo la guerra suo padre divenne un dirigente del ministero degli Interni. […] È vero che […] la tirò fuori dalla caserma, nel 1968, la sera di Valle Giulia?

«Eravamo ad Architettura, chiusi nella palazzina cinese».

 

antonello venditti

«Valle Giulia ancora brilla la luna...». Anche quella storia è diventata una canzone, «Qui».

«Tentammo di fuggire e finimmo in braccio ai carabinieri. Mio padre arrivò a mezzanotte, mi diede un cazzotto, e mi disse: “Vieni a casa, cretino”. Una duplice umiliazione di fronte ai miei compagni. Che restavano dentro».

 

Alla presentazione di un libro di Valerio Morucci disse che anche lei sarebbe potuto diventare un terrorista.

«I terroristi li conoscevo. Adriana Faranda era mia vicina di casa al Circeo. Giusva Fioravanti era nel mio liceo, il Giulio Cesare. Negli anni 70 Pierluigi Concutelli volle incontrarmi, ed è possibile che ci siamo visti a pranzo. Ho sempre frequentato anche quelli dell’estrema destra. E il Sessantotto lo vissi pure dalla parte dello Stato. Grazie a mio padre».

 

VENDITTI 2

Perché?

«Mi lasciava libero di sbagliare. Però mi spiegava, carte alla mano, come stavano le cose. Gruppi che credevamo di sinistra, come Servire il popolo, erano in realtà di estrema destra. Il movimento fu infiltrato, eterodiretto, strumentalizzato. Rispetto ai compagni, avevo un vantaggio: lo sapevo. Anche per questo non sono diventato un terrorista. Perché avevo capito il grande inganno che c’era dietro il Sessantotto».

[…]

Lei era vicino al partito comunista.

«Il partito comunista ha salvato la democrazia in questo Paese. Quando vedevi sull’autostrada i pullman degli operai e dei contadini diretti verso Roma, sentivi come si era costruita la democrazia in Italia».

 

[…]  Lei attaccò Craxi in una canzone intitolata L’ottimista: «Ha uno sguardo serio e corrucciato, quando parla a lungo dello Stato...».

VENDITTI 1

«“...Ma poi si illumina d’immenso, quando viene l’ora di pranzo”. Craxi era l’uomo più potente d’Italia. A sinistra non mi difese nessuno; eppure avevo scritto canzoni politiche come Compagno di scuola e Modena. Mi ritrovai da solo. Ma allora, se non altro, si poteva criticare il potere».

 

Perché, adesso non si può?

«C’è un clima che non mi piace. Speravo che la destra si accontentasse della vittoria elettorale. Infine siamo tornati a una situazione pre-Berlusconi, al tempo del Movimento sociale. Viene da ringraziare che nel frattempo sia nata Forza Italia. Mi colpisce la frequenza con cui ripetono la parola “nazione”. Ma nella nostra Costituzione la nazione non esiste; esiste lo Stato».

 

Ce l’ha con Giorgia Meloni?

«Giorgia Meloni è una persona che fa. Si muove. Appartiene, come Elly Schlein, a una nuova generazione che fa ben sperare. La Meloni si sveglia la mattina e tenta di riparare i danni e gli abusi dovuti alla palese impreparazione di tanti che la circondano».

VENDITTI

 

[…] Lei fu censurato davvero, nel 1973: condannato a sei mesi di carcere con la condizionale per aver cantato «Gesu Crì, quanto sei fico».

«Vilipendio alla religione di Stato. La padrona del teatro dei Satiri e il maresciallo cui si rivolse non conoscevano il romanesco: fico non era un insulto, era un apprezzamento. Ma erano altri tempi: i democristiani ti censuravano, però non ti odiavano. Erano iperprotettivi. Ed esisteva anche la censura del partito comunista, settaria e discriminatoria. Però tornare al manganello, questo no».

 

La Schlein come la trova?

«Mi sento vicino a lei, in quanto donna. Ma non basta essere giovani e donne; bisogna far politica in modo nuovo, senza rinunciare alla propria femminilità, non come la fanno gli uomini. Se no si diventa come Giulia».

 

antonello venditti, francesco de gregori e riccardo cocciante

[…]

Quando ha visto De Gregori per la prima volta?

«Nel 1969. Cantava canzoni di Leonard Cohen, di Bob Dylan e sue. Si vedeva subito che aveva talento. Mi fece il provino Giancarlo Cesaroni, che aveva due attività: un laboratorio d’analisi e il Folk Studio. Anche se la sua grande passione era il suo cavallo. L’anticamera del Folk Studio era un bar, il bar delle Rose. Una volta Cesarani sorprese il fratello di De Gregori, Luigi detto Ludwig, che tirava le freccette a un’immagine del suo cavallo. Il cavallo si azzoppò. Ludwig rimase fermo a lungo».

DE GREGORI VENDITTI 1

 

[…]  È vero che De Gregori e De André la trattavano dall’alto in basso?

«Fingevano di disprezzarmi; in realtà sapevano che avevo la pelle più dura di loro. Io li ho presi, gli sputi dei fascisti. Ho subito aggressioni e discriminazioni. Quando toccò a De Gregori ne fu atterrito, anche perché era fuoco amico, veniva da sinistra». […]

de gregori vendittiantonello venditti (2)Antonello Venditti venditti de gregorivenditti izzo 9antonello venditti lucio dalla claudio baglioni simona izzo francesco de gregoriantonello vendittiantonello vendittiantonello vendittide gregori venditti 2VENDITTI DE GREGORI 11vendittide gregori venditti antonello venditti in ospedale per un intervento all occhio 2BLANCO VENDITTIMOURINHO VENDITTI PUZZILLIvendittiVENDITTI TOTTIconcerto di ultimo allo stadio olimpico venditti ultimosebino nela antonello venditti simona rolandi guido dubaldo foto di bacco antonello venditti al giulio cesareFrancesco Venditti e Franco Califano in roma nudaROMA NUDA TOMAS MILIAN FRANCESCO VENDITTIantonello venditti foto mezzelani gmt42palombelli venditti foto mezzelani gmt45venditti madonnavenditti sangiulianoVELTRONI SCIARPA ROMA VENDITTIVENDITTI 9venditti de gregori folkstudioVENDITTI VERDONE ZEMAN

Ultimi Dagoreport

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...