LA VITA È UNA GAIA SCOPATA INFINITA - LA SERVADIO SI METTE A NUDO IN UN'AUTOBIOGRAFIA AD ALTO TASSO EROTICO, DALLA TRESCA CON AGNELLI ALLO SFERZANTE PHILIP ROTH

Leonetta Bentivoglio per ‘La Repubblica'

Qualche anno fa, all'aeroporto di Londra, l'autrice di quest'articolo stava per volare verso Paul McCartney, ancora belloccio prima dell'attuale mummificazione. L'obiettivo era un'intervista al baronetto concessa ai due massimi giornali italiani. All'imbarco per Liverpool si delineò una figura straordinaria, che spiccava fra i passeggeri come un violento mix di pennellate di colore. Portava un cappello impavido e folle, ornato da ghirlande floreali penzolanti a pioggia. L'abbigliamento, inclusivo di drappeggi violacei, la rendeva una bandiera di se stessa. Patina liberty e accessori vintage conditi da ironia preraffaellita. Stravaganza inglese spinta all'estremo.

Invece quella signora era italiana, ed era l'"altra" giornalista, anche lei destinata (per conto del Corriere della Sera) a un incontro con McCartney, il quale a Liverpool sarebbe stato tartassato dalle sue sarcastiche domande rivolte con perfetto accento british e una frenesia quasi persecutoria. Si chiamava (si chiama) Gaia Servadio, e il suo nome è familiare agli esponenti dei media (ha lavorato per varie testate) e a chiunque si sia occupato d'Inghilterra contemporanea (su cui ha scritto molto). Inoltre è nota nell'ambito della musica classica, avendo collaborato con teatri importanti ed essendo stata amica di musicisti quali Claudio Abbado e Hans Werner Henze.

L'immagine troneggiante nell'area partenze di Heathrow come un vessillo di eccentricità torna alla mente durante la lettura di Raccogliamo le vele, la corposa autobiografia della Servadio ora in uscita per Feltrinelli. Questo libro egocentrico, spregiudicato, beffardo, impetuoso, hippy, pettegolo, esilarante, snob, vitalissimo, compiaciuto e colto riflette bene l'autrice, nel senso che gli attributi qui elencati calzano alla sua persona. Attraversarlo è una navigazione con rischio del mal di mare per la vertigine oscillatoria dell'eccesso.

Non c'è sobrietà in Raccogliamo le vele (verso ritagliato dall'Eneide di Virgilio). Si viaggia avanti e indietro a zig zag nell'arco di un'avventura prorompente, esibita, gioiosamente burrascosa e avida di mondo. E percorsa da una miriade di apparizioni "forti": da uno sferzante Philip Roth, con barba nera da assiro, a un tetro Francis Bacon; da una Mary McCarthy, sessualmente combattiva, a Wally Toscanini, una nuvola di aneddoti e profumo; da uno Stravinskij, con faccia triste e lunga, a un infido Marco Ferreri, che negli anni '50, a Parma, fugge con la cassa del film di cui è il produttore; da una Callas d'aspetto predatorio («un uccello dal becco di platino, pronto a papparsi il polmone d'oro») alla poderosa Vita Sackville-West, già amante di Virginia Woolf. Poi ci sono le coppie: Giangiacomo e Inge Feltrinelli, Claire People e Bernardo Bertolucci, Moravia e la Morante, fluttuanti nella Roma della "Dolce vita"...

Sembra che Gaia abbia conosciuto tutti, nelle sue avide scorribande culturali. Sia come pittrice sia entrando nel milieu del giornalismo inglese e italiano ad alti livelli. In più scrivendo libri che la introducono in cerchie inaspettate: una banda di mafiosi per un'indagine sulle radici della piovra, gli adepti della Scientologia per un volume sulla setta, la più aristocratica sinistra intellettuale per una biografia di Visconti... Gaia non si scompone. È un'esploratrice che si nutre d'interessi sconfinati.

All'umanità in cui s'imbatte fa da sfondo una mappa di luoghi tra cui primeggia l'amata-odiata Gran Bretagna, per lei fonte di delusioni politiche e sociali (non mancano attacchi agli anni del "berlusconista" Blair, considerato un traditore), ma pure affrescata con emozione nei paesaggi che accolgono la sua curiosità insaziabile. Una Londra nebbiosa, anticonformista, artisticamente stimolante. Una musicalissima e raffinata Glyndebourne. Una Cambridge superba nella magnificenza degli antichi edifici. Una Scozia dove Gaia, in una delle sue tante personificazioni, fa la castellana col primo marito, lo storico dell'arte Willy Mostyn-Owen, proprietario di un fiabesco maniero.

L'avvio del racconto è la parola "Stalingrado", connessa al ricordo della resa nazista che diede una svolta all'orrenda guerra da cui era stata ferita la sua infanzia perseguitata dalle leggi razziali. A Padova, dove nacque nel '38 e dove abitava con la famiglia che comprendeva, oltre alla mamma Bianca e alla sorella Pucci, il padre Luxardo, di professione chimico, etichettato da una gazzetta locale come "il giudeo Servadio" - la piccola Gaia sentì da Radio Londra la notizia del liberatorio tracollo.

Memoria che riemerge davanti al misero spettacolo di Stalingrado-Volgogrado dove l'adulta Servadio, divenuta scrittrice, fa tappa raccogliendo materiali per un libro sulla Siberia, e tra una cosa e l'altra le capita d'infatuarsi «di un Raskol'nikov dagli occhi gialli, alcolizzato, anoressico e disperato». Ogni volta prende l'amore con humour e libera dalle maschere, confessando che l'innamoramento è per lei sempre «una seccatura». Prima del passaggio al secondo marito Hugh, la separazione da Willy è punteggiata da dichiarate infedeltà. Gianni Agnelli è ritratto come un gelido seduttore che la ingoia per giornate intere sulla propria fastosissima barca, e all'arrivo di sua moglie «suonavano tante campanelle e io sparivo».

Girando a spirale tra un flashback e l'altro, si salta a ritroso nell'ultima coda della
guerra. Qui la bimba è a Osimo, dove il papà ebreo si nasconde travestito da portiere di un palazzo nobiliare. In seguito Gaia passa a Parma, dove da ragazza tenterà d'essere attrice. Londra le si rivela quando è una fatata giovinetta dai capelli d'oro, studentessa di pittura alla Chelsea School of Art, per poi sbarcare a Roma nella grande bellezza anni '60.

Torna a dipingere in Inghilterra frequentando la londinese St Martin's School of Art. E a Londra finirà per stabilirsi, tra una trasferta e l'altra. Ma sarà la scrittura, non la pittura, la sua febbre decisiva, in grado di coinvolgerla in durissime ed entusiasmanti escursioni come quella nei rigori dell'Unione Sovietica, o quella a Damasco tra le spie siriane, o quella del '67 in Medio Oriente, quando si reca a Gerusalemme nel momento in cui si profila una guerra dei paesi arabi contro Israele. Ineffabile Gaia, coi suoi copricapi da sovrana d'Inghilterra. Ascoltando «la divorante tenerezza della musica», questa lottatrice cede alla commozione.

 

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