ABORTO: RITORNO AL PASSATO - DAL DOCUMENTO DELLA CORTE SUPREMA NEGLI USA ALLE POLEMICHE IN PIEMONTE PER I 400MILA EURO DA DESTINARE ALLE ASSOCIAZIONI ANTI-ABORTISTE, SUL DIRITTO ALL’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA SI STA TORNANDO INDIETRO – IN ITALIA GLI ABORTI SONO IN CALO E AUMENTANO GLI OBIETTORI DI COSCIENZA. PURE RICORRERE ALLA PILLOLA ABORTIVA È UN’IMPRESA, TRA MANCANZA DI PERSONALE, CARENZA DI LETTI IN OSPEDALE PER IL DAY HOSPITAL E…

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Simona Buscaglia per “la Stampa”

 

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Si riaccende il dibattito sul diritto all'aborto. Non solo in Italia, con le recenti polemiche in Piemonte, dove la Regione ha stanziato 400mila euro da destinare alle associazioni anti-abortiste che operano nei consultori, ma anche all'estero, con le proteste negli Usa dopo la fuga di notizie su un documento provvisorio della Corte Suprema che potrebbe cancellare la sentenza che dal 1973 garantisce questo diritto alle donne. Nel nostro Paese le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) sono in calo, (gli ultimi dati disponibili parlano di un -4,1% dal 2018 al 2019), e seguono un trend negativo dal 1983.

 

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Esistono però delle carenze organizzative delle strutture, unite a un'alta percentuale di obiettori di coscienza (nel 2019 in Italia lo sono il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37,6% del personale non medico) che rendono in alcuni casi difficoltosi gli aborti. Ad esempio, Maria, nome di fantasia, racconta: «Il mio intervento era prenotato per la mattina ma ho aspettato 10 ore per attendere il cambio turno di un anestesista obiettore che si era rifiutato di partecipare».

 

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Eppure un modo per non utilizzare le sale operatorie ci sarebbe: si tratta dell'aborto farmacologico e dal 2009 permette di evitare la chirurgia. I problemi qui però sono diversi.

Per la mancanza di personale «molte strutture cercano di non averli il sabato e la domenica, ma questo impedisce di averli anche il giovedì perché la seconda pillola sarebbe da prendere il sabato, e lo stesso vale per il venerdì.

Alla donna che decide per l'Ivg farmacologica viene data una prima pillola e dopo due giorni, tornando in ospedale, la seconda», spiega Annamaria Marconi, direttrice di Ostetricia e Ginecologia al San Paolo di Milano. In questo ospedale milanese, ad esempio, non ci sono restrizioni legate al giorno, e questo fa la differenza: negli ultimi tre anni l'utilizzo della pillola abortiva è passata dal 35,1% del 2019 al 66,3% nel 2021.

 

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«Servono strutture in day hospital che permettano di farlo qualunque giorno della settimana - precisa Alessandra Kustermann, ex primaria di Ginecologia della Mangiagalli di Milano - Se si riuscisse a concentrare in strutture territoriali l'Ivg farmacologica sarebbe più semplice rispetto a un ospedale che ha tempi e modalità di azione che prevedono che i letti siano occupati».

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Le nuove linee d'indirizzo sulle Ivg dell'agosto 2020, oltre ad aver allungato il periodo che permette il ricorso all'aborto farmacologico da 7 a 9 settimane, ha concesso che si potesse effettuare in day hospital (prima era previsto un ricovero di 3 giorni).

«All'estero la somministrazione della Ru486 avviene quasi solo in consultorio, in alcuni casi a casa con un controllo in telemedicina - aggiunge Marconi - Da noi invece si effettua quasi sempre in ospedale con l'occupazione di un letto, anche se non serve, basterebbero delle sale attrezzate con delle poltrone».

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Anche tutto questo può aver portato a un ricorso all'aborto farmacologico che, nonostante una lieve crescita, ha ancora percentuali basse: «Nel 2019 è stato usato nel 24,9% dei casi, rispetto al 20,8% del 2018 - si legge in un articolo dell'Iss - Si tratta di un dato largamente inferiore a quanto rilevato in altri Paesi europei». Eppure, «dal punto di vista sanitario l'aborto farmacologico è preferibile - precisa Marconi - un intervento di qualsivoglia genere dell'utero, anche piccolo, ha una serie di rischi, per quanto bassi.

L'Ivg farmacologica in pratica non ne ha. Inoltre il personale obiettore può gestire una Ivg con la pillola perché di fatto non serve che faccia niente, se non l'assistenza, e questo, come dice anche la legge, è appannaggio di tutti».

 

Esistono poi delle differenze territoriali. Un'analisi condotta dal gruppo Pd regionale evidenzia come in Lombardia l'utilizzo della Ru486 si attesti intorno al 35%, dato molto più basso rispetto ad altre regioni italiane paragonabili per dimensioni e qualità del servizio sanitario, come ad esempio la Toscana e l'Emilia Romagna, che nel 2021 superano il 50%.

 

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E le nuove generazioni? Alcuni diventano obiettori per evitare di doversi occupare solo di Ivg. Il numero di Ivg a settimana per un non obiettore registra il valore più basso in media in Valle d'Aosta (0,5) e il più alto in Molise (6,6). Ci sono strutture con un carico di lavoro superiore alle 9 Ivg in sette giorni: «Servono premialità negli ospedali - conclude Kustermann - chi non obietta alla legge 194 potrebbe avere un accesso preferenziale alla ginecologia chirurgica o uno sgravio dai servizi di primo livello che non sono molto ambiti».

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