mario draghi

LE AZIENDE LICENZIANO CONTE E CHIAMANO DRAGHI - I PICCOLI IMPRENDITORI ITALIANI SPOSANO IL PROGETTO DELL’EX PRESIDENTE BCE: SERVE DEBITO PUBBLICO E LIQUIDITÀ SENZA PRECEDENTI PER TENERE IN PIEDI L’ECONOMIA - LE CLAMOROSE DIFFERENZE SUI PIANI DEI VARI PAESI: 550 MILIARDI DI EURO IN GERMANIA, 2.000 MILIARDI DI DOLLARI IN USA, 25-50 MILIARDI IN ITALIA - IL PRESIDENTE DI UNIMPRESA LONGOBARDI: “IN EUROPA E PURE DA NOI GENTE CON LA TESTA AL CONTRARIO”

Paolo Longobardi per StartMag.it 

 

MARIO DRAGHI CHRISTINE LAGARDE

Mentre in Italia discutiamo di interventi da (appena) 25 miliardi di euro, che potrebbero salire fino a 50 miliardi con un nuovo decreto d’urgenza che il governo ha promesso nei giorni scorsi, la Germania ha già messo sul tavolo un pacchetto di interventi da 550 miliardi. Per il nostro Paese ci sono da superare, ancora una volta, le ottusità e le resistenze dell’Unione europea, ma anche qualche non indifferente ostacolo interno, di natura culturale, burocratica e di insipienza politica. Nonostante l’emergenza, c’è chi, incredibilmente, litiga su quale strada imboccare per evitare che l’economia tricolore esca tramortita da questa crisi, cagionata dal Coronavirus, e non si riprenda più.

 

La traiettoria corretta è stata indicata nitidamente Oltreoceano. Piaccia o no, le soluzioni migliori vengono (quasi) sempre suggerite dagli Stati Uniti. Così, mentre a Roma si polemizza quotidianamente e si cerca di prendere le distanze dalle cancellerie europee, il presidente americano, Donald Trump, squaderna un piano da 2.000 miliardi di dollari. Tanto per avere un’idea delle proporzioni, l’ex inquilino della Casabianca, Barack Obama, appena eletto, nel 2008, in piena bufera finanziaria, scatenò una potenza di fuoco finanziaria da 787 miliardi di dollari.

 

draghi

Il pacchetto di Trump è, quindi, la manovra economica più imponente della storia americana. Insomma, a Washington avranno pure percepito in ritardo, rispetto ad altre aree del globo, ciò che si stava per scatenare con l’epidemia da Covid-19, ma non è mancata la solerzia quando si è trattato di adottare le contromisure economico-finanziarie. E non interessa se per ragioni elettorali o meno, anche perché, sulle misure convergono sia i repubblicani sia i democratici. È scolpito sui libri di storia, peraltro, che proprio sulla costa a stelle e strisce dell’Atlantico prese forma l’Occidente nel secondo Dopoguerra.

 

E visto che molti (non tutti) i governi del Vecchio continente faticano a reagire con la necessaria prontezza, è stato costretto a intervenire Mario Draghi per spiegare, con nettezza e semplicità allo stesso tempo, quale strada va percorsa, senza lasciare spazio ad alternative. Una sola possibilità, per tutti. In un lungo intervento pubblicato nella edizione online del Financial Times mercoledì 25 marzo, l’ex presidente della Banca centrale europea ha suggerito la rotta, che – a nostro avviso – deve sì valere per tutta l’Europa e l’area euro in particolare, ma deve essere, soprattutto, una bussola per il governo italiano.

 

Il piano di Draghi, comprese le premesse, può essere sintetizzato in dieci stringatissimi punti: (1) siamo in guerra e dobbiamo dare risposte adeguate; (2) la pandemia Covid-19 è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche; (3) una profonda recessione è inevitabile; (4) serve un aumento significativo del debito pubblico; (5) è essenziale proteggere le persone dalla perdita del lavoro; (6) bisogna evitare una recessione prolungata; (7) l’Europa è attrezzata, ma occorre un rapido cambio di mentalità; (8) tutti i paesi mobilitino subito l’intero sistema finanziario; (9) serve un sostegno di liquidità immediato; (10) le banche devono poter prestare a costo zero.

mattarella draghi gualtieri

 

Quello delle banche è il punto nevralgico del progetto delineato con cura dall’ex presidente della Bce. A mio giudizio, infatti, gli istituti di credito – a livello globale – devono diventare la molla della ripresa e non devono assolutamente trasformarsi nell’anello debole della catena, come accadde a partire dal 2008, dopo la bolla dei subprime e il fallimento della Lehman Brothers.

 

Per assicurare agli istituti di credito questo ruolo centrale e strategico – che deve tradursi in iniezioni di denaro senza precedenti nella cosiddetta economia reale, dunque soprattutto per le famiglie e le piccole, medie imprese – occorre creare un articolato sistema di grandi garanzie pubbliche. Qui entrano in ballo risorse statali da decine di miliardi di euro, che si riveleranno cruciali per difendere la capacità produttiva del nostro sistema economico, così come quello di altri paesi.

 

MARIO DRAGHI.

Per essere più chiari: siamo entrati, nell’arco di pochissime settimane, in un tunnel che ci sta portando, anestetizzati dalla quarantena domiciliare, in una crisi che, con ogni probabilità, sarà assai più dura di quella del 1929. Ne consegue che c’è una sola, possibile via d’uscita: la gigantesca perdita di reddito privato andrà inevitabilmente assorbita dai bilanci statali. Tuttavia, chi ha la responsabilità della spesa pubblica a parole parla di «economia di guerra», nei fatti, però, si comporta come il solito tagliatore di bilanci, ossessionato dai principi di Maastricht. Serve, invece, una svolta epocale e la sospensione del Patto di stabilita Ue annunciata la scorsa settimana è un primo segnale nella direzione corretta.

 

paolo longobardi

Ciò che probabilmente è stato sottovalutato – tanto dagli osservatori quanto dai policy maker – è che siamo a un passo da un rischio incalcolabile, derivante dalla probabile (e non auspicabile) esplosione di una bomba sociale: è una minaccia che va disinnescata a ogni costo. Evitare tensioni sociali – non improbabili, visti i posti di lavoro che andranno persi – deve essere una priorità per l’Italia. Fuori dei nostri confini, invece, dove stanno emergendo clamorosamente i vecchi egoismi tra i principali fondatori dell’Unione europea, ci troviamo di fronte a gente che ha la testa girata al contrario.

 

Il governo, dunque, deve liberarsi di chi stringe o vorrebbe imporre di stringere i cordoni della borsa: le vecchie ricette economiche, del resto, ormai non valgono più. Tuttavia, se non si ha il coraggio di compiere azioni decisive, allora è più corretto cedere il posto a qualcun altro. Magari quel posto potrebbe essere lasciato a chi, parlando (anche) agli italiani dalle pagine di un autorevole quotidiano finanziario internazionale, ha fatto vedere di avere le idee chiare e, in passato, ha dimostrato la capacità di saper assumere le scelte più opportune anche in momenti drammatici.

mario draghi christine lagarde

* Presidente onorario di Unimpresa 

 

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”