A BABBO STORTO - A BERGAMO UN 38ENNE, DOPO AVER SCOPERTO A 14 ANNI DI ESSERE NATO DA UNA RELAZIONE TRA SUA MADRE E UN UOMO SPOSATO, HA ASPETTATO 23 ANNI PER FAR CAUSA AL PADRE PER IL RICONOSCIMENTO E IL RISARCIMENTO DEL DANNO: NONOSTANTE L’UOMO ABBIA RIVELATO DI NON ESSERE STATO MESSO IN CONDIZIONE DI FARE IL GENITORE, IL TRIBUNALE LO HA CONDANNATO A VERSARE AL FIGLIO 70 MILA EURO…

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Alessandro Simeone per "www.repubblica.it"

* Avvocato del Comitato Scientifico de Il Familiarista, portale interdisciplinare in materia di diritto di famiglia di Giuffrè Francis Lefebvre

 

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Un giovane all’età di 14 anni scopre di essere nato da una relazione tra sua madre e un uomo all’epoca sposato con un'altra donna.

Passati oltre 23 anni senza aver fatto nulla, il ragazzo, ormai diventato un uomo adulto, agisce contro il padre non solo per il riconoscimento ma anche per il risarcimento del danno.

 

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Il padre si è difeso ammettendo di aver avuto rapporti, 38 anni prima, con l’amante ma replicando che per lungo tempo nessuno si era fatto sentire e che, dunque, lui non aveva fatto il genitore per non essere stato messo nella condizione di esserlo. Nulla da fare per lui, perché il Tribunale di Bergamo non solo ha accertato la paternità (dopo perizia genetica) ma lo ha anche condannato a versare al figlio 70 mila euro.

 

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Una sentenza, quella orobica, che potrebbe anche stupire, se non fosse che si pone in linea con l’atteggiamento rigorosissimo (e per certi aspetti punitivo) dei nostri Tribunali e della Corte di Cassazione, per i quali non conta il tempo trascorso, non conta il fatto di non aver la certezza della paternità e non conta neppure il fatto che un figlio, pur raggiunta la maggiore età, non abbia mai mosso alcuna obiezione al presunto padre e abbia  preferito aspettare così tanto tempo prima di “presentare il conto”, incolpando il genitore dei suoi fallimenti professionali e personali.

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Per la giurisprudenza, infatti, per essere condannati basta l’aver consumato rapporti sessuali all’epoca del concepimento e non conta quanto tempo sia passato. In questi casi, infatti, la prescrizione del risarcimento del danno (solitamente quinquennale) comincia a decorrere solo dopo la sentenza che abbia accolto la domanda di riconoscimento da parte del figlio; domanda che, a sua volta, non è soggetta ad alcun termine e può essere presentata anche dopo la morte del padre.

 

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Un meccanismo che equipara chi rimane in silenzio per anni e aspetta il momento giusto per agire a tutti quei figli che, seppure riconosciuti legalmente, hanno patito il dolore delle assenze e delle angherie di un genitore (padre o madre non fa differenza) che, consapevolmente, non ha adempiuto ai propri doveri. Potrebbe non essere un desiderio malsano quello di vedere, prima o poi, qualche giudice invertire la tendenza e condannare solo chi, colpevolmente, non ha voluto fare il genitore. 

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