BOCCATE DI OSSIGENO – LA STORIA DELL’UOMO CHE OGNI GIORNO NEL BRESCIANO PERCORRE 300 CHILOMETRI CON UN PREZIOSO CARICO PER I PAZIENTI DI COVID -“GLI ANZIANI HANNO COMINCIATO A RISPARMIARE L’OSSIGENO PERCHÉ HANNO PAURA CHE FINISCA E NON VENGA PIÙ CONSEGNATO”…

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Elisabetta Reguitti per ilfattoquotidiano.it

 

“Gli anziani hanno cominciato a risparmiare l’ossigeno perché hanno paura che finisca e non venga più consegnato”.

 

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Victor Comanescu inizia il suo viaggio alle sei di mattina, ogni giorno percorre lo stesso triangolo di strada: trecento chilometri nel bresciano a bordo del suo camioncino carico di vita, soprattutto oggi, tempo di Covid-19. È “l’uomo dell’ossigeno”.

 

Il suo carico è prezioso: litri di sostanza indispensabile per chi non è più in grado di scambiare l’ossigeno dall’aria alla circolazione sanguigna. Malati a rischio che l’anidride carbonica nel loro corpo superi l’ossigeno. Caso in cui le conseguenze sarebbero gravi, letali.

 

Victor macina chilometri portando i suoi bomboloni da 59 chili ciascuno che contengono 26mila litri di “O2” allo stato gassoso. Tradotto: 26 litri liquidi destinati a malati di ogni età. “Non posso fermarmi neanche a pranzo perché altrimenti non finisco più soprattutto da quando è scoppiata questa cosa.

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Le persone anziane sono spaventate. Mi dicono che cercano di risparmiare il dosaggio di ossigeno perché hanno paura di rimanere senza. Che nel blocco generale si blocchi anche la fornitura. Io li rassicuro raccomandando di seguire la quantità che hanno prescritto i medici. Io consegno solamente, ma per la maggior parte io rappresento l’anello di congiunzione con l’ospedale. Non è così. Magari potessi fare qualcosa in più per loro”.

 

Loro, in Italia sono i 60mila pazienti in ossigenoterapia. Numeri destinati ad un aumento esponenziale per chi riuscirà a sopravvivere alla pandemia perché circa 1 persona su 5 che si sta ammalando oggi gravemente, presenta difficoltà respiratorie e quando tornerà a casa avrà bisogno di ossigeno. Anche solo per un periodo, più o meno breve.

Victor, con altri 16 colleghi, lavora da un “padroncino” per la ditta che ha vinto la gara d’appalto con l’Asst locale.

 

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Il meccanismo è sempre lo stesso per tutti i settori: la ditta, per ipotesi, incassa “mille”, al padroncino arriva “uno” con cui deve sostenere i costi di gestione e manutenzione dei mezzi, gli stipendi e magari anche gli imprevisti di incidenti stradali; il famoso “rischio” di impresa.

 

Victor guida poi scende dal furgoncino, scarica il bombolone posizionandolo in equilibrio su un cerchio “rotante” per la consegna, lo stesso farà quando il carico si è esaurito: movimenti sempre tutti uguali, ripetuti, ma per chi lo aspetta sono ogni volta speciali. A Victor non scappa nulla, attento a ogni dettaglio.

 

Sa che per certe persone il suo accento dell’est è motivo di diffidenza. “Sì, sono rumeno. Orgoglioso di esserlo. Così come lo sono del rapporto che riesco a instaurare con molte persone che servo. Alcuni mi ripetono di non ammalarmi. Mi preparano insalata, uova fresche di giornata. Dicono di portarle a mia moglie e ai miei due figli. Sono i regali più grandi. Ancora più delle mance che magari ricevo per Natale. A volte sono soldi che mi vengono dati senza alcun sentimento da persone che fanno quel gesto per sentirsi a posto con la propria coscienza”.

 

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L’uomo dell’ossigeno poi racconta del suo gazebo delle meraviglie dove vengono riposti i frammenti delle vite che ha incontrato. “Molti pazienti cari nel corso degli anni sono morti e le loro famiglie in segno di riconoscenza insistono perché io accetti piccoli oggetti. A volte destinati a essere buttati. Un giorno mi hanno regalato quattro ruote in legno di un carro. Le ho usate per fare un tavolino”.

 

 

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