vladimir putin africa cina wagner soldati mercenari

LA CAMPAGNA D’AFRICA DI PUTIN – SE LA CINA SI STA PAPPANDO IL CONTINENTE NERO GRAZIE AI RICATTI DELLA VIA DELLA SETA, LA RUSSIA MANDA I SOLDATI MERCENARI DELLA WAGNER – DOMENICO QUIRICO: “DALLA LIBIA AL MOZAMBICO, DAL CENTRAFRICA AL SUDAN AL SAHEL, ORMAI I RUSSI SPUNTANO OVUNQUE, IN BATTAGLIA E NEI PALAZZI PRESIDENZIALI, HANNO LACCHÈ NEI MINISTERI CHE CONTANO, CHE IN AFRICA SON QUELLI CHE CONTROLLANO LE MATERIE PRIME. E GLI AMERICANI SI DISINTERESSANO…

Domenico Quirico per “La Stampa”

 

LA SPARTIZIONE DEL CONTINENTE AFRICANO

C'è l'Africa dei cinesi, tutta materie prime e contratti con qualche ambizione imperialistica ma ancora timida, per metà sì e per metà ni; c'è l'Africa francese ormai decadente e azzoppata da penurie di bilancio impegnata a perderla, si spera, con un certo garbo; c'è l'Africa jihadista efficacemente votata all'andirivieni del convertire, destabilizzare e nuocere.

 

E poi c'è l'Africa della «Wagner», compagnia privata di mercenari russi e armato fantasma di Putin, tutta baccano di kalashnikov e luccichio di miniere, che sta silenziosamente riempiendo gli spazi lasciati in bianco dai vecchi padroni del continente. Un'altra pista, con Siria e Ucraina, del revival imperiale sovietico.

 

Perché si cura del saccheggio di risorse ma anche del controllo politico dei piccoli caudilli locali. I veri-falsi mercenari della Wagner non assomigliano certo ai politicamente ottusi mastini della guerra delle ultime convulsioni dell'Africa bianca. Dalla Libia al Mozambico, dal Centrafrica al Sudan al Sahel, ormai i russi spuntano ovunque, in battaglia e nei palazzi presidenziali, hanno lacchè nei ministeri che contano, che in Africa son quelli che controllano le materie prime.

 

soldati mercenari russi in africa

Attenti: il soft power di Putin, dalla forma molecolare, impressionista e diffratta è già ingombrante, offre una alternativa ai piccoli despoti africani con cui un tempo bastava una telefonata da Parigi o Washington perché si dileguassero ammansiti.

 

Il Mali è un esempio: ufficialmente i russi non ci sono, sono un fantasma. Ma in realtà sono lì da ottobre chiamati dalla giunta al potere per fronteggiare i jihadisti e garantire «sicurezza». Si dice che il capo dell'aeronautica li preferisca a quegli arroganti dei francesi. Un dispetto a Parigi che sta ritirando l'Armée.

Yevgeny Prigozhin Vladimir Putin

 

La fattura sarà pesante: dieci milioni di dollari al mese per mille uomini. Ma a Bamako, come sempre con la Wagner, è arrivata anche la intendenza: ovvero un gruppo di geologi che fanno prospezioni nella promettente zona aurifera di Menankoto, nel Sud. Sotto le concessioni ci saranno le firme di società minerarie russe, legate ovviamente alla Wagner. Parigi ha fatto scorrere molta saliva diplomatica e inchiostro militare minacciando ritorsioni.

 

Poi si è rassegnata a coabitare coi russi. Gli americani si disinteressano. Forse bisognava analizzare meglio quanto è accaduto in Centrafrica. A maggio del 2020 lo stadio «Boganda» di Bangui è stracolmo, non per una partita di calcio. Migliaia di persone aspettano di vedere in film: «Touriste».

 

xi jinping e la colonizzazione della cina

L'azione non manca: battaglie, agguati, sparatorie nella savana, gli eroi «salvatori dell'Africa», sono i russi della Wagner, i cattivi sono neri e indigeni, i ribelli del Centrafrica, feroci, bruttissimi e per di più musulmani. Muoiono a migliaia tra gli applausi e le maledizioni del pubblico.

 

Anche qualcuno degli amici russi muore: ma eroicamente come nelle tavole di Achille Beltrame, fino all'ultimo respiro da una mano ai volenterosi soldatini del presidente Toudéra. Cinema patriottico staliniano ed effetti speciali. Successo. Il film è stato prodotto per il Centrafrica da un personaggio tipico dell'era putiniana, autoritario e opportunista, violento e carrierista, Evgeni Prigojine.

 

soldati mercenari russi in africa

Se si evoca il nomignolo, «il cuoco del Cremlino», gli si fa torto. Non c'è nulla da ridere sulla sua gastronomia autocratica: l'uomo che ha fatto i soldi nella Mosca malavitosa degli anni Novanta con fast food e hot dogs (ma è anche finito in galera per truffa e sfruttamento della prostituzione) è un intimo di Putin. Al Cremlino entra non certo dalle cucine per il catering, che gli rende contratti di miliardi. È lui che ha preso in mano la gestione imprenditoriale della Wagner, all'inizio affidata a happening muscolari di ottusi ex militari delle forze speciali e barbe finte del Gru.

 

Yevgeny Prigozhin Vladimir Putin

Con Prigojine la Wagner è diventata un successo politico e imprenditoriale, l'Africa è il suo esotico businnes, una occasione da non perdere. A Bangui ha salvato il presidente ma cura anche l'immagine: è un posto dove metter radici, le guerre si vincono prima di tutto nelle teste di quelli che stanno a guardare. Fa infatti distribuire una rivista gratuita, «Il foglio volante del presidente», ha creato una radio e distribuito per i bambini un cartone animato di successo: la storia di un simpatico orso russo che viene a salvare gli animali della foresta messi in pericolo dalle iene.

 

bambini in miniera per estrarre cobalto

Anche i pargoli congetturano l'allusione. Non è sfuggita al «cuoco» nemmeno la ghiotta sponsorizzazione del concorso di miss Centrafrica. A Bangui ormai mancano solo i soviet per respirare il remake degli anni Sessanta. Quelli della Wagner sul campo di battaglia funzionano? Hanno ricacciato i temibili ribelli della Coalizione dei patrioti. Non fatevi ingannare, sono banditi anche loro, fanno capo all'ex presidente Bozizé. Il copione africano: tribù, politici canaglie, potere e appunto miniere.

soldati mercenari russi in africa

 

La Wagner ha solo copiato un ordito di buon tessuto: quello della Cia che usava soldati privati per eliminare nel cortile di casa presidenti e regimi antipatici. I metodi dei russi sono brutali. Li inseguono accuse di requisizioni abusive, stupri, sequestri, torture esecuzioni sommarie. Fabbricano vedove e orfani, sono un incubo senza sonno. In fretta hanno adottato i metodi delle guerre africane. Il governo di Bangui non può permettersi di indagare sulle accuse.

 

l'invasione cinese in africa

Le candeggia attribuendo violenze e delitti ai ribelli. La Wagner mette paura anche alle sgangherate fanterie alleate: se sono poco combattive i russi le spingono all'attacco con raffiche di mitra. Chi non si presenta in caserma in orario è considerato disertore: son cose mai viste in Africa, neppure al tempo dell'Empire. I russi giorno dopo giorno stringono i bulloni del controllo politico.

 

Al vecchio palazzo dove Bokassa, paranoico Nerone equatoriale copiava le follie napoleoniche e conservava in frigorifero gli avversari fatti a pezzi, comandano i discreti ma autoritari manager delle società russe. Piazzano ai ministeri i loro simpatizzanti locali come nei bei tempi dell'Urss. Sono già passati alla «stabilizzazione» ovvero al controllo delle dogane e dell'esercito dove sono loro che distribuiscono decorazioni e saccheggi. Lo stesso modello è applicato nei Paesi che hanno chiesto aiuto alla Wagner (e al Cremlino). In Sudan dove i mercenari hanno dato una mano nel 2013 a tenere a bada le piazze in rivolta. Tre società russe sono state pagate con vaste concessioni minerarie.

 

vladimir putin

In Libia i mercenari a fianco di Haftar (tra i 600 e i duemila nel periodo della fallita offensiva contro Tripoli) hanno impiegato armamenti pesanti come droni, carri armati e cacciabombardieri. Hanno costruito la Maginot di sabbia che, esaurita la commedia delle elezioni democratiche, segnerà il nuovo confine cirenaico.

 

Un investimento in geopolitica e petrolio. Scenario più complesso in Mozambico dove i mercenari sono stati chiamati nell'agosto del 2019 dal governo per liberare la provincia di Cabo Delgado invasa da un gruppo jihadista. Bisognava salvare le succulente vene petrolifere che imbottiscono le prospezioni delle grandi compagnie, compresa l'Eni.

 

Anche qui la mandibola mineraria ha attirato i guerrieri a contratto. I jihadisti si sono rivelati però un avversario troppo duro: i russi, mal organizzati, hanno subito perdite. Ma ad uccidere alcuni mercenari sarebbero stati i soldati mozambicani per vendicare violenze e saccheggi.

la colonizzazione cinese in africaminiera di cobalto

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?