silvia romano prima intervista a la luce
1 – “PER ME IL MIO VELO È UN SIMBOLO DI LIBERTÀ” – PER LA PRIMA VOLTA SILVIA ROMANO (PARDON, AISHA) PARLA DELLA CONVERSIONE E DELLA PRIGIONIA: “COPRENDO IL MIO CORPO SO CHE UNA PERSONA POTRÀ VEDERE LA MIA ANIMA” – “NEL MOMENTO IN CUI FUI RAPITA, INIZIAI A PENSARE: È UN CASO O QUALCUNO LO HA DECISO? QUESTE PRIME DOMANDE CREDO MI ABBIANO GIÀ AVVICINATO A DIO” – “PENSAVO DI ESSERE LIBERA PRIMA, MA SUBIVO UN’IMPOSIZIONE”
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-me-mio-velo-nbsp-simbolo-liberta-rdquo-241421.htm
2 – SILVIA ROMANO FA LA MORALE ALLE DONNE ITALIANE
Francesco Borgonovo per “la Verità”
La scelta delle parole dice tutto. Nella prima lunga intervista rilasciata da Silvia Romano (anzi Aisha, come si fa chiamare ora) dopo il sequestro in Kenya, non compare mai una volta il termine «terroristi». L'unico riferimento ai jihadisti sanguinari di Al Shabaab che l'hanno tenuta prigioniera è estremamente blando, e ha uno scopo preciso: dimostrare che l'islam non ha nulla a che fare con i guerriglieri.
«Il Corano non è la parola di Al Shabaab!», dice la Romano, e le cosa finisce lì. Niente critiche all'islam radicale, niente riprovazione per i macellai. Non stupisce. Silvia Aisha ha deciso di confidarsi con La Luce, ovvero il giornale online creato da Davide Piccardo, uno dei pezzi grossi dell'islam milanese, già noto per essere il volto del Caim.
Non appena la ex cooperante è rientrata in Italia, la galassia islamica più o meno direttamente legata alla Turchia l'ha subito trasformata in un simbolo. E, a quanto pare, Silvia si trova piuttosto bene nelle vesti di propagandista. Se da un lato è avara di parole sui suoi rapitori e sul volto violento dei fedeli di Allah, dall'altro appare ben contenta di dilungarsi sulle gioie che l'islam ha portato nella sua vita.
silvia romano va dall'estetista 1
L'illuminazione, racconta, si è verificata in prigione: «Lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui». A un certo punto, durante la reclusione, è avvenuto il cambiamento: «Sentii che era un miracolo, per questo la mia ricerca spirituale continuava e acquisivo sempre più consapevolezza dell'esistenza di Dio.
Ho iniziato a pensare che Dio, attraverso questa esperienza, mi stesse mostrando una guida di vita, che ero libera di accettare o meno». Ora, se Silvia si limitasse a dipingere le bellezze della sua nuova fede, poco male: libera la ragazza di convertirsi al credo che le pare, anzi è apprezzabile che qualcuno si dedichi alle questioni dello spirito in questi tempi aridi.
Il problema è che la ritrovata Aisha - così compassionevole verso i terroristi che l'hanno sequestrata - non è altrettanto dolce nei confronti dell'Italia e degli italiani, che fino a prova contraria hanno speso soldi, tempo ed energie per salvarle la pelle.
La fanciulla spiega quale fosse il suo atteggiamento verso i musulmani prima del sequestro. «L'idea che avevo dell'islam era quella che in molti purtroppo hanno quando non ne sanno niente», dice. «Quando vedevo le donne col velo in via Padova, avevo quel tipico pregiudizio che esiste nella nostra società, pensavo: poverine! Per me quelle donne erano oppresse, il velo rappresentava l'oppressione della donna da parte dell'uomo».
Il messaggio è chiaro: gli italiani non sanno nulla dell'islam e sono pieni di pregiudizi. Non per nulla, l'intervistatore Davide Piccardo incalza: «Quindi Silvia Romano avrebbe potuto essere una fra i tanti islamofobi?».
E lei lesta risponde: «Sicuramente, pur pensando certe cose non le avrei mai dette per evitare di ferire gli altri, ma sì, il pregiudizio lo avevo; per quello posso capire chi oggi, non conoscendo l'islam, pensa queste cose. All'epoca ero una persona ignorante, non conoscevo l'islam e giudicavo senza mai essermi impegnata a conoscere».
Ecco la prima lezione: in Italia esiste una islamofobia strisciante. Tanto che la Romano, al momento di abbracciare definitivamente la nuova fede, ha vacillato: «Mi fermò la paura delle reazioni degli altri. Ho pregato tantissime volte Dio affinché [...] rafforzasse la mia fede per affrontare tutte le offese che avrei ricevuto».
Di nuovo, Piccardo le domanda: «Quindi eri consapevole di questa ostilità?». Risposta: «Sì, certo. [...] I musulmani sin dall'inizio dell'islam sono stati perseguitati. Perché l'islam è la religione che va contro un sistema basato sulle ingiustizie, sul potere del dio denaro, la corruzione e la falsità, e questo spesso è scomodo».
Beh, talvolta sono i musulmani a perseguitare gli altri, ma questo a Silvia non sembra interessare. Meglio dare un'altra lezioncina agli italiani, in particolare alle donne: «Per molti la libertà per la donna è sinonimo di mostrare le forme», spiega.
«Io pensavo di essere libera prima, ma subivo un'imposizione da parte della società e questo si è rivelato nel momento in cui sono apparsa vestita diversamente e sono stata fatta oggetto di attacchi ed offese molto pesanti.
C'è qualcosa di molto sbagliato se l'unico ambito di libertà della donna sta nello scoprire il proprio corpo. [...] Il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale».
Forse la Romano ignora l'esistenza di donne che non hanno bisogno di indossare una tunica per essere libere: possono scoprirsi il capo e il corpo senza risultare delle poco di buono. A quanto ci risulta, poi, la «mercificazione» non è un'esclusiva occidentale.
È sgradevole da dire, ma la stessa Silvia è stata trattata come una merce: rapita e segregata per ottenere un riscatto. A farle questo non è stato qualche italiano islamofobo o qualche italiana di facili costumi. Sono stati dei signori che uccidono in nome di Allah e che con l'islam, piaccia o no, hanno molto a che fare.
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