COTECHINO E CONTAGI A ROMA E NEL LAZIO – LE FESTE HANNO FATTO IMPENNARE I POSITIVI AL COVID: NELLA CAPITALE IL 70% DI CHI HA PRESO IL VIRUS S'È INFETTATO IN FAMIGLIA, SOPRATTUTTO TRA NATALE E CAPODANNO - DA LUNEDÌ IL LAZIO, CHE È SECONDO SOLO AL VENETO PER NUMERO DI CONTAGIATI,  DOVREBBE DIVENTARE ARANCIONE, CON LA CONSEGUENTE CHIUSURA DI BAR E RISTORANTI ANCHE A PRANZO - LA SITUAZIONE NEGLI OSPEDALI È DI NUOVO CRITICA

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Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”

 

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Non sarà una questione ragionieristica: il Lazio si avvicina alla zona arancione, anche se l' indice Rt che sarà annotato nel rapporto del Ministero della Salute dovesse essere di poco sotto l' 1. Secondo i calcoli dell' Unità di crisi Covid della Pisana, per la regione della Capitale il tasso di trasmissione del virus è allo 0,98. Un filo sotto la soglia fissata dal governo per passare da zona gialla ad arancione.

 

Ma non sarà uno scarto così ristretto a cambiare lo scenario: se il dato sarà confermato, probabilmente nella giornata di oggi, da lunedì il Lazio dovrebbe tingersi comunque di arancio, con la conseguente chiusura di bar e ristoranti anche a pranzo. «Questa possibilità c' è», spiega l' assessore alla Sanità della giunta Zingaretti, Alessio D' Amato, dopo avere letto l' ultimo bollettino regionale che per la prima volta da novembre segna oltre 2mila casi. «Era un dato ampiamente previsto, lo diciamo da giorni - riprende D' Amato - La cosiddetta variante inglese c' è già, circola anche da noi, bisogna mantenere il massimo rigore. Avremo settimane difficili di fronte, non si può pensare di abbassare la guardia».

 

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L' impennata delle ultime 24 ore, secondo l' uomo che disegna la strategia anti-Covid alla Pisana, sarebbe figlia anche di un aspetto: «Prima delle feste siamo rimasti sempre in zona gialla, non abbiamo paradossalmente beneficiato dei distanziamenti di altre regioni. E ora dobbiamo essere anche più rigorosi di altri. Oggi, come dice Locatelli, vediamo gli effetti dello shopping prenatalizio». O dei ritrovi delle feste. Lo rivelano anche i report delle Asl: quasi il 70% dei contagi registrati a Roma ormai è riconducibile alle adunate familiari, soprattutto tra Natale e capodanno.

 

Gli esperti del contact tracing hanno scoperto tavolate anche da 10 o 15 persone, in barba alle regole che permettevano al massimo la visita di un paio di invitati. Raduni che nel volgere di qualche giorno si sono trasformati in cluster.

 

Qualche esempio: a Centocelle, periferia Sud della Capitale, 12 parenti a tavola, 10 positivi. Ad Anguillara, per il pranzo del 25, l' Asl Roma 4 ha contato 10 infetti su 11 convitati. Una scia di contatti - e contagi - che non si è ancora dipanata del tutto. «Gli effetti di capodanno li vedremo solo nelle prossime ore, passata la Befana», spiega Pier Luigi Bartoletti, il responsabile delle Uscar, le unità dei tamponi

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Già oggi il Lazio con 77.766 persone contagiate è la regione con più «attualmente positivi» d' Italia, seconda solo al Veneto, che è a quota 91.299. Roma ieri è tornata sopra i 900 casi giornalieri, il rapporto tra tamponi e positivi è al 13% (anche se scenderebbe al 5% se si contassero i test rapidi: il Lazio ne fa diverse decine di migliaia al giorno).

 

La situazione negli ospedali è di nuovo critica: i posti letto Covid occupati nelle terapie intensive rimangono stabilmente sopra i 300, i ricoverati negli altri reparti sono oltre 2.800. Ecco perché alla Pisana prevale la linea della massima prudenza. E un indice Rt lievemente sotto soglia non dovrebbe impedire al Lazio di finire per la prima volta in zona arancione, con tutte le conseguenze del dpcm, a partire dalla chiusura dei locali.

 

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C' è poi il nodo scuola. Zingaretti, secondo fonti del governo, lunedì sera si è speso in prima persona per lo slittamento dal 7 all' 11, quando ha capito che alcuni ministri premevano per riaprire le superiori nonostante i dati dei contagi. Arrivando a dire: «Rinviate oppure decideremo da soli lo slittamento». E ora i numeri sono addirittura peggiorati. Ecco perché alla Pisana nessuno esclude un altro rinvio, probabilmente al 18 se non più in là, sperando che l' intervento parta sempre da Palazzo Chigi, magari creando un automatismo con l' ingresso in zona arancione, che ad oggi non è previsto.

 

L' altra incognita per le prossime settimane sono le vaccinazioni: il Lazio è la regione che ha fatto meglio di tutti, quasi 50mila dosi già somministrate, la prima fornitura è quasi esaurita (ieri pomeriggio era al 93%, con la previsione del 100% a ore).

«Aspettiamo in giornata le nuove scorte - dicono alla Pisana - altrimenti saremmo costretti a fermarci».

 

2 - EFFETTO FESTE, CONTAGI SU SUPERATA QUOTA 20MILA PREOCCUPA IL CASO LAZIO

Francesco Malfetano per “il Messaggero”

 

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Nuovi casi che sfondano la soglia dei 20mila e un' impennata significativa in diverse Regioni (Veneto, Lombardia, Lazio e Puglia). Dopo qualche giorno di relativa tregua, tornano a preoccupare i numeri del contagio.

 

Quelli riportati nel bollettino del ministero della Salute di ieri, fotografano infatti una situazione allarmante che riporta indietro il calendario a dicembre scorso e pare conseguenza del susseguirsi di restrizioni e allentamenti stabilito durante le feste. «Questo andamento solleva molti dubbi sulla situazione attuale ma non consente ancora di stabilire con certezza quale sia il trend nel Paese» spiega Fabio Ciciliano, segretario del Comitato tecnico scientifico.

 

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IL TREND Intanto però va registrato come siano circa 5mila le nuove positività in più registrate tra martedì e lunedì (20.331 il dato di ieri, 15.378 quello delle 24 ore precedenti) anche se correlate ad un incremento del numero dei casi testati (+43.490 tamponi effettuati tra un giorno e l' altro). Un legame dimostrato dal fatto che l' indice di positività (rapporto tamponi/positivi) è rimasto stabile attorno all' 11,4%. Un sostanziale equilibrio in cui sono rimaste pure le terapie intensive (+2 contro le -10 registrate ieri, per un totale di 2.571) ma non i decessi. Da giorni infatti questi seguono un andamento irregolare che rende impossibile decifrare la situazione. Se ieri le morti si sono attestate a 548, il giorno erano 649 e lunedì erano 348.

nino cartabellotta nino cartabellotta

 

Le informazioni in pratica ora lasciano solo una certezza e un dubbio. La prima è che la situazione in ogni caso ci impone di preoccuparci, il secondo invece è che bisogna ancora capire quanto davvero dovremo farlo.

 

«Gli effetti del decreto natale, quello dell' Italia tutta rossa o arancione, si vedranno solo dopo la metà di gennaio» sostiene Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. La strada però sembra segnata. Dopo l' incremento dell' indice Rt di metà dicembre infatti, stanno aumentando i ricoveri. «È la normale evoluzione dell' epidemia - continua - Poi si muoveranno gli accessi in ospedale, in seguito quelli in terapia intensiva e infine le morti».

 

Ciò vuol dire che se come si teme le misure adottate a Natale non sono state sufficientemente rigide: «A breve se ne vedranno i risultati». E potrebbero purtroppo stupire perché il quadro attuale ancora accettabile non è fedele alla realtà a causa della riduzione del flusso dei dati in arrivo dalle Regioni a fine dicembre e «dell' imponente calo del numero di test». Come spiega Cartabellotta, anticipando alcune cifre che Gimbe pubblicherà oggi: dal 23 al 5 gennaio, rispetto alle 2 settimane precedenti, si sono fatti 464mila tamponi in meno e sono stati testati 208mila casi in meno.

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Non vanno meglio le cose ragionando sui numeri locali. La regione con più casi giornalieri è ancora il Veneto, con 3.638 nuovi casi (nelle 24 ore precedenti erano stati 3.151), seguito dalla Lombardia che registra un' impennata significativa, (+2.952 a fronte del +1.338 precedente) proprio come il Lazio (+2.007 contro +1.719), e la Puglia che segna un aumento di circa 500 casi (1.581 rispetto a 1.081 registrati lunedì). Incrementi preoccupanti ma, come i dati nazionali, ancora impossibili da valutare.

La certezza in questo caso è che, estendendo l' analisi ai monitoraggi settimanali, si conferma come le Regioni che sono tornate gialle prima vedono adesso una crescita più forte e, quindi, come quel livello di restrizioni tenga alta in maniera preoccupante la circolazione del virus.

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Non solo il caso-limite del Veneto, ma anche quello del Lazio (+31,3%), della Sicilia (+59%), della Liguria (+44.6%), dell' Emilia-Romagna (+36,3%), delle Marche (+35,8%), della Puglia (+35%) e del Friuli (+32%). Chi invece è stato tenuto più a lungo in rosso ha incrementi meno significativi: Lombardia (+27,2%), Toscana (+18.5%) e Piemonte (+27%).

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