trinità dei monti

DITE A MACRON CHE LA SCALINATA DI TRINITÀ DE’ MONTI È UN BENE PUBBLICO DI ROMA E NESSUN ALTRO HA LE CARTE PER RIVENDICARNE LA PROPRIETÀ - DUE LIBRI RACCONTANO LA RIVENDICAZIONE FRANCESE SULLA SCALINATA - PRIMA I FRATI MINIMI, POI LE DAME DEL SACRO CUORE, POI I PII STABILIMENTI FRANCESI VOLEVANO PRENDERSI TUTTA LA COSTA DEL PINCIO E LA SALITA STESSA SU CUI POI VERRÀ COSTRUITA LA SCALINATA. ALLA FINE PERÒ ROMA HA VINTO, GRAZIE ANCHE ALL’AIUTO DI UN PARCHEGGIO ACI IMPOSTO DAL COMUNE: INSOMMA IL TRAFFICO HA SALVATO TRINITÀ DE' MONTI ITALIANA! - LA RICOSTRUZIONE DI STEFANO CIAVATTA

Stefano Ciavatta per Artribune - Estratti

(…)

 

trinità dei monti

La scalinata di Trinità de’ Monti è bene pubblico di Roma dalla sua progettazione e nessun altro ha le carte per rivendicarne la proprietà. Lo giurano e documentano due libri: “La scalinata di Piazza di Spagna” dell’archivista e cultore di cose romane Pio Pecchiai, edito da Palombi nel 1941 e ristampato nel 1989, che ricostruisce la nascita della scalinata sulla salita al colle del Pincio da Campo Marzio.

 

E il libro inchiesta “I viventi diritti dell'Italia a palazzo Farnese, alla scalinata e alla Trinità de' Monti”, pubblicato nel 1965 da Bestetti e scritto da Carlo Alberto Ferrari, già ingegnere chimico industriale, professore universitario, soldato e partigiano decorato, qui nelle vesti di Ispettore Onorario per i monumenti della Provincia di Roma su incarico del Ministero della Pubblica Istruzione.

 

emmanuel macron

Il primo: esaustivo, elegante, moderno nella sua fluidità. Il secondo: memoriale poderoso, debordante, allucinato, 409 pagine, 72 illustrazioni indiziarie. Entrambi sono un ripasso di storia cittadina, una difesa accorata dello spazio pubblico, entrambi attingono alla sapienza di catasti, mappe, cartine, registri, archivi, denunce, testamenti, lettere, sentenze, circolari, lapidi, manifesti.

 

La questione è complessa da ricapitolare. Pecchiai e Ferrari rovesciano alcune certezze emerse in questi giorni. La Corte dei conti francese dice: non abbiamo una stima del valore del patrimonio romano, non lo conosciamo con precisione. Il rischio di esproprio per questa ignoranza si sarebbe già materializzato nella scalinata “realizzata con fondi francesi”. Quali? Quelli privati del lascito testamentario di Stefano Gueffier, segretario d’ambasciata, che abitava ai piedi della salita della Trinità. Lascito esiguo, 12 mila scudi destinati ai padri Minimi di Trinità de’ Monti per la costruzione. La scalinata ne costerà 55 mila.

trinità dei monti

 

Serviranno 4 proroghe papali, oltre 60 anni e 9 papi (1660-1726), per permettere ai Minimi di trovare faticosamente la somma, ricavata grazie un sistema di compravendita e rendite immobiliari delle case romane a ridosso della Trinità. Case oggi scomparse, spesso vendute o ereditate da benefattori italiani, principali sostenitori della chiesa, dove 2/3 di tombe e cappelle sono occupati da famiglie romane. Povero Gueffier, all’inaugurazione nemmeno una menzione sulle lapidi. E neanche una via sullo stradario moderno.

trinità dei monti

 

La scalinata nasce per pubblica comodità per l’accesso al colle del Pincio. È nel segno di Roma: lo dice la donazione “per suo ornamento e pubblica utilità” e gli stessi Minimi, “fabbrica di utilità civica”.

 

L’esigenza già esisteva. A partire dal 1576 per salire al Pincio “il Tribunale delle Strade costruì due vie tortuose che salivano in cima, solo pedonali, si possono vedere nelle piante storiche. In seguito vennero ombreggiate con degli olmi”. Deve essere stato bellissimo camminarci dentro. Un editto del 1664 chiedeva di non danneggiare gli alberi e non appenderci i panni. “Se non fosse stata pubblica, il Tribunale non avrebbe fatto eseguire i lavori sulla costa pinciana”, cioè il suolo occupato oggi dal complesso della gradinata.

 

trinità dei monti

Il carattere pubblico della costa del Pincio verso piazza di Spagna riguarda anche la piazza di Trinità de’ Monti. È qui il cuore della battaglia, dicono Pecchiai e Ferrari. Quale battaglia? Quella più ampia da parte dei Minimi (e poi delle Dame del Sacro Cuore fino ai Pii Stabilimenti) per realizzare la privatizzazione di piazza di Trinità de Monti, cioè quel tratto di 320 metri di spazio pubblico registrato dalla planimetria del Nolli e dai dipinti di Vanvitelli che va dall’Obelisco sallustiano fino allo slargo davanti a Villa Medici. Aspirazione su cui poggerebbe poi la rivendicazione francese.

 

 

Con l’elargizione del 1494 i Minimi comprano la vigna dei Barbaro, centrale per la loro nuova dimora, ma non acquistano “la costa né il ciglio della piazza antistante la chiesa”. “Nella seconda metà del ‘600 i Minimi possiedono tutti i fabbricati della costa del Pincio verso la bassa contrada”, di qui il nuovo pretesto per rivendicare la proprietà della costa davanti alla chiesa e persino quella non fabbricata né cintata che arriva alla Barcaccia, cioè la futura gradinata. Ma pure qui, ribadisce Pecchiai, ai Minimi non viene riconosciuto il possesso.

3 Pecchiai Ferrari cover

 

Nel 1567 i Maestri delle Strade aprirono a spese comunali una nuova strada sul ciglio del Pincio che allacciava le vie salienti in entrambi i sensi. Così facendo, dice Pecchiai, i magistrati civici definirono la pubblica proprietà di tutta l'area prospiciente il convento e la chiesa della Trinità, fissando anche i vincoli per utilità pubblica imposti alla proprietà privata, cioè i Minimi, confinante con i luoghi pubblici.

 

A carico dei Minimi resta la manutenzione stradale, ne faranno un alibi. La battaglia continua dopo che i Minimi lasciano il posto alle Dame del Sacro Cuore, rilevate infine dall’Istituzione dei Pii Stabilimenti, organo responsabile della gestione dei beni francesi a Roma. Spariscono mecenatismo e attaccamento all’urbe, restano brame di occupazione e possesso. Così la racconta Ferrari, che vive la battaglia in prima persona perché abita nel Villino Giulia confinante con la scalinata, come Gueffier 3 secoli prima.

 

la scalinata di trinita dei monti

L’ispettore Ferrari è un attivista. Nel 1962 fa causa presso il tribunale di Roma per negare i diritti di proprietà sulla scalinata vantati dai Pii Stabilimenti. Sulla rivista Capitolium l’amministratore dei Pii assicura di avere i documenti della rivendicazione? Ferrari li chiede ma non ottiene risposta. L’extraterritorialità delle Dame? Già bocciata da Corte di Appello e Corte di Cassazione del 1872. La piazza della Trinità e l'odierno viale?

 

Dominio pubblico, lo dice una relazione dell’Archivio storico di Roma del 1907. Ferrari cerca le prove anche nelle lapidi: quella prefettizia murata di proposito sulla rampa Mignanelli, ex viottolo laterale della Trinità, ne attesterebbe l’antica proprietà civica. La lapide col riferimento al Rione IV davanti a Villa Medici sarebbe stata spostata da ignoti negli anni 20/30 per togliere riferimenti allo spazio pubblico. Mentre “Libera proprietà di Francia” sulla scalinata, sarebbe posticcia, secondo Ferrari, priva di qualsiasi rintracciabile validità giuridica.

2 Pecchiai Ferrari

 

La sfida di Ferrari era iniziata dall’acquisto di un residuo del giardino della vecchia olmata seicentesca, su cui gravava una servitù di passaggio del palazzo accanto, che sale verso la rampa Mignanelli ma ben visibile ancora oggi dalla scalinata. Concesse libertà di passaggio a patto di mantenere simbolicamente una serra di fiori, a ricordo della proprietà. I Pii Stabilimenti fecero guerra anche alla serra, giustificandosi con la lapide francese.

 

persone sedute sulla scalinata di trinita' dei monti

Nel memoriale di Ferrari la battaglia della piazza infuria metro dopo metro. Sponda sinistra. Ferrari sostiene che forzando la mano sulla cartellonistica stradale dei lavori di consolidamento della muraglia del convento, i Pii Stabilimenti facciano credere alla burocrazia di essere proprietari della striscia rettilinea lunga oltre centro metri e larga sei, sovrastante il muro di sostegno lungo la salita di San Sebastianello, di proprietà demaniale. 630 mq abusivamente occupati e affittati. È così che sarebbe nato il mitico Cafè du Jardin, denuncia Ferrari.

 

In soccorso della sponda destra arriva inaspettatamente il traffico. “Nel 1962 in nome della extraterritorialità un sedicente incaricato dei francesi vieta al cittadino Mario Castelli di parcheggiare l'automobile”. Castelli si rivolge al magistrato ma il Comune nel frattempo concede all’ACI un parcheggio a pettine per 80 vetture sullo stesso tratto. Esulta Ferrari: “1156 mq di suolo pubblico sono salvi”. La battaglia non è ancora finita, ma che fatica provare a difendere Roma.

 

 

 

 

trinità dei monti

Ultimi Dagoreport

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?