Estratto dell’articolo di Alessandra Arachi per il “Corriere della Sera”
Dall’ospedale Careggi di Firenze al Tribunale di Lucca. È la storia di un’adolescente con dubbi sul suo genere di appartenenza. Ha quindici anni e mezzo all’inizio del processo, quasi diciassette alla fine. In aula i suoi genitori, uno contro l’altro: sua madre voleva che lei prendesse la triptorelina, il farmaco che blocca la pubertà, suo padre si è opposto finché ha potuto. Ha vinto la mamma, grazie ad una relazione del reparto del Careggi che si occupa di disforia di genere.
La sentenza è molto chiara: la mamma chiede ai giudici di autorizzare il farmaco che blocca la pubertà valutato «idoneo per il percorso intrapreso dal minore, come certificato dall’equipe dell’ospedale Careggi». I medici dell’ospedale Careggi hanno deciso che la minore fosse idonea […] dopo una diagnosi fatta in poche settimane: le dottoresse del Careggi, invece, nelle risposte alle interpellanze parlamentari e regionali hanno dichiarato di far passare un anno prima della somministrazione del farmaco.
Per confermare la diagnosi di disforia di genere, e poter così dare la triptorelina, ci vuole un’equipe multidisciplinare, nella sentenza si legge che la conferma «è stata effettuata da un ’equipe composta da uno psicologo e un endocrinologo», senza le altre figure necessarie, a cominciare dal neuropsichiatra infantile.
[…] La mamma ha vinto, il papà non ha trovato i soldi per ricorrere in appello. In aula ha provato ad opporsi al farmaco terrorizzato dagli effetti che poteva avere su sua figlia. Soprattutto non capiva la fretta di somministrargliela. Quando è stata emessa la sentenza a favore della triptorelina, la ragazza aveva quasi diciassette anni quando, se non conclusa, la pubertà è quasi alla fine. Di sicuro aveva già sviluppato i seni. Uno degli scopi della triptorelina è di non farli crescere per evitare interventi chirurgici dopo. Per lei ormai è già troppo tardi: «Quando sarò maggiorenne voglio fare la mastectomia».
ARTICOLI CORRELATI