GIOSETTA RICORDA - ‘’PASOLINI SI TINGEVA I CAPELLI E DICEVA: “ADESSO VADO A BATTERE”’’ - ‘’DUCHAMP SI ILLUMINAVA SOLTANTO SE GIOCAVA A SCACCHI’’ - A FREGENE C’ERA ROTHKO CON MOGLIE E FIGLIA. TRE OBESI. GRASSISSIMI E TIMIDISSIMI”

Gianluigi Colin per "La Lettura - Il Corriere della Sera"

Goffredo Parise le ripeteva affettuosamente in dialetto veneto: «Giosetta se la fa e se la dise ». Ma Giosetta Fioroni, grande ragazza dell'arte italiana, quando parla della sua avventura fatta di colori, amori, tradimenti, dolori e passioni, non sembra affatto alimentare un'icona di se stessa, anzi. Sembra soffermarsi piuttosto sui dubbi, sulle complessità delle prove della vita: «Non è stato facile. Essere artista e donna. Avevo 25 anni. Avevo portato delle opere alla galleria di Carlo Cardazzo, allora una tra le più importanti in Italia.

Stavamo aspettando un collezionista e, quando arrivò, Carlo mostrò le mie opere appoggiate a terra. Io ero lì, intimidita, nascosta nella penombra. Ascoltavo la conversazione in silenzio. Il collezionista guardava incuriosito, sembrava davvero interessato, apprezzava il lavoro.

Poi, poi si soffermò sulla firma scandendo a tratti il mio nome: Gio , Gio , setta ... chi è questa Giosetta? Un'artista bravissima, promettente, rispose il gallerista. Ma il collezionista lo bloccò subito: no, no, una donna no, poi si sposa, fa i figli, non dipinge più... No, non dà sicurezza... Questo è stato il mio primo contatto con il mondo dell'arte visto dagli uomini».

Giosetta Fioroni ricorda quel momento con distacco, quasi divertita, ma permane in lei un senso di amarezza: nonostante i suoi successi («Sono una donna fortunata, ho avuto molto dalla vita») sa che quell'esperienza racconta una verità difficile da rimuovere.

Elegante, una collana colorata, l'artista si muove nel suo silenzioso studio a pochi passi da Regina Coeli con la stessa leggerezza di quella bellissima ragazza che ha affascinato poeti, artisti, scrittori non solo per i suoi occhi luminosi e malinconici, ma anche per la sua determinazione nel seguire quella che considerava una vera vocazione: «Al liceo c'era una ragazza che improvvisamente dichiarò la sua conversione a Gesù. Anch'io ebbi, improvvisa e assoluta, una rivelazione simile. Da quel momento non ho concepito nient'altro che l'arte come unica possibilità di sopravvivenza».

Tensione per la sopravvivenza che assume la sostanza delle tele, dei colori argentei sulle carte, che diventa quasi carne nelle sculture presentate in questi giorni alla Galleria d'arte moderna e contemporanea di Roma con due inedite mostre («L'Argento» a cura di Claire Gilman e «Faïence» a cura di Angelandreina Rorro) che racchiudono stagioni importanti, quella che va dal 1960 al 1975 e quella del presente, dal 1993 a oggi.

Tensione confermata anche da un bel volume edito da Corraini che già nel titolo dichiara il senso del contenuto: My story . E della «sua storia» Giosetta Fioroni parla con dolcezza, quasi sottovoce, ma nel tono c'è insieme passione e fermezza, leggerezza mista a un dolore che ogni tanto riaffiora e appare insostenibile.

Lei che è stata compagna di una vita di Goffredo Parise («È morto a 56 anni con le sue mani tra le mie») sembra aver mutuato dall'autore de Il prete bello un modo rigoroso, ironico, profondo e disincantato di vedere il mondo: sceglie con cura le parole quasi a costruire un proprio sillabario esistenziale, ricordando la stagione che l'ha vista allieva di Toti Scialoja e compagna di viaggio di Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli.

Erano i ragazzi della Scuola di piazza del Popolo animati da una forza vitale potentissima, ma anche da una pulsione autodistruttiva che la giovane Giosetta non ha mai condiviso: «Trovavo la vita già complessa, non ho mai usato droghe, qualche spinello magari, ma su di me aveva solo un effetto calmante». E aggiunge: «Mario usava cocaina. E quando gli venne un infarto gli dissi quasi implorandolo: smetti, ti verrà un coccolone. Non è servito a niente». Non a caso, la sua arte appare più poetica dei suoi compagni di viaggio: un racconto in cui le tensioni del mondo femminile trovano forma in un dialogo tra pubblico e privato, tra visione intima e dimensione collettiva.

Nella sua pittura c'è sempre un richiamo alla speranza, all'idea di bellezza come promessa di salvezza. E anche il suo studio riporta a quest'idea utopica: appare come uno spazio sospeso nel tempo, qua e là opere recenti e pezzi storici. Intorno, tra pennelli e colori, un insieme di manifesti, ritagli di giornali, foto di Parise, schizzi, fotografie di amici: su tutto, isolato, un ritratto di Mario Dondero («Mario ha il dono della grazia, che uomo speciale»). Certo, di incontri Giosetta ne ha fatti tanti: in una foto con un giovane Cy Twombly, lei, capelli cortissimi, gli è accanto, seduta su una poltroncina, quasi stupita di essere al centro di un'avventura artistica che aveva in Roma un centro di gravità internazionale.

In quella Roma, benché di passaggio, c'erano personaggi come Duchamp: «Per un anno fu ospite di Gianfranco Baruchello e passava i pomeriggi alla galleria La Tartaruga . Ero stupita di una cosa: quando qualcuno si avvicinava a lui, cercando di presentargli un progetto o semplicemente per parlargli d'arte, sul suo volto si manifestava subito una smorfia. Non riusciva a nasconderla, non parlava più ed emetteva una specie di grugnito. Si illuminava soltanto se giocava a scacchi». E allora Giosetta Fioroni mima divertita la faccia di Duchamp: piega le labbra, arriccia il naso come se un cattivo odore aleggiasse intorno. Poi ride.

In quella Roma approdavano gli americani: «Eravamo a Fregene e c'era Rothko con moglie e figlia. Tre obesi. Grassissimi e timidissimi». Se c'è una cosa che colpisce di Giosetta Fioroni è come ogni percorso della memoria sia ricondotto all'interno di una esperienza estetica. Forse anche per questo è rimasta nella capitale: «Il cambiamento di colore delle foglie d'autunno lungo il Tevere è indimenticabile». Quattro anni a Parigi, dal 1959 al 1963, non le hanno fatto cambiare idea. E neanche gli Stati Uniti: «No, l'America è a basso regime estetico».

La sua era una Roma animata da poche amiche («con Elsa Morante avevamo un'istintiva e reciproca antipatia»), tantomeno cercava la complicità delle artiste («francamente non ce n'erano e poi, forse, ho sempre preferito l'amicizia degli uomini») e aveva soprattutto un'ammirazione per scrittori e poeti. Tra questi, l'amato Paul Celan, Andrea Zanzotto, Sandro Penna: nel ricordare quest'ultimo, cita sottovoce due suoi versi quasi fossero il simulacro di un universo intimo, nascosto:«Io vivere vorrei addormentato/ entro il dolce rumore della vita».

Di lui ricorda con affetto il pessimo profumo, i suoi vestiti eccentrici e gli scherzi un po' goliardici che gli faceva Parise: «Goffredo lo inseguiva quando andava con la sua biciclettina a cercare uomini lungo il Tevere. Gli diceva: "Allora, hai combinato stasera?" E lui si rivolgeva a me dicendomi: "Senti Giosetta, portamelo via, portamelo via..." Era molto spiritoso».

Pier Paolo Pasolini. «L'ho incontrato poche volte, era amico soprattutto di Goffredo: lo apprezzavo come poeta, ma c'era qualcosa in lui che mi teneva lontana. Ci davamo del lei. Era il 1975 e uscimmo a cena noi tre. La mattina dopo Goffredo e io saremmo partiti per New York. Ricordo ancora com'era vestito, quei jeans aderenti che segnavano il suo corpo magro, il rumore sinistro degli stivaletti di coccodrillo.

Si tingeva i capelli e ormai, a furia di tingerli, erano completamente divorati, come stoppa dipinta: "Adesso vado a battere", ci disse e, di fronte alle nostre domande sulle aggressioni che aveva subito, si tolse il giubbino e sotto la maglietta ci fece vedere una lunga cicatrice provocata da un colpo di cacciavite. "Non vada Pier Paolo, non vada", dissi forse con una dose di ingenuità. Quando Pier Paolo uscì di casa, Goffredo era esterrefatto e mi disse: "Lo ammazzeranno". Dopo due mesi fu assassinato».

Giosetta Fioroni riavvolge i fili di quella disperata memoria: «È morto di omosessualità, era la sua religione, la sua vocazione. Ha scritto delle bellissime poesie, gli ho dedicato una scultura con un verso dedicato alla madre: "È dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia" . È stato una figura straziante, cristologica».

Il tempo sembra aver accarezzato Giosetta senza toccarla. Sicuramente non ha sfiorato lo spirito che ha animato il lavoro di una vita. Con la volontà di spiegare il senso della sua ricerca prende le distanze dalla Pop Art rivendicando una forte matrice nella cultura europea: «La mia arte è ancorata alla storia dell'arte, alla tradizione. Nei miei quadri c'è la manualità della pittura, il legame a uno spazio metafisico. È una pittura volutamente a-ideologica.

Soprattutto, inseguo un racconto, una narratività. Eravamo coetanei del Pop, ma profondamente lontani da quella cultura». Giosetta Fioroni si ferma, poi aggiunge con un sussurro: «Sono più vicina a Morandi che a Andy Warhol». Ma sorridendo e ricordando il suo amore che la prendeva in giro: «Goffredo mi diceva sempre: Giosetta è perfetta: se la fa e se la dise ».

 

Giosetta Fioroni Parise e Giosetta Fioroni in una foto di Mario Schifano Dal PIacere alla Dolce Vita Mondadori sanlo51 giosetta fioroniPIER PAOLO PASOLINI meana13 goffredo parise marinamark rothkomark rothko

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."