stretto di hormuz

HORMUZ, IL CONFINE PIÙ CALDO DEL MONDO - LO STRETTO E’ UN OLEODOTTO MARINO ATTRAVERSO CUI PASSA IL 90 PER CENTO DEL PETROLIO PRODOTTO NEL GOLFO, OVVERO IL 20 PER CENTO DELLA PRODUZIONE CHE OGNI GIORNO VIENE MESSA IN MOVIMENTO PER IL PIANETA - E’ L’AREA SU CUI SI AFFACCIANO IRAN, PER CUI LO STRETTO E’ VITALE, E I PAESI DEL GOLFO CHE…

Vincenzo Nigro per “la Repubblica”

 

STRETTO DI HORMUZ

Lo Stretto di Hormuz è una frontiera di guerra, oggi di sicuro è il confine più caldo del mondo. Non soltanto perché oltre ad essere una linea di divisione "politica" è anche una arteria, un oleodotto marino attraverso cui passa il 90 per cento del petrolio prodotto nel Golfo. Ovvero il 20 per cento della produzione che quotidianamente viene messa in movimento per il pianeta.

 

Ma anche perché lo Stretto è il punto di contatto/non contatto più vicino fra gli attori del Golfo Persico. Da sempre questo vasto mare "interno" è l' area del mondo su cui si affacciano due civiltà in perenne conflitto, quella persiana e quella dei Paesi arabi della sponda occidentale. Due mondi al fianco dei quali si sono schierati alleati potenti, a partire da Usa e Israele contro Russia e Cina.

 

petroliere sullo stretto di hormuz

A Nord il territorio iraniano fronteggia la punta omanita del Musandam, una piccola regione controllata dall' Oman, che gli ex colonialisti britannici ritagliarono nella penisola arabica lasciandola al controllo del sultanato, spingendo più a Sud i territori degli Emirati Arabi Uniti. Dalle coste dell' Oman il profilo delle montagne iraniane è chiaro: nell' umidità, nel caldo, nel vento infuocato che ustiona i marinai, gli equipaggi delle petroliere che attraversano lo Stretto di rado escono all' aperto abbandonando la protezione della loro aria condizionata. Ma se si affacciano sulle alette di plancia, lungo i 120 chilometri dello stretto, riescono praticamente sempre a vedere le coste dei due mondi sfilare a destra e sinistra. La costa persiana da un lato, quella araba all' altro.

 

ESERCITAZIONI MILITARI IRANIANE NELLO STRETTO DI HORMUZ

Nicola Pedde, lo studioso italiano di questioni iraniane, ha svolto la sua tesi di laurea sullo Stretto di Hormuz: «Hormuz ha un' importanza strategica per tutti, ma per qualcuno è ancora più strategico. E sono gli iraniani. L' Arabia Saudita per esempio da anni ha iniziato a costruire oleodotti che attraversano il deserto e arrivano al Mar Rosso, permettono di scaricare il petrolio aggirando Hormuz ».

 

Per l' Iran non è così facile: praticamente tutto il suo petrolio esce da Hormuz, e per loro quindi la partita è davvero vitale. Anche gli iraniani hanno costruito un porto fuori da Hormuz, Chabahar, ma trasferire il petrolio dai pozzi all' interno del Golfo fino a Chabahar è un' operazione complessa, che comunque l' Iran non riesce a compiere.

 

Tutti sanno che per gli Stati Uniti, diventati esportatori di petrolio e soprattutto di shale-gas, il Medio Oriente non è più strategico come una volta da un punto di vista energetico.

STRETTO DI HORMUZ

Ma il Golfo Persico e l' Iran rimangono una sfida politica centrale per qualsiasi amministrazione americana. Soprattutto perché questa contesa, questa possibile nuova guerra del Golfo, non si combatte (solo) per il petrolio.

 

Ma per il dominio politico nell' area, perché gli americani vogliono rimanere in prima linea a difendere i loro interessi e i loro alleati (a partire da Israele e Arabia Saudita) e per far questo devono fermare l' Iran.

 

A partire dagli Anni Ottanta gli americani hanno agito più volte lungo lo stretto di Hormuz. Nel 1984/1988 ci fu una prima "guerra delle petroliere", con una flotta multinazionale a cui contribuii anche l' Italia. La Marina schierò un gruppo navale guidato dall' ammiraglio Angelo Mariani. Una "protezione della libertà del traffico marittimo" che in sostanza era già allora un contenimento dell' Iran nella guerra del tempo con l' Iraq, allora alleato di fatto dell' Occidente.

 

STRETTO DI HORMUZ

Oggi l' Iran, colpito da sanzioni americane durissime che stanno strangolando la sua economia, combatte nel Golfo e quindi lungo Hormuz una partita vitale. Deve di continuo alzare la posta, rilanciare con i piccoli attacchi, gli abbattimenti di droni americani, deve rischiare il più possibile. Deve correre il rischio di una guerra generalizzata (che Teheran non vuole) perché lontano da Hormuz, nelle città di quello che fu l' impero persiano, l' economia è in ginocchio. Gli Stati Uniti vogliono continuare con questa pressione, per portare l' Iran ad abbassare la testa. Ecco perché quindi la dimensione militare di questa partita si giocherà soprattutto in un punto. Il nome del gioco è "Hormuz".

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”