volodymyr zelensky donald trump

A KIEV AVANZANO I PRO-TRUMP – IN UCRAINA C’È CHI VA CONTROCORRENTE ED È FIDUCIOSO IN UN RITORNO DEL TYCOON ALLA CASA BIANCA. SCONTENTO CON LA LINEA DEL “TROPPO POCO E TROPPO TARDI” DI BIDEN, UNA PARTE DELL’ESTABLISHMENT UCRAINO RITIENE CHE TRUMP POSSA QUANTOMENO RENDERE LA GUERRA “MENO INTENSA”. TRADOTTO: IL REPUBBLICANO POTREBBE AIUTARE A CONGELARE IL CONFLITTO IN UN MODO CHE PRESERVI UN’UCRAINA LIBERA, INTEGRATA CON L’OCCIDENTE E PROTETTA DA GARANZIE DI SICUREZZA…

Estratto da “Whatever It Takes” – la newsletter di Federico Fubini per www.corriere.it

 

 

ZELENSKY TRUMP

[…] Nell’establishment di Kiev i sentimenti verso Biden sono profondamente ambivalenti, il risentimento è appena sotto la superficie. Il presidente è accusato di non aver avuto coraggio, di aver concesso armi sempre troppo tardi e in misura insufficiente: giusto quanto bastava per evitare la capitolazione, mai quanto serviva per respingere davvero il nemico.

 

«Quando chiedevamo gli Himars a Washington nel marzo del 2022 ci guardavano come pazzi», mi ha detto una persona vicina al presidente. «Quando a giugno di quell’anno siamo tornati a Washington e hanno deciso di darceli, noi ne chiedevamo 40 e stavano valutando di darcene quattro» (gli Himars, lanciarazzi multipli, quell’estate poi saranno meno di venti ma diventeranno fondamentali nella controffensiva ucraina di settembre).

 

JOE BIDEN E ZELENSKY

L’approccio gradualista di Biden è stato dettato dal timore di una escalation con Mosca, viste anche le continue minacce nucleari. Ha permesso all’Ucraina di resistere, ma ha portato un dissanguamento continuo e ora a un lento ma costante arretrare del fronte a Nord-Est.

 

Il numero dei caduti in guerra è un segreto militare. Ma ho parlato con le figure di vertice di alcune grandi imprese e mi dicono di avere circa 50 morti ogni mille dipendenti reclutati nell’esercito. Uno su venti perde la vita. Con un milione di uomini nelle forze armate, i caduti sarebbero 50-60 mila. Lo confermano anche altre fonti militari.

 

Trump e Putin

Sono circa la metà dei 120 mila caduti fra i russi, dove gli ufficiali mandano gli uomini nel tritacarne senza scrupoli e la probabilità di morte in Ucraina sembra essere una su dieci. Ma la popolazione è quasi quattro volte quella dell’Ucraina ed è meno vicina al limite estremo di sopportabilità. Non a caso in questi giorni mi è successo spesso di incrociare per le strade di Kiev veterani della Colombia, che l’esercito ha iniziato a reclutare per tremila dollari al mese.

 

«Siamo bloccati – mi ha detto una personalità ucraina –. Con Biden non succederà niente, con Kamala neanche. Con Trump forse andrà peggio, ma forse andrà meglio. Dobbiamo trovare il tempo di rendere questa battaglia meno intensa e recuperare le forze».

 

joe biden e volodymyr zelensky a kiev 1

Anche Tymofiy Mylovanov, ministro dell’Economia all’inizio della presidenza Zelensky, dice delle elezioni americane quello che molti altri ammettono solo a taccuini chiusi: «Il mio timore è che in America dopo Biden ci sia continuità, perché la linea del presidente ha dimostrato la sua inefficacia», taglia corto. Mylovanov, come molti a Kiev, vorrebbe una svolta alla Casa Bianca: «Fossi americano, voterei per Kamala – dice –. Come ucraino, nell’interesse del mio Paese, spero che vinca Trump. Ma ho trovato molto incoraggianti le prime mosse di Kamala e la mia preferenza può cambiare se lei si dimostra pronta all’azione».

 

Volodymyr Zelensky e Donald Trump alla Casa Bianca

[…] Già, ma quale azione? Nel caso della candidata democratica, la speranza degli ucraini è che getti alle ortiche le esitazioni di Biden dando armi più potenti a Kiev e senza restrizioni. Solo così Zelensky avrebbe una chance di mettere il Cremlino in difficoltà e di aprire un negoziato da posizioni che non gettino le basi per una successiva sottomissione alla Russia.

 

Nel caso di Trump, le élite ucraine hanno capito che con lui va fatto un accordo. È un uomo d’affari, ci si ripete a Kiev. Vanno messi a punto i termini di uno scambio, sulla base del quale congelare il conflitto in un modo che preservi un’Ucraina libera, integrata con l’Occidente e protetta da garanzie di sicurezza.

 

Dunque a Mosca resterebbero (per ora) i territori occupati, senza riconoscimento ufficiale ma con l’implicita rinuncia ucraina a contrastare le postazioni russe soprattutto in Crimea. Agli americani andrebbero sostanziosi contratti di ricostruzione, ordinativi all’industria della difesa area a maggioranza repubblicana e soprattutto le concessioni sui giacimenti di titanio e litio che si trovano nel sud e nell’ovest dell’Ucraina (il senatore trumpiano Lindsey Graham di recente ha detto che l’Ucraina «ha minerali critici per diecimila miliardi di dollari, è una miniera d’oro che non possiamo permetterci di perdere»).

 

A Trump, Zelensky dovrebbe anche impegnarsi a convocare nuove elezioni presidenziali e politiche non appena una tregua dovesse permettere la revoca della legge marziale. Del resto il segreto peggio custodito di Kiev è che il cuore dell'ufficio del presidente è disfunzionale, con punte di palese incompetenza […]

 

biden zelensky vertice nato

[…] Tutti questi scenari naturalmente sono frutto di calcoli dei singoli. Ma non fanno i conti con la brutalità imperialista di Vladimir Putin e con le contraddizioni dell’Occidente. Per esempio, i 50 miliardi di dollari frutto delle riserve russe promessi all’Ucraina dal G7 quasi due mesi fa sono ancora bloccati. E senza quelli il bilancio di Kiev per il 2025 non tiene.

 

Nel timore di un veto dell’Ungheria di Viktor Orban, l’Unione europea non ha ancora mosso i passi legali necessari a sbloccare quegli aiuti; e intanto si avvicina una possibile vittoria di Trump, che minaccia di far saltare anche l’accordo del G7 con i fondi di cui Kiev ha disperatamente bisogno.

 

joe biden - volodymir zelensky le armi e la guerra israele hamas - vignetta by osho

Mi ha detto il ministro delle Finanze ucraino Serhiy Marchenko: «Dobbiamo fare in fretta, in modo che i 50 miliardi di dollari siano disponibili da gennaio. Quei soldi ci servono per la spesa sociale, umanitaria e anche per il bilancio della difesa». Anche qui la sproporzione di forze con la Russia è notevole. Quest’anno la spesa militare russa vale 112 miliardi di dollari, più altre incalcolabili spese fuori bilancio. Quella ucraina vale 42 miliardi, a cui naturalmente vanno aggiunti aiuti occidentali forse per altrettanto. Ma per pagare la nuova mobilitazione è in parlamento adesso una manovra correttiva di nuove tasse per 12 miliardi: come se l’Italia aumentasse le tasse di 120 miliardi in un colpo solo, a metà anno.

 

VLADIMIR PUTIN E L ATTENTATO A TRUMP - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA

[…] Così l’Ucraina non può andare avanti e con lei perderemmo tutti noi. Sarebbe una sconfitta della democrazia, della decenza, del diritto, della pace e della stabilità in Europa. Eppure a Bruxelles l’eventuale via libera al pacchetto da 50 miliardi del G7 non arriverà prima di ottobre, a pochi giorni dal voto dell’America su Trump. Fino ad allora l’Ucraina continuerà a combattere, disperatamente, nella nebbia.

volodymyr zelensky joe biden - meme by osho

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…