“BASTA CON LE PAROLE: TANTE, DA TROPPO TEMPO” – I CENT’ANNI VISSUTI OTTIMISTICAMENTE DI MARINO GOLINELLI, PATRON DI “ALFASIGMA”: “SONO FIGLIO DI CONTADINI, MI SONO LAUREATO IN FARMACIA A 23 ANNI E AVEVO IN MANO 60MILA LIRE” – “DOVREMMO PORCI IL PROBLEMA DI COSA AVRANNO BISOGNO GLI UOMINI NEL 2088. DOBBIAMO INVESTIRE IN SCUOLA E RICERCA, MA NON VEDO UNA CLASSE POLITICA ALL’ALTEZZA…”

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Paolo Conti per www.corriere.it

 

marino golinelli marino golinelli

«Cosa significa essere folli? Avere un obiettivo visionario, guardare al futuro, pensare alle nuove generazioni e al mondo che avranno. Ho sempre avuto le stelle negli occhi: di lì veniamo e lì torneremo. Le ammiriamo, dalla Terra, anche grazie alle nostre conoscenze scientifiche… Il vero problema è cosa facciamo, come ci comportiamo nella durata di questo algoritmo che è la nostra vita. Il folle persegue un’idea finale legata a comprendere cosa sia la nostra vita…».

 

Marino Golinelli, imprenditore e filantropo, ha appena compiuto 100 effervescenti, lucidi e vitalissimi anni. La sua Alfasigma, azienda leader mondiale nella farmaceutica, ha ora 2.800 dipendenti in 18 Paesi, in più ha regalato a Bologna e all’Italia, con la Fondazione Golinelli, l’Opificio Golinelli («città della conoscenza, dell’innovazione, della cultura»): 9.000 metri quadri per fornire ai giovani strumenti di studio e di ricerca. Nel 2017 ha investito altri tre milioni di euro per una onirica struttura, il centro Arti e Scienze, un parallelepipedo luminoso di 700 metri quadrati firmato da Marino Cucinella.

 

alfasigma alfasigma

Durante la cerimonia di festeggiamento per i suoi 100 anni a Bologna Toni Servillo le ha fatto un regalo: ha letto alcune pagine de «L’elogio della follia» di Erasmo da Rotterdam. E lei ha detto: «Sono felice di essere un folle perché mi dà la possibilità di capire qualcosa di me». In che senso?

«In Erasmo, come ho detto a Bologna, mi ha sempre colpito l’eccezionale anticonformismo. E in ogni imprenditore visionario c’è della follia. La follia aiuta a superare i confini»

 

MARINO GOLINELLI MARINO GOLINELLI

Ha avuto sempre questa spinta fin da giovane?

«Da subito, direi. Da quando ho capito che la farmaceutica, quindi il curare gli altri, sarebbe stata la mia vita. Sono figlio di contadini, mi sono laureato in Farmacia a Bologna a 23 anni e avevo in mano le 60.000 lire che mi dette mio padre»

 

Sulla biografia che appare sul sito della Fondazione Golinelli si legge: «È un uomo che ha una visione ottimistica del futuro e crede che la conoscenza sia il fondamento di ogni progresso umano. È convinto che l’imprenditore abbia il dovere morale di restituire alla società parte delle sue fortune». E’ sempre stato così?

marino e paola golinelli con sonia raule marino e paola golinelli con sonia raule

«Sempre. È parte essenziale di quella follia, di quella visionarietà, di quel guardare le stelle. Il mio sogno dopo la laurea era aiutare a guarire. E tutto questo sarebbe stato impossibile senza pensare agli altri: se progetto di curare, mi occupo di chi mi è vicino, no? Io mi sono assunto impegni che coinvolgono la società civile e arrivano all’etica, ponendomi interrogativi morali.

 

Dovremmo per esempio porci il problema di cosa avranno bisogno gli uomini nel 2088. Per questo dobbiamo investire nella scuola, nell’università, nella ricerca, aiutando i giovani a trovare lavoro e costruirsi un futuro. Però…Posso dirlo?»

 

marino golinelli laurea honoris causa marino golinelli laurea honoris causa

Certo, tutto.

«Non vedo una classe politica all’altezza del compito e impegnata su questo punto. Basta con le parole: tante, da troppo tempo»

 

Il suo metodo etico?

«Fare impresa, ovviamente realizzare utili ma non investire mai in speculazioni. Mai. Solo in ricerca per creare altro lavoro»

 

La chiave per questa consapevolezza?

«Non vivere alle spalle degli altri ma per noi stessi e per gli altri. Possiamo essere intelligenti ma non necessariamente saggi: la saggezza prevede una identità interiore legata alle responsabilità che abbiamo. Io ho scelto di donare un quarto del mio patrimonio alla Fondazione: e so che andrà avanti dopo di me, così come sarà con l’azienda»

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Cosa vorrebbe chiedere invece a tanti altri imprenditori che scelgono di accumulare?

«Una, semplicissima. Ma per cosa vivete? Cosa è la vita per voi? Che significato ha?»

 

C’è un Creatore?

«Siamo noi uomini a creare, nell’arco delle nostre singole vite. Siamo noi chiamati a farlo»

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Lei è anche uno dei «200 del FAI», è nel Consiglio dell’Arpai, l’Associazione del restauro del patrimonio artistico, e colleziona arte. Qual è il collegamento col suo mondo?

«All’università ho studiato i colori dal punto di vista della fisica. Poi ho capito che, con l’arte, esprimono i valori della mente e i bisogni dell’uomo. Le mie case sono piene di quadri…Arte e scienza sono i pilastri della creatività»

 

In quanto alla famiglia?

«Sono fortunato, ho due figli molto ben preparati e bravi, ho i nipoti, ho mia moglie…In quanto all’azienda, l’ho detto: so che andrà avanti anche in futuro. Magari un giorno cambierà anche nome, chissà»

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Ha ancora progetti?

«Tanti. L’essenziale è che il cervello scatti bene e che le arterie funzionino. E io le tengo d’occhio…»

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