maradona luigi giuliano

“LA CAMORRA HA INDIVIDUATO SUBITO LE DEBOLEZZE DI MARADONA E LE HA IMBRIGLIATE CON COCA, PROSTITUTE, QUALSIASI COSA PER TENERLO SOTTO ESTORSIONE” - ROBERTO SAVIANO: “È STATO PROFONDAMENTE SOLO, MARADONA, SOLO CON QUEL TALENTO CHE GLI HA SEMPRE IMPEDITO DI FIDARSI DELLE PERSONE, NELLA PERENNE PAURA CHE DIETRO OGNI GESTO CI FOSSE UN TORNACONTO, UNA RICHIESTA DI SOLDI, APPOGGI, RACCOMANDAZIONI. LO STESSO TALENTO CHE È STATO ANCHE LA SUA SALVEZZA, CIÒ CHE L'HA OGNI VOLTA RICONCILIATO CON LA SUA GENTE…”

Roberto Saviano per il “Corriere della Sera”

 

bruno giordano CARECA MARADONA

Come spiegare ai non napoletani cos' è stato Diego Armando Maradona? È stato un giocatore venuto dal Barcellona nel luglio del 1984, dopo che il difensore dell'Athletic Bilbao Goikoetxea gli aveva fatto un'entrata sulle gambe, spezzandogliele. Aveva 24 anni e un'aura di giocatore finito. Rotto, affamato e inquieto: così appariva, così è iniziata la sua alleanza naturale con il Napoli. E per Napoli, Maradona è stato il riscatto.

 

ANDONI GOIKOETXEA MARADONA 50

Nessuna squadra del Sud aveva mai vinto uno scudetto, una coppa Uefa o mai ricevuto attenzione da parte del resto del mondo. È stato la vendetta, Maradona: la punizione dell'1 a 0 al San Paolo contro la Juve nel 1985, il 3 a 1 della vittoria a Torino nel 1986. È così che è diventato un dio, facendo sognare tutti e rendendo i sogni più folli qualcosa di raggiungibile.

 

PUTIN MARADONA 5

Però, come tutte le divinità, incarnava virtù sovrumane e vizi troppo umani. La luce abbagliante degli stadi aveva un contraltare di buio paralizzante. Eppure nessuno dei suoi vizi è mai riuscito a scalfire la sua ragione di vita, ciò che in vita l'ha tenuto per sessant' anni, la sua ossessione più grande. Quella che, da bambino sporco di fango, gli ha sempre fatto rispondere, a chi gli chiedeva cosa avrebbe voluto fare da grande: giocare un mondiale e vincerlo. Era indisciplinato ovunque, Maradona, ma in campo ha sempre rispettato il gioco e gli avversari. Non ha mai cercato la scorciatoia, la via più semplice.

maradona luigi giuliano

 

Un esempio? Il suo gol più bello, il «gol del secolo». Città del Messico, 22 giugno 1986. L'Argentina gioca contro l'Inghilterra. Di questa partita, molti ricorderanno la mano di Dio e sorrideranno al mio scrivere di correttezza e disciplina. Sì, la mano di Dio, e chi la dimentica? La grande provocazione di Diego alla guerra inglese delle Falkland, ma soprattutto il dileggio: non potevo certo perdermi quel gol per qualche centimetro che Dio non mi ha dato...

 

Nella stessa partita, la furberia della mano e il genio assoluto del secondo gol. Magnifico, unico. Parte da metà campo, scarta due centrocampisti, uno ad uno salta gli avversari in un'azione così rapida da impedire al cronista Victor Hugo Morales di pronunciare i nomi dei difensori.

 

CARECA MARADONA

Avrebbe potuto farsi toccare da un avversario, prendere una punizione o, al contrario, buttarsi a terra, ma lui gioca sempre. Il calcio ha una sua bellezza, è un'arte che va rispettata, non sporcata da un fallo facile. Le difese lo massacrano, ma a lui non interessa mettersi in salvo, lui vuole portare la palla fino alla rete.

 

Ecco, Diego Armando Maradona è stato questo: imperdonabile nella sua frequentazione di boss, trafficanti, agenti ambigui come Guillermo Coppola, ma in campo era il più corretto di tutti. E non ha mai tradito il Napoli che l'ha accolto quando il suo talento era finito sotto un cumulo di macerie. Ha deciso lui di non giocare nella Juventus, e di non accettare nemmeno il doppio del compenso quando Berlusconi cercò di comprarlo. Il suo legame con i napoletani non è mai stato in vendita.

 

maradona contro l inghilterra

Ha detto di no alle squadre più ricche, e non si è tirato indietro quando si è trattato di giocare in un campo di patate ad Acerra. Nell'inverno del 1985, il padre di un ragazzino che per salvarsi la vita aveva bisogno di un'operazione, gli chiede di partecipare a una partita per raccogliere fondi. Ferlaino, il presidente, non acconsente, ma Maradona paga una clausola di 12 milioni di lire e nel fango del campo di patate ci gioca lo stesso, si riscalda in mezzo alle macchine e si dedica alla partita con la passione e il sudore che ha sempre dedicato al San Paolo.

Diego Armando Maradona CON LA MAGLIA DELL ARGENTINA

 

Maradona è stato un simbolo, e come tale, l'uomo ne è rimasto schiacciato, schiacciato da una vita sotto assedio dove fama, popolarità e soldi hanno fatto di lui un bersaglio di continue richieste. Lui che non voleva che a vincere fosse la negoziazione dello sport, ma lo sport stesso, non la strategia ma l'abilità, voleva che il calcio rimanesse calcio.

Certo, come tutti voleva guadagnare e stare bene, ma in vita ha dovuto subire un'infinità di ingiustizie per non essersi piegato alle strategie degli scambi.

DIEGO ARMANDO MARADONA CLAUDIA VILLAFANE

 

Era furbo, ma non di quella furbizia che modellava lo sport sugli accordi. E non perché fosse un giusto, ma perché voleva giocare a pallone, solo il pallone contava. La camorra ha individuato subito le sue debolezze, quelle di un giovane cresciuto in una favela argentina, con pochi strumenti culturali, catapultato in un mondo in cui l'umore di migliaia di persone dipende dalle sue prestazioni. Le ha imbrigliate con coca, prostitute, qualsiasi cosa per tenerlo sotto estorsione.

 

BILARDO MARADONA

È stato profondamente solo, Maradona, solo con quel talento che gli ha sempre impedito di fidarsi delle persone, nella perenne paura che dietro ogni gesto ci fosse un tornaconto, una richiesta di soldi, appoggi, raccomandazioni. Lo stesso talento che è stato anche la sua salvezza, ciò che l'ha ogni volta riconciliato con la sua gente e con lo stare al mondo. A vincere su tutto è sempre stata la voglia di giocare a calcio, nel suo corpo incomprensibilmente unico, da studiare. Un corpo gonfiato dalla coca. Poi scavato.

diego armando maradona al barcellona 6

 

Pompato di nuovo, eppure invincibile. Un capolavoro della genetica che, nonostante gli abusi e il poco allenamento, in campo era miracoloso. Non cadeva, non si fermava. Un talento, il suo, che nell'incontro con il Napoli è diventato senso di appartenenza. Italia-Argentina 1990, stadio San Paolo. I tifosi italiani - bandiere, facce dipinte - tifano per l'Italia. Maradona gioca per l'Argentina. L'Italia è in testa. Ma quando, al sessantottesimo minuto, al pareggio dell'Argentina, il tifo per diventa tifo contro, quando iniziano i fischi e gli insulti a Maradona ogni volta che prende possesso della palla, succede una cosa incredibile. I napoletani smettono di tifare.

MARADONA

 

I tricolori si abbassano. Silenzio, come se la curva stesse prendendo respiro. Poi si sente solo: «Diego! Diego!». In quel momento la patria, la terra in cui ti senti accolto e al sicuro, dove sei a casa, non ha più a che fare con la lingua, i confini geografici, i colori della bandiera. Ha radici più profonde, che trovano nutrimento nel gioco di Diego.

 

È un'identificazione con chi ti ha fatto gioire, abbracciare chi è accanto a te allo stadio o davanti al televisore, e che l'ha fatto con correttezza e rispetto per il calcio, per il piacere e la lealtà del gioco. È questo che ha reso i suoi tifosi la sua gente, e che ha lasciato sul racconto delle sue partite un velo di poesia che gli ha donato l'immortalità. La data del 25 novembre 2020 è rimasta indelebile, come il giorno in cui tanti di noi sono invecchiati di colpo realizzando che Dio, che Diego, era mortale. Con lui, mortali lo siamo diventati tutti. Ma il racconto di chi è stato Maradona, quello rimane.

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