1. “IO MI VESTO COME VOGLIO” – LA PROTESTA DELLE RAGAZZE IN MINIGONNA DEL LICEO SOCRATE DI ROMA DOVE LA VICEPRESIDE HA CHIESTO DI NON INDOSSARE ABITI SUCCINTI PER NON ATTIRARE GLI SGUARDI DI PROFESSORI E COMPAGNI: “NESSUNO CI ORDINI DI COPRIRCI, GUARDINO IL MURO SE SONO MESSI COSÌ MALE CHE UN PAIO DI GAMBE SONO UN PROBLEMA”
2. MASSIMO GRAMELLINI: “A LASCIARE ESTERREFATTI È LA CURA PROPOSTA DALLA VICEPRESIDE. INVECE DI CHIEDERE UN CAMBIO DI ATTEGGIAMENTO AI GUARDONI, HA CHIESTO UN CAMBIO DI ABBIGLIAMENTO ALLE GUARDATE. COME SE IL GUARDONISMO FOSSE INDISCUTIBILE E IMMODIFICABILE, UNA SPECIE DI VIRUS DELLA MASCOLINITÀ…”

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Massimo Gramellini per il "Corriere della Sera"

 

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La vicepreside del liceo Socrate di Roma ha suggerito alle allieve di non andare più a scuola in minigonna, altrimenti ai professori «casca l'occhio». Succede che, in quella scuola così piena di occhi, al momento scarseggino i banchi, e le studentesse assistano alle lezioni sedute sul pavimento, dove le loro gambe scoperte attirerebbero gli sguardi concupiscenti di alcuni insegnanti.

 

Non si ha notizia di allievi maschi a cui la vicepreside abbia chiesto di non indossare magliette a maniche corte per evitare che a qualche prof «caschi l'occhio» sugli avambracci tatuati. Il guardonismo resta una questione eminentemente maschile. E interclassista: ne soffrirebbero i professori di liceo come i coatti del sabato sera. A lasciare esterrefatti è la cura proposta dalla vicepreside. Invece di chiedere un cambio di atteggiamento ai guardoni, ha chiesto un cambio di abbigliamento alle guardate.

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Come se il guardonismo fosse indiscutibile e immodificabile, una specie di virus della mascolinità da cui ci si può solo proteggere: con un paio di pantaloni e domani, chissà, con un burqa. In questa storia dove gli adulti di ambo i sessi non brillano per innovazione, la figura migliore l'hanno fatta le ragazze, che hanno reagito al sopruso presentandosi a scuola in minigonna. E se a qualcuno continuasse a cascare l'occhio? Anziché coprire le gambe, si potrebbe coprire l'occhio. Arrivassero addirittura i banchi, non esiterei a parlare di salto di civiltà.

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Flavia Amabile per “La Stampa”

 

«Io mi vesto come voglio». Giulia è andata a scuola in minigonna ieri mattina e lo considera «un gesto politico necessario». Se non fosse per il cellulare in mano le sue parole sembrerebbero riemergere dalle lotte femministe degli anni Settanta, e non è poi un gran segnale se un gruppo di liceali decide di organizzare una rivolta andando a scuola in minigonna riportando indietro di quarant' anni l'orologio degli obiettivi dei diritti da rivendicare.

 

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La decisione delle studentesse è di due giorni fa, dopo aver sentito il racconto di alcune ragazze del quinto anno del loro istituto, il liceo Socrate di Roma. Nessuno l'avrebbe mai immaginato, ma tutto nasce dal ritardo nella consegna dei banchi monoposto. «Ci hanno detto che la vicepreside del liceo ha chiesto di non indossare la minigonna perché in questi giorni non abbiamo i banchi, rischiamo di turbare qualche professore». Anche Bea ieri era in minigonna: «Nessuno ci ordini di coprirci, guardino il muro o la lavagna se sono messi così male che un paio di gambe sono un problema».

 

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 Le parole esatte della vicepreside sono ancora da chiarire, ma su una frase le ragazze del liceo Socrate sono tutte d'accordo ed è quella che ha scatenato la protesta. Non bisogna indossare la minigonna «perché a qualche professore può cascare l'occhio». E' la frase che scatena la protesta, che fa decidere di respingere la raccomandazione non tanto per la regola quanto per il motivo.

 

Le studentesse del collettivo Ribalta femminista, hanno lanciato un appello sui social: «I nostri corpi non possono essere oggettificati: domani (ieri, ndr) siete tutte e tutti invitati a venire a scuola con una gonna, ci vestiamo come vogliamo». Ieri mattina quindi gran parte delle studentesse sono arrivate in minigonna e hanno attaccato alcuni striscioni alle pareti della scuola per spiegare anche a compagne e compagni di liceo che cosa stava accadendo: «Non è colpa nostra se gli cade l'occhio!» «Vogliamo essere libere di esprimerci - spiega Federica - i nostri professori ci insegnano proprio questo ogni giorno. Impedirci di indossare una minigonna perché per qualcuno può essere un problema è una contraddizione, non ci stiamo e vogliamo che se ne parli. Non possono esserci richieste solo per le ragazze, diventa discriminazione, disparità di genere, maschilismo».

 

minigonne a scuola minigonne a scuola

Alla vicenda manca ancora la versione ufficiale della vicepreside. Un'indagine è in corso. La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina ha chiesto un approfondimento attraverso l'Ufficio scolastico regionale. E Carlo Firmani, il preside del liceo, al termine di una lunghissima giornata, diffonde una nota da cui trapela il suo imbarazzo. Non ha ancora i dettagli, quindi, aspetta una denuncia con nomi e fatti precisi «per poter procedere, una volta chiarita l'identità delle persone coinvolte nel presunto episodio, nel rispetto dovuto a tutti, agli accertamenti del caso». Il preside tiene però a precisare l'attenzione del liceo « alle questioni di genere» e sottolinea che «nessuna valutazione personale, quale che sia, potrà mai ergersi a criterio discriminatorio nei confronti di chicchessia».

 

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Promette comunque «un'ampia riflessione collettiva», I docenti smentiscono divieti: «Sulle minigonne al Socrate mai alcun veto», fanno sapere e esprimono solidarietà alla vicepreside. La presidente della commissione Scuola e pari opportunità del consiglio regionale del Lazio Eleonora Mattia (Pd), ha preso le distanze dalle parole della vicepreside, che «nascondono il germe di un proibizionismo per lo meno insidioso» e ha annunciato di voler convocare il preside e la vicepreside del liceo Socrate. «L'episodio dimostra, una volta di più, quanto sia fondamentale utilizzare le parole correttamente e consapevolmente», commenta il presidente dell'Associazione nazionale Presidi, Antonello Giannelli.

minigonne a scuola minigonne a scuola

 

Secondo Mario Rusconi, presidente dell'Anp del Lazio: «Il problema, purtroppo, viene da lontano: in questi anni abbiamo dato troppa importanza all'istruzione e troppo poca all'educazione del cittadino». La vicenda del liceo Socrate infatti non è l'unica. Pochi giorni fa, in una scuola elementare di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, la dirigente scolastica ha tentato di imporre un dresscode agli scolari, in pantaloni per i maschi e gonna per le femmine.

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