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“QUI SI AMMAZZANO PER UN NONNULLA” – ANCORA IGNOTI I MOTIVI DELL’OMICIDIO DI MICHELE COLOSIO, IL VOLONTARIO ITALIANO UCCISO A COLPI DI PISTOLA IN MESSICO - SI ESCLUDE L’IPOTESI DELLA RAPINA – L’EX RADIOLOGO BRESCIANO SI TROVAVA IN CHIAPAS DA ANNI ED ERA BEN VOLUTO DA TUTTA LA COMUNITÀ LOCALE: “LA CITTÀ È IN BALIA DI TANTI GRUPPI ARMATI CHE AGISCONO GRAZIE ALLA CORRUZIONE DI TUTTE LE FORZE DI POLIZIA”

Chiara Baldi per "la Stampa"

 

MICHELE COLOSIO

Michele Colosio aveva scelto il Messico ormai dieci anni fa. Non per una ragione precisa, raccontano gli amici della comunità italiana in Chiapas, ma perché lì si sentiva a casa: certo, il movimento zapatista lo aveva affascinato, ma era stata più la casualità a portarlo tra le montagne. Domenica sera «Miguel» - così ormai lo chiamavano tutti, sia nel paese che lo aveva adottato che in quello d'origine, Borgosatollo, novemila abitanti in provincia di Brescia - è stato freddato con quattro colpi di pistola da un uomo in sella a una moto mentre tornava a casa dopo la partita degli Europei.

MICHELE COLOSIO

 

Forse una rapina - anche se a sparire è stato solo un «vecchio cellulare senza valore» - o forse perché i confini di quel terreno che Colosio, ex radiologo degli Spedali Civili di Brescia, aveva acquistato per allevare capre e costruire casette ecologiche, davano fastidio ai contadini indigeni «che qui si ammazzano per un nonnulla», raccontano gli amici messicani.

 

Della vicenda si sta occupando il ministero degli Esteri: «L'Ambasciata italiana a Città del Messico è in contatto sia con le autorità di polizia messicane per seguire lo sviluppo della vicenda, sia con i familiari della vittima, a cui sta prestando la massima assistenza». Mentre ieri sera la Casa di accoglienza Yi' bel Ik' «Raiz del Viento» di San Cristobal, per cui Colosio aveva prestato servizio come volontario, ha organizzato una veglia in suo ricordo: «La bontà del suo cuore lo aveva avvicinato alla nostra comunità, perché Michele era convinto di dover dare, dover aiutare tante persone, senza distinzione di lingue, confini e colore della pelle» ha scritto l'associazione su Facebook.

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«Miguel - hanno spiegato - è morto in seguito a un'aggressione, una delle tante che si verificano quotidianamente nella "Città Magica" di San Cristobal, località in balia di tanti gruppi armati (criminalità comune, organizzata, narcotrafficanti, gruppi d'assalto e paramilitari, sicari in uniforme) che agiscono grazie alla complicità di tutti i governi e alla corruzione di tutte le forze di polizia. Il marciume istituzionale, la povertà diffusa e l'impunità hanno trasformato questa bellissima città nell'ennesimo inferno fra le migliaia esistenti in questo Paese ferito».

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Ma proprio in quel paese Colosio voleva costruire il suo futuro: un podere in cui allevare capre, alcuni piccoli bungalow da affittare, la passione per la natura, la vita da vivere un po' alla giornata. A Borgosatollo vive ancora la madre. «Non meritava di fare questa fine, era andato là solo per fare del bene», ha detto Daniela Stanga, che in Chiapas era volata più volte per andare a trovare il figlio. Ma a piangere Colosio nel paese in cui l'uomo era nato, sono in molti. Il sindaco Giacomo Marniga lo ricorda come «uomo bono», mentre gli amici hanno voluto scrivere una lunga mail per ricordarlo.

 

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«La tua bontà e allegria - scrive Davide - sono sempre stati contagiosi. Hai dedicato questi anni della tua vita alle tante persone in difficoltà che incontravi sulla sua strada. Non sarai dimenticato e resterai un esempio per tanti». Pierlaura e Andrea raccontano invece della sua vitalità: «Miguel, arrivavi sempre all'improvviso come un tornado e con i tuoi racconti di mille avventure e le grandi risate il tempo rallentava, facevi dimenticare a chiunque lo stress e la routine. Il tuo pandino a metano, il viola, la bicicletta, il coraggio e la libertà di viaggiare e poter cambiare sempre. Dicevi che a casa nostra un bicchiere di vino per te c'era sempre. E se casa nostra esiste è anche merito tuo. Berremo sempre un po' di rosso alla tua salute».

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