martina rossi

“TANTO VALEVA METTERLI A DORMIRE IN HOTEL, GLI VENIVA PIÙ COMODO” – L’AMAREZZA DEI GENITORI DI MARTINA ROSSI, DOPO LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI FIRENZE DI CONCEDERE LA SEMILIBERTÀ A LUCA VANNESCHI E ALESSANDRO ALBERTONI, I DUE TRENTENNI CONDANNATI PER LO STUPRO DELLA RAGAZZA, MORTA NEL 2011 DOPO ESSERE PRECIPITATA DALLA FINESTRA DI UN HOTEL DI MAIORCA – “NON POSSO PERDONARE. DURANTE IL PROCESSO NON HANNO MOSTRATO PENTIMENTO. E SONO ANDATI IN GIRO A DIRE CHE MARTINA…”

1 - MARTINA, I DUE CONDANNATI IN SEMILIBERTÀ I GENITORI: TANTO VALEVA METTERLI IN HOTEL

Marco Lignana e Andrea Vivaldi per “la Repubblica”

 

IL PADRE DI MARTINA ROSSI

[…]  Il tribunale di sorveglianza di Firenze ci ha messo undici mesi a stabilire che i due devono scontare la pena in prigione. Respinta la loro richiesta di messa in prova ai servizi sociali, che non andava bene nemmeno alla procura generale. Ma Albertoni e Vanneschi non rimarranno dietro le sbarre a tempo pieno: di giorno potranno svolgere un lavoro, per poi rientrare in carcere la sera. Semilibertà quindi. Una decisione che Bruno Rossi e Franca Murialdo, genitori della ragazza, commentano da Imperia con amarezza: «Tanto valeva metterli a dormire in hotel, gli veniva più comodo».

 

alessandro albertoni e luca vanneschi

[…] Per Bruno Rossi e Franca Murialdo «sembra quasi che siamo noi a voler torturare i due ragazzi, ma è l'ultima cosa che vogliamo. Il problema è che questi evidentemente vivono senza conoscere la dimensione del male. La semilibertà per loro è un mezzo premio, e non è meritato. Sarei stato più felice se fossero rimasti in carcere e mi chiedo: quali lavori potranno fare? Uno correva in moto, l'altro non mi risulta abbia mai lavorato.

 

MARTINA ROSSI

Ma il problema non sono soltanto loro, è tutto il loro paese, sono le istituzioni locali che in questi anni li hanno protetti come fossero vittime. C'è una sentenza della Cassazione che dice che hanno tentato di violentare una 20enne e con il loro comportamento l'hanno uccisa (il reato di morte come conseguenza di altro delitto è andato in prescrizione, ndr ). Sono forse loro due le vittime? O lo è una ragazza innocente?».  […]

 

2 - «NON PERDONO CHI HA UCCISO MARTINA LA SEMILIBERTÀ? PER LORO È UN REGALO»

Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”

 

martina rossi 2

Giustizia è stata fatta? Bruno, ex sindacalista dei portuali di Genova e Franca, una vita da insegnante, i genitori di Martina Rossi, continuano a chiederselo dopo aver perso la figlia di 20 anni precipitata da un balcone di un albergo di Palma di Maiorca - in vacanza con le amiche - per sfuggire allo stupro di due ragazzi.

 

Per quella morte sono stati condannati a tre anni (ma solo per tentato stupro e non per il reato di «morte in conseguenza di altro delitto» perché prescritto) Alessandro Albertoni, campione di motocross e l'artigiano Luca Vanneschi, due trentenni di Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo.

 

Dopo che il giudice aveva respinto la richiesta dei due di essere affidati ai servizi sociali, Albertoni e Vanneschi sconteranno la pena in semilibertà: il giorno lavoreranno fuori dal carcere e potranno anche trascorrere qualche ora a casa, la sera torneranno in cella.

 

martina rossi 1

Giustizia è stata fatta, signor Bruno Rossi?

«Giustizia è stata fatta, se così si può dire, ma solo per uno dei due reati dei quali loro si sono macchiati. In primo grado, il tribunale di Arezzo, li aveva condannati a sei anni per tentata violenza e per aver provocato la morte di mia figlia. Sono loro che l'hanno uccisa perché la inseguivano ma di questo non pagheranno mai perché il reato è stato prescritto.

 

E allora mi chiedo si può prescrivere la morte di una ragazza di vent' anni che amava la vita, la scuola, adorava i suoi genitori, le amiche, scriveva poesie bellissime, disegnava e dipingeva piccole opere d'arte?».

 

Però una condanna c'è stata e adesso c'è anche il carcere. Non basta?

martina rossi,

«In questi undici anni abbiamo cercato giustizia per onorare Martina. Io e mia moglie non abbiamo mai cercato vendetta. La giustizia non cancella il dolore e neppure lo lenisce, però abbiamo sempre pensato che ci avrebbe dato il coraggio di andare davanti alla tomba di nostra figlia e dirle "cara Martina, adesso puoi riposare in pace perché la verità è stata accertata e i responsabili hanno subìto una giusta pena". E invece...».

 

E invece, adesso?

«Che cosa potremmo dire a Martina in questa sorta di preghiera laica? Che la giustizia è stata raggiunta soltanto a metà, perché coloro che l'hanno fatta precipitare dal quarto piano di quell'albergo sono stati, per così dire, graziati da uno dei reati peggiori?

Come potremmo spiegarle che il reato che le ha impedito di vivere una vita lunga e felice è stato cancellato e non esiste più».

 

Però la tentata violenza è stata riconosciuta. La pena sarà eseguita.

«Di questo ringrazio i giudici che hanno fatto giustizia, ma lo ripeto è una giustizia a metà. I due responsabili della morte di mia figlia andranno in carcere solo per dormire. Poi saranno liberi, potranno fare ciò che vogliono. Non sarebbe stato più giusto che scontassero la pena, almeno i tre anni, in carcere?

 

MARTINA ROSSI

Lo chiedo non per vendetta ma anche per un motivo d'insegnamento verso chi sbaglia e può essere recuperato pagando i propri debiti. Loro sconteranno la pena dormendo in carcere, forse neppure tre anni, mi sembra un mezzo premio. Martina invece è stata condannata a morte. Mentre io e mia moglie all'ergastolo».

 

Pensa di perdonarli un giorno?

«Come si fanno a perdonare persone che non ti hanno neppure chiesto scusa? Per cercare di sfuggire alla giustizia hanno descritto nostra figlia nel modo peggiore, come una pazza, hanno inventato cose assurde. Volevano essere affidati ai servizi sociali, chiedevano la messa in prova per sfuggire al carcere.

 

Eppure loro non solo hanno ucciso nostra figlia ma non l'hanno soccorsa dopo che era precipitata per fuggire dall'aggressione. Durante tutto il processo non hanno mai mostrato un segno di pentimento. Sono andati in giro a dire che era stata Martina ad aggredirli, che era stata mia figlia a buttarsi dal balcone. No, non posso perdonare».

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