zara owner

LA LEGGE DI ZARA: FARE AFFARI A QUALUNQUE COSTO – LA QUARTA VITA DI AMANCIO ORTEGA, IL MILIARDARIO PADRE DI ZARA, CHE DI FRONTE ALLA CRISI DEI NEGOZI, PORTA LA MODA SUL DIGITALE, FOTTENDOSENE DI LICENZIARE CENTINAIA DI PERSONE - NEL 2020, DOPO IL PRIMO ROSSO NELLA STORIA, INDITEX HA CHIUSO 1200 STORE E CANCELLATO VENTISETTE FILIALI - IL GRUPPO HA CAMBIATO PASSO SUL WEB E GLI AFFARI SULLA RETE SONO SALITI DEL 77% IN UN ANNO, GENERANDO UN TERZO DEI RICAVI TOTALI… 

Giuseppe Bottero per “la Stampa”

 

amancio ortega gaona 16

In pieno coronavirus, con i 7200 negozi aperti a singhiozzo, don Amancio ha riscoperto una vecchia passione: il mattone. S' è guardato attorno, ha capito che c'era lo spazio per guadagnare e ha scommesso due miliardi di dollari sul mercato immobiliare degli Stati Uniti. Poi, quando le restrizioni si sono allentate, è tornato a concentrarsi sul business di sempre: la moda.

 

Con qualche soldo in più - secondo il contatore di Bloomberg il suo patrimonio ha ormai superato i 79 miliardi di dollari - e parecchie preoccupazioni in meno. Criticato, odiato, adulato, assediato dal sindacato e dagli ambientalisti, Amancio Ortega, spagnolo di La Coruña, inventore del «fast fashion» con il marchio Zara, ha attraversato almeno tre vite. E adesso lavora per reinventare il suo impero, ancora una volta: il prossimo passo è la svolta digitale, con le vendite che non passano dai negozi ma dalla Rete.

zara

 

Gli inizi Nato nel 1936, nell'inferno della guerra civile, papà ferroviere e madre casalinga, dopo gli esordi passati a «bottega» come commesso, Ortega si mette in proprio e, a ventisette anni, apre una ditta di produzione tessile assieme al fratello e alla cognata. Dopo qualche tentativo con il materiale per l'infanzia azzeccano l'obiettivo: vestaglie. La sede è ad Arteixo, in Galizia. Non esattamente il centro del mondo: Barcellona è a quindici ore di treno, Madrid sei e mezzo.

 

amancio ortega gaona 12

Da lì, però, don Amancio non si muoverà più. Neppure nel 2000, quando inaugura l'attuale quartier generale: 55 mila metri quadri, 11 mila dedicati a marketing e design, niente cartelli né murales, soltanto da una scritta color argento su sfondo scuro a distinguerlo dalla ventina di fabbriche cresciute attorno. Prima, ricorda il giornalista e analista spagnolo Enrique Badia nel suo «Zara - Come si confeziona un successo», uscito in Italia per Egea, «i dirigenti più importanti del gruppo convivevano con il resto del personale in un locale alquanto scalcinato, annesso a uno dei capannoni industriali, una vera e propria baracca con pochi uffici senza pretese e una buia sala riunioni adibita anche a biblioteca, senza finestre sull'esterno». Quasi un paradosso per chi ha costruito un colosso sull'immagine individuando fin da subito la chiave del successo.

coronavirus zara

 

Gli Anni Settanta Partendo da un garage, l'Ortega imprenditore - che ha chiamato la società Goa - piazza la sua prima commessa al proprietario del negozio in cui lavorava: accetta di vendere i suoi capi purché di qualità simile a quella dei fornitori catalani, ma con un prezzo inferiore. Funziona. Il segreto di tutto ciò che verrà, annota Badia, sta in quella «equazione al contrario. Cioè fissare il prezzo di vendita in funzione del mercato, preferibilmente al di sotto di quello dei concorrenti e poi, una volta dedotto il margine, determinare il costo di produzione».

 

amancio ortega gaona 3

La sterzata però arriva nel 1975. Il 9 maggio Ortega e la moglie Rosalia Mera, che morirà nel 2013, aprono il primo negozio a marchio Zara, in calle Juan Florez, ovviamente a La Coruña. È il passo più significativo della Goa, che nel 1985 cambia nome in Inditex e dall'inizio del 2000 é quotata alla Borsa di Madrid.

 

Da allora don Amancio, socio di controllo con il 60%, conta i dividendi: più o meno un miliardo l'anno grazie a una formidabile macchina da soldi e consenso: per un certo periodo, andare da Zara è stata un'abitudine sociale, non semplice shopping.

 

amancio ortega gaona 5

Nel tempo Ortega si trasforma in collezionista di marchi, diversificando ma restando fedele ad un modello che prevede una furiosa rotazione delle merci e un'aggressiva caccia agli spazi migliori nei centri storici: arrivano Pull & Bear, Massimo Dutti - il primo acquisto di una catena già esistente - Bershka, Stradivarius, Oyso, Zara Home, Uterque.

 

L'atteggiamento del fondatore però non muta. Fedele al motto di una vita, «quando cammino per la strada voglio essere riconosciuto soltanto dalla mia famiglia e da chi lavora con me», non ha mai concesso una intervista anche se da sempre c'è chi si diverte ad attribuirgli citazioni più o meno apocrife. La più nota: «Un successo strepitoso? Macché! Questo è solo l'inizio».

 

amancio ortega gaona 2

La vita privata Poche le passioni, per lo più maturate negli anni: lo stadio e il Depor, lo yacht Valoria, il cammino di Santiago, il Club Financiero, dove «da anni - racconta Badia - dedica le prime ore della giornata a fare ginnastica e poi colazione».

 

Ancora più scarse le concessioni alla mondanità: dicono che non abbia mai indossato una cravatta, che si sposti mal volentieri con un Falcon 45 comprato di seconda mano e non abbia mai voluto un ufficio tutto per sé se non all'interno della fondazione che porta il suo nome. C'è però chi lo ha avvistato alle corse dei cavalli, un amore trasmesso alla figlia Marta, la più giovane, nata da secondo matrimonio.

 

amancio ortega gaona 1

È lei la candidata ad ereditare l'impero, nonostante fino al 2007 non avesse mai lavorato in nessuna delle imprese del padre. Anche se la vera domanda per gli analisti è un'altra e cioè «fino a che punto Inditex potrà sopravvivere al suo fondatore». Un uomo spigoloso ma capace di slanci: nel 2012 ha donato 20 milioni alla Caritas, un record.

 

Non basteranno a evitargli accuse pesantissime, un anno più tardi quando a Dacca crolla una delle fabbriche a cui Inditex - ma non solo - appalta i lavori: muoiono 381 operai, ed è uno choc per tutto il mondo della moda, anche per chi come Don Amancio non è mai stato oggetto di una sentenza passata in giudicato per pratiche lavorative scorrette.

 

amancio ortega gaona 11

Il digitale L'ultima sfida dell'ottantacinquenne Ortega e dei suoi manager, guidati dall'ad Pablo Isla, corre sul filo della tecnologia. Nel 2020, dopo il primo rosso nella storia, Inditex chiude 1200 store e poco più tardi cancella ventisette filiali. Partono scioperi e proteste, anche in Italia. Ma è una rivoluzione per chi, abituato a crescere, è costretto a ripensarsi. Contemporaneamente, infatti, il gruppo cambia passo sul web, integrando la logistica e le piattaforme.

 

amancio ortega gaona 4

Secondo il sito «e-commercemonitor» per ora la strategia funziona: gli affari via digitale sono saliti del 77 per cento in un anno e la rete «ha generato un terzo dei ricavi totali». Un boom più forte del previsto che ha permesso a Ortega di alzare un'altra volta l'asticella. Le conseguenze sui posti di lavoro, però, sono ancora un'incognita. L'ennesima, in sessant' anni di storia.

amancio ortega gaona 10coronavirus zara 1coronavirus zara 2amancio ortega e flora perez marcoteamancio ortega gaona 15amancio ortega gaona 8amancio ortega gaona 9amancio ortega gaona 6amancio ortega gaona 7amancio ortega gaona 13amancio ortega gaona

Ultimi Dagoreport

dagospia 25 anni

DAGOSPIA, 25 ANNI A FIL DI RETE - “UNA MATTINA DEL 22 MAGGIO 2000, ALL’ALBA DEL NUOVO SECOLO, SI È AFFACCIATO SUI COMPUTER QUESTO SITO SANTO E DANNATO - FINALMENTE LIBERO DA PADRONI E PADRINI, TRA MASSACRO E PROFANO, SENZA OGNI CONFORMISMO, HAI POTUTO RAGGIUNGERE IL NIRVANA DIGITALE CON LA TITOLAZIONE, BEFFARDA, IRRIDENTE A VOLTE SFACCIATA AL LIMITE DELLA TRASH. ADDIO AL “POLITICHESE”, ALLA RETORICA DEL PALAZZO VOLUTAMENTE INCOMPRENSIBILE MA ANCORA DI MODA NEGLI EX GIORNALONI - “ET VOILÀ”, OSSERVAVA IL VENERATO MAESTRO, EDMONDO BERSELLI: “IL SITO SI TRASFORMA IN UN NETWORK DOVE NEL GIOCO DURO FINISCONO MANAGER, BANCHIERI, DIRETTORI DI GIORNALI. SBOCCIANO I POTERI MARCI. D’INCANTO TUTTI I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ESISTONO IN QUANTO FIGURINE DI DAGOSPIA. UN GIOCO DI PRESTIGIO…”

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…