Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
Potrebbe essere l'ultimo romanzo della serie "Segretissimo Sas", i popolari libri di spie e complotti scritti da Gérard De Villiers: titolo perfetto anche per il capitolo più misterioso del conflitto in Ucraina. Le ombre del Sas, il reparto britannico delle missioni impossibili, infatti si stagliano negli episodi chiave della guerra: dal salvataggio del presidente Zelensky ai raid contro le navi di Mosca. Leggende sussurrate tra gli analisti dell'intelligence, alle quali difficilmente si troverà riscontro.
Come si narra in dozzine di film, i commando di Sua Maestà agiscono spesso sotto falso nome per non compromettere il governo di Londra. Oggi la copertura perfetta è offerta dalle società di contractor, i moderni mercenari attivissimi al fianco delle truppe di Kiev: ne hanno curato la preparazione e ora partecipano in maniera molto discreta ai combattimenti.
Circolano filmati di ex ufficiali statunitensi che spiegano come usare i missili antitank e ieri è stata annunciata la morte di uno di questi "soldati di ventura": Willy Joseph Cancel, un ex marines che a metà marzo aveva raggiunto la prima linea. Invece i due veterani inglesi, catturati nel Donbass e scomparsi dopo avere rilasciato brevi dichiarazioni alla tv russa, sono stati presentati come "volontari".
Il Sas si muove nel lato oscuro della guerra, come nelle spedizioni sulle jeep nel deserto libico che nel 1941 diedero inizio alla saga dello Special Air Service: un nome nato per depistare, perché la prima preoccupazione era occultare l'esistenza del reparto, come se gli attacchi fossero opera di fantasmi. E la leggenda è rimasta intatta: "Chi osa vince" è il loro motto. Secondo alcuni nella prima notte di battaglia a Kiev sarebbero stati loro a proteggere Zelensky dal doppio blitz di Mosca.
I russi ora si sono convinti che ci sia lo zampino del "Reggimento" - così lo chiamano i suoi membri - dietro altre azioni oltre i limiti. La prima risale al 24 marzo. Nel porto di Berdyansk, non lontano da Mariupol, salta in aria una nave militare lunga più di cento metri piena di munizioni e mezzi blindati. La Saratov è esplosa, danneggiando altre due navi simili che sono salpate di corsa e non hanno più fatto ritorno. Nessuno sa cosa abbia distrutto la Saratov, naufragata assieme ai piani per l'offensiva finale contro Odessa. Nei giorni precedenti gli ucraini avevano tentato invano di centrare i moli con i missili Tochka. Quella mattina però nulla è piovuto dal cielo.
Ed ecco il sospetto che l'assalto sia venuto dalla profondità: un'incursione di subacquei, che hanno piazzato una mina magnetica sulla fiancata della nave e poi sono fuggiti senza lasciare traccia. Un dubbio diffuso pure tra i comandi di Mosca, che hanno schierato la loro arma migliore per proteggere i porti di Crimea dai sabotatori in immersione: delfini addestrati a scoprire gli intrusi dei fondali. Il secondo episodio una settimana dopo.
Nel pieno della notte due elicotteri sorvolano il confine russo e piombano sulla città di Belgorod. Rapidi e invisibili, tirano missili e cannonate contro due grandi depositi di carburante: li incendiano e scompaiono nell'oscurità. È il primo attacco aereo in assoluto sul territorio di Mosca: un successo clamoroso ma gli ucraini negano ogni responsabilità. Le telecamere hanno filmato le sagome di due MI-24 Hind: elicotteri d'epoca sovietica, in dotazione a entrambi i contendenti. Gli ucraini ne hanno pochi e dall'inizio della guerra non hanno mai combattuto di notte.
Allo stesso tempo gli Hind e i suoi derivati spopolano tra i nuovi mercenari: un video li mostra in missione sulla Sierra Leone con un equipaggio composto pure da ex Sas. Per il reparto delle missioni impossibili sarebbe stato facile noleggiarne un paio, beffare le difese russe e scomparire. Come fantasmi, appunto.
Quanto gli spettri stiano infastidendo il Cremlino lo prova un dispaccio dell'agenzia Ria Novosti, che una settimana fa ha annunciato un'indagine del Comitato d'Inchiesta russo sulla presenza di «venti membri delle Sas mandati nella zona di Leopoli». L'istruttoria è stata interpretata come un monito diretto a Londra. Estremamente british la replica del portavoce della Difesa britannica: «No comment ». Forse però non ricorda il titolo dell'ultimo volume della serie Sas, scritto nel 2013 da De Villiers prima di morire: La vendetta del Cremlino.