cesare romiti

È MORTO CESARE ROMITI – L’EX MANAGER DELLA FIAT AVEVA COMPIUTO 97 ANNI IL 24 GIUGNO – L'AMICIZIA CON CUCCIA, CHE LO SEGNALA A GIANNI AGNELLI, IL RAPPORTO CON DE BENEDETTI (“NON PIACEVA ALL'AVVOCATO PERCHÉ SI DAVA TROPPE ARIE”), L’AUTUNNO CALDO E LA MARCIA DEI QUARANTAMILA – “IL MONOGIORNALE STAMPA-REPUBBLICA CON ME E GIANNI NON SI SAREBBE FATTO” – LE RIVELAZIONI SU TANGENTOPOLI: FU SPINTO DAL POOL DI MANI PULITE A COLLABORARE PER NON FINIRE IN MANETTE E…

 

 

cesare romiti gianni agnelli 1

AVE CESARE - ROMITI: “IL MONOGIORNALE STAMPA-REPUBBLICA CON ME E GIANNI AGNELLI NON SI SAREBBE MAI FATTO. C’È QUALCOSA DI INNATURALE, LA CONCORRENZA STIMOLAVA A FARE GIORNALI MIGLIORI, SARA’ ANCORA COSì? - “DE BENEDETTI NON PIACEVA ALL’AVVOCATO PERCHÈ SI DAVA TROPPE ARIE”

https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ave-cesare-romiti-monogiornale-stampa-repubblica-me-gianni-120729.htm

Gianni Agnelli con De Benedetti

 

ROMITI RIVELA DI COME NEL ’93 (IN PIENA TANGENTOPOLI) FU SPINTO DAL POOL DI MANI PULITE A COLLABORARE PER NON FINIRE IN MANETTE - FACCI: FORSE È LA VOLTA CHE UN PEZZO DELLA STORIA DELLA FIAT E DI TANGENTOPOLI SI PUÒ RACCONTARLA DAVVERO - ROMITI SCARICÒ LE RESPONSABILITÀ SULLE SOCIETÀ CONTROLLATE E FU RIMANDATO A CASA. IL POOL AVEVA I SUOI COLPEVOLI… (13 APRILE 2012)

https://m.dagospia.com/tangentopoli-col-fiat-sul-collo-cesare-romiti-rivela-i-rapporti-segreti-tra-il-pool-di-mani-37837

 

cesare romiti 29

DATE A CESARE QUEL CHE È DI CESARONE: ROMITI FA 9O MA NON METTE PIU’ PAURA CON I SUOI RICORDINI – A UN GIORNO DAL COMPIMENTO DEI SUOI NOVANT’ANNI, CESARE ROMITI RIPERCORRE LA SUA VITA, DA QUANDO SOFFRÌ LA FAME AL TEMPO DELLA GUERRA FINO AGLI ANNI IN CUI GUIDÒ IL LINGOTTO - I SUOI RAPPORTI DI ODIO E AMORE CON GLI AGNELLI, L’AMICIZIA CON CUCCIA, LO SCONTRO CON DE BENEDETTI, LA DELUSIONE DEL BANANA (23 GIUGNO 2013)

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/date-cesare-quel-che-cesarone-romiti-fa-9o-ma-non-mette-piu-58165.htm

 

cesare romiti 21

 

 

Morto Cesare Romiti, manager duro e quasi brutale (ma vero fino in fondo)Paolo Bricco per www.ilsole24ore.com

 

 

 

È morto Cesare Romiti. Aveva compiuto 97 anni il 24 giugno. Romiti è stato uno degli archetipi della storia italiana. Per il percorso professionale, che ha avuto il suo cuore nella Fiat, la principale Impresa-Stato che l’Italia abbia avuto nel Novecento. E per il suo essersi trasformato – nella rappresentazione della vita pubblica del nostro Paese – in una personalità paradigmatica grazie alla caratura, all’intensità e alla forza del suo potere.

 

L’uomo dell’eccezione italiana

cesare romiti 1

Romiti si è trovato – mille volte – ai crocevia di un Paese in cui appunto il potere non è mai univoco, ma esiste in dimensioni mutevoli e molteplici ed è sempre all’intersezione fra differenti dimensioni, ai confini fra tanti mondi: l’industria e la finanza, la politica e l’editoria, la geopolitica e i circoli internazionali riservati. In questo, lui ha rappresentato la norma italiana.

 

Ma Romiti ha costituito anche l’eccezione italiana. In un Paese in cui il potere spesso si trasmette e non si conquista e le carriere sovente si ereditano e non si costruiscono, è infatti partito da condizioni molto umili. È di Roma. È il secondo di tre fratelli. È figlio di un impiegato delle Poste che muore all’improvviso a 47 anni lasciando la famiglia in condizioni finanziarie non semplici. Si diploma in ragioneria e si laurea in economia, nell’università della sua città, studiando la sera e lavorando di giorno.

 

 

cesare romiti gianni agnelli

L’apprendistato in Bombrini Parodi Delfino

Il primo passaggio fondamentale è nel 1947, quando all’età di 24 anni viene assunto al Gruppo Bombrini Parodi Delfino. L’azienda di Colleferro, nella campagna laziale, ha due caratteristiche. La prima è la specializzazione in produzioni militari.

 

 

La seconda è connessa alla prima: per la sua natura strategica, è sotto l’ala protettrice e sotto l'occhio vigile dei servizi e delle strutture di sicurezza occidentali, non solo italiane, ma soprattutto americane. La miscela di specializzazione industriale avanzata e di cifra politica atlantica rende questa impresa una fucina della classe dirigente industriale e finanziaria, formata oltre che alle logiche della fabbrica e del mercato anche al senso della diplomazia e degli equilibri, visibili e invisibili.

 

Cesare Romiti

 Romiti, a Colleferro, diventa direttore finanziario e lavora a fianco di Mario Schimberni: il futuro presidente della Montedison è responsabile dell’amministrazione e del controllo di gestione. Dopo la fusione con la Snia Viscosa, nel 1968, Romiti diventa direttore generale e inizia a costruire il rapporto di fiducia personale con Cuccia, che segnerà la sua ascesa definitiva.

 

La fiducia di Cuccia, Alitalia e poi la Fiat

Nel 1970 è prima direttore generale e poi amministratore delegato dell’Alitalia, confermandosi uno dei manager di Stato più determinati e influenti. Nel 1973 è all’Italstat.

 

Nel 1974, nel pieno della crisi petrolifera che sta dissestando i conti della Fiat, su richiesta di Gianni Agnelli Cuccia lo segnala come direttore centrale di finanza, amministrazione e controllo del gruppo. La sua posizione è quella di uomo dei conti. Nel 1976 diventa amministratore delegato, insieme a Umberto Agnelli – anche vicepresidente e poi in politica con la Dc – e a Carlo De Benedetti, che ha una posizione di preminenza, ma che lascia l’incarico dopo cento giorni.

luca cordero di montezemolo michael schumacher cesare romiti eddie irvine

 

Quell’autunno caldo del 1980

Da allora, l’ascesa di Romiti dentro alla Fiat e dentro l’economia e la società italiane è formidabile. Un passaggio importante avviene nel 1980. Gradualmente ma con determinazione espelle la violenza e annichilisce l’anarchia dentro alle fabbriche.

 

cesare romiti in piedi ai funerali di gianni agnelli

La sinistra radicale ha, in alcuni casi, subito una metastasi nella lotta politica armata, in tutta Italia e, anche, a Torino. Il sindacato ha quasi perduto il controllo di se stesso. Nessuno riesce a ristabilire l’ordine negli impianti. L'azienda è fuori mercato. Il 5 settembre 1980 la Fiat mette in cassintegrazione per 18 mesi 24mila dipendenti (quasi tutti operai). L’11 settembre – dopo una settimana di trattative con i sindacati, dure al limite del parossismo – la Fiat annuncia 14.469 licenziamenti. A questa decisione – in una Fiat in cui ha in mano ogni leva strategica, gestionale e «disciplinare» Romiti – corrispondono lo sciopero e i picchettaggi ai cancelli. Il 26 settembre Enrico Berlinguer è a Torino e esprime ai lavoratori l'appoggio del Partito Comunista.

 

cesare romiti

La marcia dei quarantamila

I giorni diventano folli. I sindacati non cedono. Non lo fa nemmeno la Fiat che, nella persona di Romiti, definisce i licenziamenti essenziali per non fare fallire l’azienda. Da allora si susseguono degli scontri feroci e si verifica il congelamento di ogni attività industriale.

 

Il 14 ottobre 1980 si svolge la cosiddetta marcia dei quarantamila che porta in strada i quadri della Fiat – come venivano chiamati i funzionari appena un gradino al di sotto della dirigenza – e con loro i dirigenti di Corso Marconi. Romiti non è il fautore della marcia, che viene organizzata dal capo dei quadri aziendali Luigi Arisio, fino ad allora sconosciuto all’opinione pubblica, e che ha l'appoggio tecnico – nella prima linea manageriale della Fiat - in particolare di Carlo Callieri e di Cesare Annibaldi. Ma dà il suo placet, sovraintende a tutta l’operazione ed è pronto a trasformarla in risultato politico.

cesare romiti

 

Un gradino sotto l’Avvocato

Tre giorni dopo la marcia dei quarantamila, la dirigenza della Fiat trova – da una posizione di forza - un punto di equilibrio con i sindacati confederali, che riconoscono l’insostenibilità della situazione: ritira i licenziamenti, per quanto confermi la cassintegrazione a zero ore per 22mila dipendenti. Da allora, Romiti costruisce una posizione senza pari all’interno del gruppo torinese, in un rapporto strettissimo con la Mediobanca di Cuccia che in più passaggi, dall’esterno, gli conferisce sempre più peso specifico e lo «introna» come numero uno, anche al posto di Umberto Agnelli.

 

Nel 1988, dopo uno scontro di potere cruento, gli Agnelli rinunciano alla ipotesi di nominare numero uno di tutto il gruppo Vittorio Ghidella. Ghidella è l’uomo della Fiat Uno. L’ultimo ingegnere ad avere costruito la leadership della Fiat sull’auto europea. Uscito Ghidella, Romiti è il dominus. Prevale spesso sugli Agnelli grazie al rapporto privilegiato con Mediobanca, che appunto lo colloca appena un gradino sotto l’Avvocato e comunque sopra suo fratello Umberto, ormai nelle finanziarie di famiglia. Determina la strategia degli anni Novanta: la conglomerata che investe in altri settori rispetto all’auto. Una scelta che impedirà alla Fiat di effettuare gli imponenti cicli di investimenti che, invece, in quel decennio faranno i produttori tedeschi e asiatici.

cesare romiti e piergaetano marchetti

 

Dopo la Fiat, tra Rcs e Impregilo

La centralità di Cesare Romiti è sintetizzata dal valore della sua buonuscita che, fra soldi e partecipazioni, ammonta nel 1998 a 105 miliardi di lire per i 24 anni di attività e a 99 miliardi di lire per il patto di non concorrenza. Dopo l’uscita da Fiat, guida Gemina (una sua quota fa parte della liquidazione) che controlla Rizzoli Corriere della Sera e la società di costruzioni Impregilo.

 

 

cesare romiti giulio andreotti

Romiti è presidente di Rcs dal 1998 al 2004, diventando poi presidente onorario. Nel 2005 entra nel patto di sindacato degli Aeroporti di Roma. Poco alla volta Romiti perde presa sul capitalismo italiano. La sua famiglia – oltre a lui, i due figli Maurizio e Piergiorgio – è estromessa prima da Gemina, poi da Impregilo e quindi da Aeroporti di Roma. Nel 2003 Romiti costituisce la Fondazione Italia Cina.

 

In piedi a messa ai funerali di Agnelli

gianni letta cesare romiti

La forza di Romiti – anche nella sua dimensione psicologicamente egemonica e fisicamente rocciosa – è rappresentata dall’immagine di lui che, il giorno della sepoltura di Gianni Agnelli (il 27 gennaio 2003), trascorre nel duomo di Torino tutta la messa in piedi - dritto come un fuso e imponente come una colonna - mentre tutti sono seduti sulle panche. A dieci anni dalla morte di Gianni Agnelli ha detto al Corriere della Sera: «In chiesa lui faceva così.

 

Ricordo una domenica in cui andai a trovarlo a Villar Perosa. Mi portò a messa. La moglie con i figli erano davanti. Lui era in fondo, e rimase in piedi per l’intera funzione: “Romiti, rimanga in piedi con me”. Gliene chiesi il motivo. Rispose che aveva avuto un’educazione cattolica e quello era il modo per dimostrare, se non la fede, la fedeltà. Restare in piedi al suo funerale era il mio modo di rendergli omaggio».

cesare romiti elisabetta sgarbi

 

Sulla sua ascesa e sul suo declino, rimangono le parole dette al Sole 24 Ore il 15 febbraio 2009: «Può darsi che un bravo manager non sia anche un bravo padrone. Può darsi. Ben vengano tutte le critiche. Ma io non ho mai accettato quello che i cosiddetti padroni hanno accettato in tanti anni di vita industriale del Paese. L’essere accomodanti, cosa che ha portato gente di qualità mediocre a occupare posti importanti. Ma ha anche portato il Paese nelle condizioni disperate in cui si trova ora». Cesare Romiti: duro e quasi brutale, efficace ma vero, fino in fondo.

cesare romiti 27cesare romiti 19cesare romiti 10cesare romiti 24cesare romiti 30cesare romiti candido cannavo'cesare romiti 16cesare romiti 6cesare romiti 20cesare romiti antonio bassolinocesare romiti 22piero fassino cesare romiti 3gianni agnelli cesare romiti 1cesare romiti 8cesare romiti 28marco tronchetti provera cesare romitimassimo dalema cesare romiti 2cesare romiti massimo giletticesare romiti fabrizio del noce giulio tremonticesare romiti 31cesare romiti 25cesare romiti 26cesare romiti mario draghi

Ultimi Dagoreport

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)