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IL POPOLO MUORE DI FAME E KIM INGRASSA - UN DISERTORE NORDCOREANO RIVELA I SEGRETI DEL DITTATORELLO CHE MI MUOVE TRA PRODUZIONE DI DROGA E VENDITA DI ARMI ALLA DISPERATA RICERCA DI FONDI IN VALUTA STRANIERA CON CUI COMPRARE VILLE, MACCHINE E VESTITI – DA ANNI PYONGYANG HA INCREMENTATO LA PRODUZIONE DI OPPIO, EROINA E SOPRATTUTTO METANFETAMINE - NON SOLO: A RIMPINGUARE LE CASSE È ANCHE LA…

Lorenzo Lamperti per "la Stampa"

 

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Tre stranieri portati dall'estero per lavorare in un laboratorio costruito ad hoc per produrre metanfetamine. Non è la trama della serie tv Breaking Bad, ma quanto accade in Corea del Nord. Almeno secondo il racconto di Kim Kuk-song, un disertore di alto profilo che ha deciso di svelare in un'intervista alla Bbc i segreti della sua carriera al servizio delle agenzie di spionaggio di Pyongyang.

metanfetamine

 

Viene fuori un quadro di un Paese alla disperata ricerca di fondi in valuta straniera e pronto a fare di tutto per ottenerli: produzione e traffico di droga, vendita di armi a regimi alle prese con guerre civili o proteste interne. Fondi che poi non verrebbero destinati al popolo, nonostante il «triste» stato dell'economia ammesso ieri dallo stesso Kim Jong-un durante il 76esimo anniversario del Partito dei lavoratori. «Quei soldi appartengono al leader, che compra ville, macchine, cibo e vestiti», dice Kim, uno dei più importanti dei trentamila disertori che vivono in Corea del Sud.

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Lui è arrivato a Seul nel 2014 per lavorare con i servizi segreti, dopo aver passato trent' anni nelle agenzie di spionaggio che rappresentano «occhi, orecchie e cervello del leader supremo». Ma nemmeno lui, che si descrive come «il più rosso dei rossi», si è sentito al sicuro con le purghe lanciate da Kim dopo la sua ascesa al potere nel 2011. Prima di allora, aveva lavorato per il padre dell'attuale leader. Durante la carestia degli Anni 90, a Pyongyang definita «ardua marcia», il partito incrementa la produzione di droga. Già celebre per eroina e oppio, la Corea del Nord inizia a commerciare metanfetamine: «Così eravamo in grado di incassare dollari», vale a dire quelli che ufficialmente erano definiti «fondi rivoluzionari» da consegnare poi a Kim Jong-il.

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Un'altra importante fonte di entrata, secondo il disertore, è rappresentata dalla vendita di armi, tra cui «piccoli sottomarini e semisommergibili», in particolare all'Iran. Tanto che secondo Kim, il rappresentante nordcoreano a Teheran convocava gli iraniani nella sua piscina per concludere gli affari. Ma Pyongyang avrebbe venduto armi anche di recente a Libia, Siria, Sudan e Myanmar. Oltre al traffico di droga e armi, il regime è riuscito a costruire una sofisticata rete di spie, «presenti in Cina, Russia e Sud-Est asiatico».

KIM JONG UN

 

Al centro di questa rete viene costituito nel 2009 il Reconnaissance General Bureau, anno in cui viene formata una «task force del terrore» per uccidere il disertore Hwang Jang-pop. Il piano non riesce, ma secondo l'intervistato dalla Bbc dimostra che «il terrorismo è uno strumento politico che protegge la dignità della dinastia Kim» e che gli omicidi dei «traditori sono un regalo per dimostrare la lealtà del successore».

 

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Le spie di Pyongyang sarebbero in grado di infiltrarsi ad alti livelli nelle istituzioni della Corea del Sud. Kim racconta di aver gestito l'invio di un agente nel palazzo presidenziale di Seul. «Dopo aver lavorato tra i 5 e i 6 anni per la Casa Blu è tornato a casa in sicurezza». Negli ultimi anni il numero di spie nordcoreane arrestate nella parte meridionale della penisola è diminuito, anche perché Pyongyang ha sviluppato metodi più tecnologicamente avanzati di spionaggio, con l'utilizzo di un cyber-esercito composto da seimila hacker.

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Un progetto nato sin dagli Anni 80, quando secondo Kim l'allora leader diede l'ordine di «prepararsi per la guerra cibernetica». Sì, perché al centro c'è sempre e comunque la guida suprema. «In Corea del Nord, persino una strada non può essere costruita senza la sua approvazione», dice il disertore. Di recente, Pyongyang ha aperto alla possibilità di rilanciare il dialogo con la Corea del Sud, ma Kim avverte: «La Corea del Nord è sempre la stessa, non è cambiata dello 0,01%». Tanto che lo scorso aprile il suo leader ha chiesto alla popolazione di prepararsi per un'altra «ardua marcia».

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