Estratto dell'articolo di Gianluca Mercuri per www.corriere.it
Tassi d’interesse alti, stipendi bassi, lavori instabili. Quella che siamo abituati a chiamare precarietà ha un impatto ovvio sulla possibilità di accendere un mutuo. Ma c’è un altro fattore che tende ad abbassare sempre di più la propensione dei giovani a sobbarcarsi un debito ultradecennale per farsi una casa: è il calo demografico. E anche qui, la ragione è intuitiva: meno figli, uguale meno fratelli e sorelle con cui dividere i beni dei genitori, uguale più case ereditate e meno necessità di comprarsele.
Geoffrey Ditta, economista dell’Universidad Nebrija di Madrid, ha presentato una ricerca i cui risultati saranno probabilmente studiati con cura da molti esperti di vari campi: sociologi come immobiliaristi, demografi come banchieri.
Se la crisi degli alloggi ha colpito duramente in tutta Europa i Millennials (i nati tra il 1981 e il 1994), al contrario la Generazione Z (1995-2009) è avviata a scoprire una realtà molto più favorevole.
Sarà quella che si godrà — molto più della precedente — il patrimonio immobiliare accumulato dai baby boomer (1946-64) e anche dalla Generazione X (1965-80). Tutto per effetto del tasso di fecondità in Europa — 1,53 figli per donna — che è tra i più bassi del mondo. «In parole povere, ci saranno meno giovani che erediteranno case e più case per loro da ereditare», riassume Ditta su The Conversation.
Attualmente, spiega lo studioso, «nell’Unione Europea l’età media in cui si acquista per la prima volta un immobile è di 34 anni. La durata media dei mutui è di 25 anni, il che significa che i pagamenti vengono generalmente completati a 59 anni, poco prima dell’età pensionabile (65 anni nella maggior parte degli Stati dell’Ue). Nel 2022, il 69,1% degli europei era proprietario di una casa, ma solo il 24,7% aveva un mutuo. Un dato che varia molto da un continente all’altro, con poca correlazione tra i tassi di proprietà e il numero di mutui attivi».
La situazione è diversa anche tra i Paesi europei, e le tendenze sono facilmente immaginabili in base ai differenti modelli familiari e il diverso livello dei salari. I figli lasciano la casa dei genitori poco dopo i 30 anni in Italia, Spagna e Grecia, tra i 23 e i 24 anni in Germania e Francia e poco dopo i 21 in Scandinavia. Non sorprende, dunque, che nel Nord Europa il numero dei mutui sia in aumento. Così, se in Olanda ce l’hanno il 61% dei proprietari di case, in Italia solo il 14% dei proprietari si è fatto prestare soldi dalle banche. La nostra inclinazione al mattone è notoriamente radicata: secondo i dati di Confedilizia, il 77% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà.
I numeri dettagliati (dati gennaio 2024) sono molto interessanti. Delle 32.246.379 abitazioni di proprietà di persone fisiche che risultano nel Catasto, 19.819.410 — circa il 60% — sono abitazioni principali; 5.739.400 — quasi il 18% — sono abitazioni a disposizione, in gran parte seconde case; 3.617.108 — oltre il 10% — sono in affitto; 775.087 — circa il 2,4% — sono abitazioni in uso gratuito come prima casa, di solito concesso a figli o parenti; 2.749.423 sono abitazioni con utilizzo non conosciuto. Inoltre, risultano 2.545.951 abitazioni di proprietà di persone non fisiche. La percentuale del 77% di famiglie che vivono in case di proprietà viene dal rapporto tra il numero delle abitazioni principali di proprietà di persone fisiche (19,8 milioni) e il numero delle famiglie (25,7 milioni).
[…] Il calo medio europeo dei mutui dello scorso anno è stato del 32%. E l’Italia? Abbiamo contribuito eccome alla tendenza: secondo il Rapporto sul credito italiano di Experian, nel 2023 «la domanda di mutui è scesa del 54,76% rispetto al 2022 e del 78,96% rispetto al 2021».
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