PER LA STRAGE DI VIAREGGIO MAURO MORETTI È STATO RITENUTO COLPEVOLE PER I MANCATI CONTROLLI MA NON PER LA VELOCITÀ DEI TRENI MERCI DERAGLIATI – IL CONVOGLIO VIAGGIAVA ENTRO I LIMITI, A 100 KM/H, E PER I GIUDICI NON C'È PROVA CHE L'INCIDENTE SI SAREBBE EVITATO CON UNA VELOCITÀ INFERIORE  – È SCRITTO NELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI APPELLO BIS CHE HA PORTATA A UNA CONDANNA A 5 ANNI PER L’EX AD DI FERROVIE E RETE FERROVIARIA. LA DIFESA ANNUNCIA UN NUOVO RICORSO 

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Giuseppe Salvaggiulo per “La Stampa”

 

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Le motivazioni della sentenza di appello bis sulla strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009 (32 morti e 100 feriti) fissano alcuni punti fermi in un processo complicato. Il principale imputato Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Ferrovie e Rete Ferroviaria condannato a 7 anni, viene ritenuto colpevole («è irrevocabile la responsabilità penale») per la mancata tracciabilità e per i controlli inadeguati sui carri merci noleggiati da società della Germania.

 

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Ma cade la pur importante contestazione di non aver imposto una diminuzione della velocità ai convogli di merci pericolose in transito in stazione. Il treno viaggiava entro i limiti, a 100 km/h. Secondo le perizie, peraltro non concordi, avrebbe dovuto viaggiare a circa 60 km/h. Secondo i giudici di appello, nel solco di quelli della Cassazione che avevano annullato la prima sentenza, manca una prova empirica o scientifica per affermare che il deragliamento del vagone con gas Gpl non si sarebbe verificato se il treno avesse viaggiato a una velocità inferiore.

 

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Il nuovo processo era stato disposto dalla Cassazione con rinvio, demandando alla corte fiorentina il compito di valutare la questione della velocità oltreché la rideterminazione delle condanne a seguito della prescrizione dell’accusa di omicidio colposo. Moretti era pertanto stato condannato a 5 anni (7 nel primo appello, contro i 16 chiesti dalla Procura) «per colpa di omesso controllo della tracciabilità dei carri merci esteri circolanti in Italia, omessa acquisizione della documentazione di sicurezza, omessa procedura di cabotaggio».

 

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Sul ricalcolo della pena gravano l’esclusione della colpa legata alla velocità e la prescrizione per l’omicidio di cui il manager si è avvalso per la prima volta in questo processo, in cui ha viceversa rinunciato per i reati di incendio e lesioni (per il disastro la prescrizione non è maturata). Le attenuanti generiche sono state concesse all’incensurato Moretti in misura molto limitata. Stesso discorso per l’altro manager, Michele Mario Elia, condannato a 4 anni e 2 mesi.

 

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Secondo la Corte fiorentina, dunque, la responsabilità penale colposa di Moretti è già cristallizzata perché nel giudizio di legittimità la Cassazione ha confermato il profilo legato alla mancata tracciabilità dei carri cisterna noleggiati all’estero, della società Gatx, per lo svolgimento del trasporto di merci pericolose in Italia. Per i giudici esisteva una prassi aziendale che consentiva manutenzioni più lasche per i carri noleggiati all’estero. Moretti obietta di aver firmato una direttiva, tre anni prima della strage, con cui al contrario imponeva regole di manutenzioni equivalenti, a prescindere dalla provenienza del carro. Direttiva poi ripresa dall’Autorità nazionale per la sicurezza ferroviaria, un anno prima della strage.

 

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Ambra Giovene, avvocata di Moretti, annuncia ricorso in Cassazione. Valorizza la vittoria sulla questione della velocità e obietta sulla responsabilità residuale, che considera «di mera posizione» e quindi ancora controvertibile. «In tredici anni – dice - testimoni, consulenti della procura, parti civili non sono riusciti a dimostrare l’indimostrabile, un’imputazione destituita di ogni fondamento fin dall’inizio che fornisce la misura delle altre. La responsabilità del solo vertice aziendale era voluta contro ogni evidenza. La Corte di appello non prende una posizione definitiva, ricorrendo a un argomento formale, il cosiddetto giudicato progressivo, in contrapposizione perfino con argomenti della Procura generale che hanno escluso l’esistenza di una imposizione dei vertici intesa a trascurare la sicurezza».

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