ALLA TAVOLA CALDA DI RE SARTU' – GNOLI IN LODE DEL PALATO DI TULLIO GREGORY: “DA STORICO DELLA FILOSOFIA NON CONFUSE MAI L'EROS PLATONICO CON L'EROS GASTRONOMICO. LA CUCINA, SOSTENEVA, DEVE ESSERE BUONA. NON BELLA. SI MANGIA IN TRATTORIA E SI VA AL MUSEO. DI QUI LE FEROCI CRITICHE AI TEORICI DEL MINIMALISMO, IPNOTIZZATI DAL PIATTO VUOTO. LI DEFINÌ ‘CUOCHI FATUI’, TIPOLOGIA UMANA CHE, IN NOME DELL’IMMAGINE E DEL MARKETING TELEVISIVO, AVEVA SACRIFICATO LA SOSTANZA DEL PIATTO ALLA FORMA''

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Antonio Gnoli per “il Venerdì di Repubblica”

tullio gregory tullio gregory

 

Era la metà degli anni 90, un tempo ancora lontano dalle sirene gastro-televisive, quando Tullio Gregory ci aiutò a scoprire l'importanza culturale del cibo connessa ai piaceri della tavola. Ma da storico della filosofia, specialista insigne del medioevo e della prima modernità (era stato allievo di Bruno Nardi) non confuse mai l'eros platonico con l'eros gastronomico.

 

antonio gnoli foto di bacco antonio gnoli foto di bacco

Si dà il caso che L'eros gastronomico (Laterza) ne raccolga gli articoli dedicati alla cucina. Ci sono varie ragioni per leggere questo libro: l'arguta aneddotica, la competenza storica, infine i suggerimenti che il lettore troverà in un capitoletto dedicato al decalogo del gastronomo.

 

Si tratta di una difesa dagli eccessi che la gastronomia ha praticato nel corso di questi anni. Nei suoi giudizi (Gregory è scomparso nel 2019 all'età di 90 anni), fu tagliente, perfino liquidatorio.

 

Demolì con sprezzante perfidia coloro che estetizzavano il piatto: chef ormai affetti da nichilismo gastronomico. La cucina, sosteneva, deve essere buona. Non bella. Si mangia in trattoria e si va al museo. Di qui le feroci critiche ai teorici del minimalismo, ipnotizzati dal piatto vuoto. Li definì «cuochi fatui», tipologia umana che, in nome dell’immagine e del marketing televisivo, aveva sacrificato la sostanza del piatto alla forma.

tullio gregory l'eros gastronomico tullio gregory l'eros gastronomico

 

Sospettava, con qualche ragione, che la gastronomia seguisse soprattutto la moda. Considerava intollerabile la nouvelle cuisine, pretenziosa e velletaria  la cucina creativa, indigesto il fast food, letale l'uso sem-pre più compulsivo del mezzo televi-sivo, attraverso il quale avanzavano i nuovi mostri del fornello. Format in-desiderabili che ai suoi occhi avevano distrutto le vecchie accademie e so-prattutto liquefatta la tradizione po-polare della cucina.

 

Dall'alto, o dal basso, della sua eru-dizione, Gregory poteva, con la stessa tagliente eleganza, intraprendere una discussione sul cerimoniale che gover-nava la tavola alla corte farnesiana di Parma nel Cinquecento, o intrattener-ci sulla figura leggendaria del Coco Lezzone: il cuoco fiorentino che aveva vietato l'uso dei cellulari a tavola. Be-nemerito quel divieto, chiosava

 

Gre-

 

tullio gregory tullio gregory

gory, perché la sua fiorentina di un chilogrammo e due, frollata alla perfezione per 40 giorni, una volta cucinata conservava il perfetto equilibrio tra la cottura esterna e il freddo interno della carne. Nessun suono avrebbe dovuto minacciare l'abile lavoro del coltello. 

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