vittorio vallarino gancia

VITTORIO VALLARINO GANCIA E QUEL SEQUESTRO LAMPO DELLE BR CHE CAMBIÒ LA STORIA DEGLI ANNI DI PIOMBO - ERA STATA MARA CAGOL A DECIDERE IL RAPIMENTO DEL RE DELLO SPUMANTE, SCOMPARSO L'ALTRA NOTTE A 90 ANNI - IL SUO SEQUESTRO DURÒ SOLO UN GIORNO. I CARABINIERI LO LIBERARONO DOPO UN'IRRUZIONE NELLA CASCINA SPIOTTA D'ARZELLO, LASCIANDO SUL TERRENO I CORPI SENZA VITA DELL'APPUNTATO GIOVANNI D'ALFONSO E DI MARA CAGOL, LA MOGLIE DI RENATO CURCIO…

Pierangelo Sapegno per “La Stampa”

 

VITTORIO VALLARINO GANCIA CHE ABBRACCIA IL PADRE

Il suo sequestro durò solo un giorno. Ma cambiò la storia degli Anni di piombo, e anche quella dell'Italia. Il 5 giugno del 1975, i carabinieri liberarono Vittorio Vallarino Gancia dopo un'irruzione nella cascina Spiotta d'Arzello, lasciando sul terreno i corpi senza vita dell'appuntato Giovanni D'Alfonso e di Margherita Cagol, nome di battaglia Mara, la moglie di Renato Curcio.

 

Colpito da una bomba a mano, il tenente Umberto Rocca perse un braccio e un occhio: disse che all'improvviso vide tutto rosso davanti a sé, mentre continuava a far fuoco con l'unica mano che gli restava, fermo sullo spiazzo di fronte alla porta della casa.

 

Un altro carabiniere, il maresciallo Rosario Cattafi, fu ferito gravemente. Alla fine riuscirono a entrare. Nella grande cucina c'erano una branda, due magliette e una bombola di gas, e nell'altra stanza accanto alla finestra che si affacciava sul prato, una porticina angusta. Lì dentro c'era la prigione di Vittorio Vallarino Gancia. Li aspettava in piedi con le mani legate dietro la schiena, il volto tirato e gli occhi spalancati: «Ho sentito tutti quegli spari e ho temuto uno scontro fra bande», disse.

SEQUESTRO GANCIA 1

 

Aveva la cravatta allentata sul colletto aperto e la barba incolta. Fuori c'erano un mucchio di macchine e del sangue per terra. Un anno dopo, l'8 giugno 1976, le Br uccisero in un agguato nella salita Santa Brigida di Genova il magistrato Francesco Coco e due uomini della scorta. L'imboscata era stata programmata per il 5 giugno, anniversario della morte di Mara Cagol. Il terrorismo alzava il tiro, come dicevano loro. Cominciavano gli anni più bui.

 

Vallarino Gancia aveva 42 anni e si era separato dalla moglie, da cui aveva avuto due figli. Era amministratore delegato e direttore generale della ditta vinicola Gancia, di cui aveva assunto la guida dopo il ritiro del padre Lamberto, avendo cominciato a lavorarci quasi da ragazzino, nel 1957. Viveva in una lussuosa villa con piscina e campi da tennis, a un km dalla sede dell'azienda. Alle 15 del 4 giugno lasciò la casa per andare al lavoro.

 

SEQUESTRO GANCIA

Il giardiniere, Giuseppe Medina, disse che a 100 metri dal cancello c'erano 4 uomini che sembravano discutere come per un incidente vicino a una Fiat 124 verde e a un furgone. Era stata Mara Cagol a decidere questo rapimento. Il 18 febbraio del 1975 aveva guidato un gruppo di brigatisti nel blitz per far evadere Renato Curcio dal carcere di Casale. Da quel giorno le Br avevano deciso di ampliare le loro strutture e crescere il numero di militanti. Servivano più soldi e per questo, raccontò Mario Moretti, erano state organizzate molte rapine per autofinanziarsi.

 

MARA CAGOL 2

Ma non bastavano. In una riunione a Torino, con Curcio, Cagol e Moretti, fu approvato il sequestro Gancia. La Cagol disse che era perfetto: loro conoscevano bene la zona e lui era un simbolo del capitalismo. E' così che Gancia entra in questa storia. Quel giorno quando passò l'Alfetta di Vallarino, i 4 che fingevano di litigare salirono sulle loro macchine e lo seguirono. Poco più avanti, fu fermato da 4 uomini con tute da operai e tamponato dal furgone. Aprirono la sua macchina e lo presero.

 

Destinazione Spiotta d'Arzello. Nessuno degli inquirenti pensava alle Br. Ma quello stesso giorno, un giovane a bordo di una 124 ebbe un incidente con una 500 e si propose un po' troppo sbrigativamente di risarcire in proprio e subito il guidatore senza stare lì a fare denuncia. L'autista della 500 lo disse ai carabinieri, che si misero a cercare la 124. Quando la trovarono, il giovane si dichiarò prigioniero politico.

 

Così arrivò il generale Dalla Chiesa e le indagini presero una accelerata.

La mattina del 5 giugno, una pattuglia con 4 carabinieri arrancava per una stradina impervia su una salita che vedeva in cima una costruzione formata da due blocchi.

Vittorio Vallarino Gancia 1

Davanti a una casa c'erano due macchine: voleva dire che c'era qualcuno, fino a quel momento, invece, le cascine che avevano trovato erano tutte vuote. Il tenente Rocca scorse alla finestra una donna che si nascondeva dietro le persiane. Il maresciallo Cattafi bussò alla porta. Venne ad aprire un tipo distinto, che sembrava molto scocciato per questa visita.

 

Quando gli intimarono di uscire, lui lanciò una bomba a mano contro di loro. Rocca alzò il braccio istintivamente e fu colpito al gomito. Vide rosso e il braccio non ce l'aveva più. Il brigatista e Mara Cagol uscirono di corsa dalla casa per raggiungere le macchine e fecero fuoco contro l'appuntato D'Alfonso che cercava di fermarli, uccidendolo.

 

MARA CAGOL 2

Più avanti era rimasto l'altro appuntato, Barberis, accanto alla vettura dell'Arma che ostruiva il passaggio. Altra sparatoria, poi i due finsero di arrendersi. L'uomo nascosto dietro Mara Cagol tirò ancora una bomba a mano. Barberis la schivò e riprese a sparare. Lei restò a terra senza più vita. Era stata colpita al braccio, alla schiena e al torace.

 

GIOVANNI D ALFONSO 3

Lui riuscì a correre verso il bosco e a far perdere le tracce. Davanti all'ingresso della cascina, Cattafi, benché ferito dalle schegge, soccorse il tenente e lo trascinò verso la strada, dove stava passando il postino: lo caricò sulla sua macchina e gli disse di portarlo all'ospedale. Quando arrivarono i rinforzi, chiamati da Barberis, fecero irruzione nella villa per liberare Vallarino Gancia. Rocca raccontò che prima della sparatoria aveva incrociato una macchina scendere e a ripensarci gli era parso che dentro ci fosse Curcio. Non si è mai saputo se fosse vero. Dal canto suo, il capo delle Br inneggiò a Mara Cagol e disse che era stata uccisa dopo che si era arresa. Anche se non era vero, era quello che credevano. Ormai era guerra aperta, Curcio fu arrestato il 18 gennaio 1976. E sostituito al comando da Mario Moretti. Per un anno le Br stentarono a riorganizzarsi. Poi fecero l'imboscata di Santa Brigida. Cominciava così la storia più tragica degli anni di piombo.

MARA CAGOLla notizia della morte di mara cagolmargherita cagol col marito renato curciomara cagol 2Vittorio Vallarino Gancia

Ultimi Dagoreport

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…