cina proteste covid zero pechino shanghai

XI USA TANTO BASTONE E QUALCHE CAROTA PER PLACARE LE RIVOLTE – ALLE PROTESTE DI PIAZZA CONTRO LA POLITICA “ZERO COVID”, IL REGIME CINESE HA RISPOSTO CON IMPONENTI MISURE DI SICUREZZA. A PECHINO CONTROLLI SERRATI ALLE FERMATE DELLA METROPOLITANA. A SHANGHAI I POLIZIOTTI HANNO OBBLIGATO I CITTADINI FERMATI A CANCELLARE LE IMMAGINI DELLE MANIFESTAZIONI DAGLI SMARTPHONE – INTANTO NELLA PROVINCIA DELLO XINJIANG SONO STATE ALLENTATE LE SEVERISSIME RESTRIZIONI…

Gaia Cesare per “il Giornale”

 

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L'Onu si appella alla Cina chiedendo di «rispettare il diritto di manifestare». Gli Stati Uniti ribadiscono il concetto: «Sosteniamo le proteste pacifiche». E commentano la politica del presidente Xi Jinping: «Pensiamo che sarà molto difficile per la Cina essere in grado di contenere questo virus attraverso la sua strategia zero-Covid». Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ammette di «capire» i manifestanti e il governo di Londra protesta per l'arresto del giornalista della Bbc, definendo «inaccettabili» le azioni della polizia cinese, che lo ha rilasciato sostenendo che non si fosse identificato come reporter e lo avrebbe portato via «per non fargli contrarre il Covid».

 

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Il mondo guarda alla Cina con preoccupazione e interrogativi sul futuro, a poche ore dalle più imponenti proteste di piazza da decenni, che hanno portato in strada migliaia di persone in diverse città del Paese, Pechino e Shanghai in testa, contro le durissime misure anti-pandemia imposte dal Partito comunista.

 

Il regime ha risposto ieri con imponenti misure di sicurezza, dai controlli serrati alle fermate della metropolitana nella capitale, dove i passanti sono stati interrogati per impedire i raduni, alle barricate di Shangai, dove gli agenti di polizia hanno obbligato i cittadini fermati a cancellare eventuali immagini delle proteste dai telefonini, pena l'arresto, passando infine per la censura alle discussioni on-line sulle proteste, inasprita sui principali social media come Weibo. Un copione che si è ripetuto anche a Hong Kong, dove la polizia ha disperso un gruppo di una ventina di giovani.

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Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, finge di non capire che la linea «zero Covid» del regime, con test di massa, quarantene e lockdown ha stremato i cinesi, dimostrandosi un fallimento che sta facendo esplodere insofferenza e rabbia. «Crediamo che con la guida del Partito comunista e il sostegno del popolo cinese, la nostra lotta contro il Covid-19 avrà successo», ha risposto ieri a chi chiedeva delle proteste.

 

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In realtà, il messaggio dei manifestanti, che in piazza gridavano «Libertà» e «Xi dimettiti», è arrivato forte e chiaro, tanto che la provincia dello Xinjiang ha allentato diverse restrizioni nella sua capitale, Urumqi, dopo l'incendio che ha provocato 10 vittime, a causa delle rigide norme contro la pandemia, scatenando l'ondata di proteste nel Paese. I residenti, che hanno subìto chiusure fino a 100 giorni, da oggi potranno viaggiare di nuovo in autobus per fare acquisti nei loro quartieri, hanno annunciato i funzionari, che hanno anche dato via libera alle consegne dei pacchi, anche se i lavoratori della logistica dovranno rimanere a «circuito chiuso» nei dormitori aziendali.

 

Un allentamento delle misure è invocato in tutto il Paese, dopo che la vita privata e il lavoro dei cinesi sono stati sconvolti dalla linea dura anti-Covid. I cinesi esausti delle chiusure tentano di aggirare la censura per organizzare raduni e scambiare opinioni, usando messaggi in codice come «buccia di banana» e «muschio di gamberi», che in lingua cinese suonano come il nome del presidente Xi e l'espressione «dimettiti».

 

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Ma il nodo su cui gli osservatori internazionali ora si dividono è: sopravviverà alle proteste la dittatura di Xi, il leader che si è fatto più potente di Mao, oppure le manifestazioni sono l'inizio della fine per il presidente che vuole restare al potere a vita?

 

Gran parte degli slogan urlati in piazza erano una richiesta di ritornare alla normalità pre-Covid. Eppure, per la prima volta in decenni, in maniera massiccia e diffusa, anche il regime è oggetto di contestazioni. Le restrizioni hanno scoperchiato rabbia e insofferenza covate dai cinesi. La pandemia ha fatto da detonatore. E le proteste, conseguenza da non sottovalutare, hanno fatto crollare ieri le borse cinesi. Xi dovrà decidere che strada imboccare. Ieri il regime ha combinato concessioni e repressione. La protesta potrebbe spegnersi o riaccendersi.

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