giorgia meloni giancarlo giorgetti

L'ASSE MELONI-GIORGETTI - È STATA GIORGIA A VOLERLO MINISTRO ALL'ECONOMIA, SFIDANDO IL VETO DI SALVINI. MA L'INIZIO È STATO DURO DOPO LA NOMINA DI UN VICE MINISTRO (MAURIZIO LEO), VISSUTA COME UN COMMISSARIAMENTO - PER VERIFICARE LA BONTÀ DELL'INTESA BISOGNERÀ PERÒ ATTENDERLI ALLA PROVA PIÙ DIFFICILE: IL VALZER DELLE NOMINE. NEL 2023 VANNO IN SCADENZA 67 SOCIETÀ PARTECIPATE DELLO STATO, TRA LE QUALI ENI, ENEL, FERROVIE, LEONARDO, POSTE. PER OGNI INCARICO SERVIRÀ LA FIRMA DI GIORGETTI E IL PLACET DELLA DUCETTA. A QUEL PUNTO SI VEDRÀ SE DURANTE LA DANZA RIUSCIRANNO A NON PESTARSI I PIEDI…

giorgia meloni in mimetica 1

Francesco Verderami per il Corriere della Sera

 

Scagli la prima manovra chi è senza peccato, chi non ha sbagliato una tabella, una norma, un maxi emendamento. Anche stavolta l'iter della Finanziaria è stato lastricato di buone intenzioni, di errori e di «cazz...» come riconosce un autorevole ministro battendosi il petto. 

 

Così anche Meloni ha dovuto sorbirsi le proteste che dall'opposizione rivolgeva ai suoi avversari, oggi pronti a farle la morale dopo essersi trovati nelle sue stesse condizioni. Ai tempi dell'ultimo governo Conte, per esempio, la legge di Bilancio fu approvata in extremis il 30 dicembre 2020. Ma a causa di una parte scritta male l'esecutivo dovette riunirsi poche ore dopo per scrivere un decreto e correggere la svista.

 

GIANCARLO GIORGETTI

Il caos che sta accompagnando il varo della manovra ha trascinato sul banco degli imputati la premier e il suo ministro dell'Economia, finendo però per oscurare l'intesa politica che si è creata tra i due. È vero, il rapporto è datato: Meloni andò a trovare riservatamente Giorgetti per complimentarsi con lui quando venne chiamato nella squadra di Draghi. 

 

Ed è stata Meloni a volerlo al governo, sfidando il veto di Salvini. Ma l'inizio è stato velato dal sospetto che il titolare di via XX Settembre ha nutrito dopo la nomina di un vice ministro all'Economia (Maurizio Leo, ndr): decisione vissuta come un commissariamento.

 

maurizio leo giorgia meloni

La questione pare sia stata superata dopo un colloquio in cui si sono detti le cose in modo molto franco, e adesso - assicura chi li frequenta dentro e fuori il Consiglio - «si fidano reciprocamente l'uno dell'altra». E l'uno dice ciò che l'altra pensa. Sulla Finanziaria hanno eretto un muro davanti alle richieste della maggioranza, perché come ha spiegato Giorgetti «non possiamo pensare di fare la voce grossa. Se sfasciamo i conti ci mandano a casa. Eppoi a marzo dovremo pensare a una nuova manovra». Così hanno fatto finta di dare quanto possibile, ma in realtà hanno deciso insieme di tenere da parte un piccolo gruzzoletto: un paio di miliardi. Poi si vedrà.

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

Raccontano persino che avrebbero evitato la norma sul Pos che ha scatenato le polemiche in Italia e i rimbrotti in Europa. Ma già avevano detto tanti no al leader della Lega e dunque si sono dovuti intestare l'ingloriosa retromarcia. Quanto al Mes, Giorgetti non ha trovato grandi resistenze nella premier: dopo Berlino, anche Roma darà il via libera. 

 

Per Meloni sarà come ingoiare un rospo e si sta studiando il modo per renderlo meno indigesto: magari con una mozione parlamentare di maggioranza che impegnerà il governo a ratificare lo strumento finanziario ma a non usarlo. Poi, per non dare troppo nell'occhio, Palazzo Chigi userà il treno di un provvedimento omnibus per inserire anche quel vagone. 

 

ENEL STARACE

Insomma per ora il draghiano e la (ex?) sovranista vanno che è un incanto. Per verificare la bontà dell'intesa bisognerà però attenderli alla prova più difficile: il valzer delle nomine, appuntamento previsto nei primi mesi del prossimo anno. Dal 31 dicembre vanno infatti in scadenza 67 società partecipate dello Stato di primo e secondo livello, tra le quali colossi come Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo, Poste. E il resto mancia. 

 

CLAUDIO DESCALZI OSPITE DI ATREJU

Sarà il gran gala del potere, al quale chi vuole partecipare si sta già preparando. Per ogni incarico servirà la firma del ministro dell'Economia e il placet della presidente del Consiglio e quel punto si vedrà se durante la danza riusciranno a non pestarsi i piedi. Intanto stanno «esercitandosi nelle prove», ce n'è il riscontro da fonti del governo. «Ma non potranno ballare da soli», avvisa un dirigente della maggioranza. 

 

Dario Scannapieco Matteo Del Fante

E tanto basta per capire che gli alleati sono all'erta e intenzionati a ricavarsi - ognuno con la propria quota parte - spazi per le loro indicazioni nelle nomine: «Perché questa è una partita che coinvolge le forze del centrodestra e che passa pure dal crocevia del Quirinale». Per Meloni sarà un'altra prima volta. E chissà se l'altro ieri, parlando dei poteri con cui deve confrontarsi, si riferiva anche al tourbillon di nomi che iniziano ad affollare le caselle dei Cda da rinnovare. 

 

luciano carta alessandro profumo foto di bacco

Sarà il momento in cui verrà saggiata la bontà del suo mantra: «Per me contano le competenze, non le provenienze». Stavolta non saranno consentiti errori, come sulla Finanziaria. Anche perché stavolta c'è più tempo.

 

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?