merkel juncker

E ANCHE LO ''SPITZENKANDIDAT'' SE LO SEMO LEVATO DALLE P**** (LA DEMOCRAZIA RINGRAZIA) - CON IL FLOP DI WEBER E TIMMERMANS, SALTA LA REGOLA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NOMINATO DAL PARTITO CHE HA PRESO PIÙ VOTI ALL'EUROPARLAMENTO. TORNANO IL MANUALE CENCELLI, LE RIUNIONI NOTTURNE E I RICATTI INCROCIATI. ENNESIMO SCHIAFFO AL PRINCIPIO DI RAPPRESENTATIVITÀ A BRUXELLES? SÌ, SE NON FOSSE CHE L'EUROPA ''DEMOCRATICA'' ERA GIÀ STATA UCCISA DALLA SCELTA DEL GRANDUCA DEI PARADISI FISCALI, JUNCKER

 

1. IMPASSE SULLE NOMINE, RINVIO AL 30 GIUGNO ESCONO DAI GIOCHI WEBER E TIMMERMANS

Marco Conti per ''Il Messaggero''

 

L'accordo sulle nomine non c'è e i Ventotto capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo hanno deciso di rivedersi il 30 giugno per cercare di trovare un'intesa sul presidente della Commissione che, al tempo stesso, si porta dietro il nome di colui che sostituirà Mario Draghi alla Bce, il presidente del Consiglio Ue e del Parlamento di Strasburgo. Una giornata intera di colloqui, con la coda del vertice notturno all'hotel Amigò, non sono bastati. Nuovo appuntamento a fine mese.

MERKEL JUNCKER1

 

L'OBIETTIVO

Ad annunciare il secondo tempo delle trattative è il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, aggiungendo che l'obiettivo è quello di chiudere la questione entro il 2 luglio, in modo da permettere al Parlamento europeo di votate il giorno dopo un presidente della Commissione in linea con l'accordo tra governi dei Ventotto.

 

Ciò che è unanimemente va in archivio è il criterio dello Spitzenkandidat, ovvero del principio in base al quale il candidato del partito che ha preso più voti alle elezioni europee viene proposto alla guida della Commissione di Bruxelles. La candidatura del popolare Weber va quindi in soffitta insieme a quella di Timmermans e Vestager che hanno preso meno voti del tedesco. I francesi continuano ad insistere di fare Barnier, il negoziatore Ue sulla Brexit, il successore di Juncker. Ma ciò aprirebbe la strada ad un tedesco alla guida della Banca centrale europea dopo l'addio in novembre di Mario Draghi, salutato ieri dalla standing ovation dei leader.

 

Di nomi ieri ne sono stati fatti molti nel dopo vertice, al tavolo del bar dell'Amigo intorno al quale, insieme a Conte, erano seduti il presidente francese Macron, la Cancelliera Merkel e il premier lussemburghese Bettel.

 

weber merkel

Nella rosa entrano due esponenti croati, il premier Andrej Plenkovic e la presidente Kolinda Grabar-Kitarovic, entrambi del Partito popolare europeo, per la presidenza della Commissione. E poi Dalia Grybauskaite, ormai ex presidente lituana, e la bulgara Kristalina Georgieva, Ceo della Banca Mondiale. In corsa anche il ministro degli esteri spagnolo Josep Borrel.

 

L'ITALIA

E l'Italia? Conte ha spiegato ieri che il nostro Paese sarebbe rientrato in gioco proprio perché è saltato il principio del candidato del gruppo che ha preso più voti il 26 maggio e quindi il tedesco Weber. La ricerca di una maggioranza in seno al Parlamento ruota però ancora intorno all'intesa tra Ppe, Partito socialista europeo e liberali. I due partiti della maggioranza, Lega e 5Stelle, sono in gruppi sovranisti ed euroscettici tagliati fuori dalla trattativa e ciò non aiuta.

 

FRANS TIMMERMANS

Il M5S sta con l'inglese Farage e la Lega con la francese Le Pen. La richiesta di una delega economica importante resta sul piatto, ma toccherà poi al presidente della Commissione trovare l'intesa. Nel frattempo a farla da padrone sono ancora una volta Francia e Germania. Della presidenza Bce non si è parlato anche perché i tempi sono più lunghi, ma la scelta che si farà sulla presidenza della Commissione avrà ricadute certe anche nella scelta di colui che guiderà per otto anni la politica monetaria dell'Eurozona dopo la stagione del quantitative easing di Draghi.

 

Se la Merkel rinuncia alla guida della Commissione spianando la strada al francese Barnier, è difficile che i tedeschi rinuncino alla Bce. Malgrado le resistenze francesi il nome del successore di Draghi potrebbe essere quello del presidente della Bundesbank Weidmann. Un falco che solo di recente sembra essersi piegato - c'è chi sostiene per opportunismo- a condividere l'azione dell'attuale presidente della Bce.

TIMMERMANS MAGLIETTA ROMA

 

In alternativa circolano i nomi dei finlandesi Rehn e Liikanen, rispettivamente governatore ed ex governatore, ma se andasse uno dei due per l'Italia sarebbe complicato spuntare un posto nel board della Bce. Contro Weidmann non c'è solo l'Italia ma tutti i paesi del Sud Europa e ciò potrebbe aiutare la Francia che ha ben due candidati: Benoit Coeurè e Villeroy de Galhau.

 

 

 

2. SPITZENKANDIDAT ADDIO, OVVERO L' ULTIMO RAGGIRO ALL' ELETTORE

Alessandro Rico per ''La Verità''

 

Lo Spitzenkandidat non è mica un piatto tipico bavarese. Molto di più: era lo strumento con cui l' Unione europea credeva di poter salvare la democrazia. Sarebbe il candidato guida, il candidato principale, il candidato di bandiera: quello che i partiti avevano indicato in campagna elettorale come il loro prescelto per la presidenza della Commissione Ue.

olli rehn

 

Lo scorso febbraio, il Parlamento di Strasburgo aveva approvato una risoluzione in sostegno di questo principio: ciascun partito europeo presenta agli elettori il suo presidente dell' esecutivo comunitario, così chi si reca alle urne, pur votando solo gli eurodeputati, indirettamente esprime il proprio endorsement per quel candidato. Insomma, un po' quello che succede in Italia alle elezioni politiche: i cittadini eleggono i deputati e i senatori, ma sanno già chi è il candidato premier del partito che scelgono. Antonio Tajani, presidente del Parlamento Ue, aveva commentato: «Dobbiamo rafforzare la democrazia europea scegliendo alle urne, non a porte chiuse, chi presiederà la Commissione».

 

Peccato solo che quel nobile principio, quell' ingegnoso stratagemma concepito per amore della democrazia, avesse lasciato piuttosto freddi parecchi leader europei. A cominciare da Emmanuel Macron, probabilmente consapevole che non aveva molto senso, per un gruppo parlamentare minoritario come il suo, sacrificare il nome di un esponente che invece poteva essere fatto rientrare dalla porta secondaria con gli accordi di palazzo. E, tutto sommato, neppure Angela Merkel era particolarmente entusiasta del metodo dello Spitzenkandidat.

MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN

 

Che, in un' intervista alla Stampa, ammetteva di aver accettato un po' controvoglia. Forse sapeva che, con un esito elettorale incerto e nell' eventualità di doversi accordare, come in effetti sarà, almeno con socialdemocratici e liberali, un candidato di bandiera non aveva alcuna possibilità di sopravvivere alle trattative. E al vertice tra capi di Stato dell' Unione, che si è tenuto l' altro ieri a Bruxelles, è successo esattamente questo.

 

Gli Spitzenkandidaten sono stati bruciati. Ciascun contendente si è irrigidito sul suo e l'«impulsività» di qualcuno, come ha commentato il premier italiano, Giuseppe Conte, ha fatto saltare il banco.

jens weidmann klaas knot andrea ceccherini ignazio visco

Ecco che fine ha fatto la brillante trovata degli eurocrati per far prosperare la democrazia all' interno di istituzioni sempre accusate di avere un rapporto alquanto difficile con i metodi democratici.

 

D' altronde, c' è da segnalare che i sostenitori del principio dello Spitzenkandidat ritenevano che tale strumento fosse stato utilizzato, con enorme successo, all' epoca della nomina di Jean-Claude Juncker.

Uno di cui si può dire tutto, tranne che avesse sia pure una parvenza di leader democraticamente legittimato. Anzi, il presidente uscente della Commissione europea, forse innervosito dai frequenti attacchi di «sciatica», ha trascorso le ultime settimane prima delle elezioni a minacciare gli elettori tentati dal voto sovranista. Più che Spitzenkandidat, «vi spiezzo in due».

 

MARIO DRAGHI E GIOVANNI TRIA

Adesso, la palla passa di nuovo agli intrallazzi, alle convergenze parallele, agli asti e alle simpatie personali, alle consultazioni compulsive del manuale Cencelli in salsa belga. Tutta roba buona per ispirare gli articoli dei giornalisti retroscenisti, ma che di democratico, almeno fintantoché per democrazia si intende l' idea di sottoporre al giudizio degli elettori un politico, ha poco a che vedere. Le urne hanno parlato, ma tutto si deciderà in una cena tra i leader che contano: cameriere, da mangiare uno Spitzenkandidat e da bere due flûtes di sciatica.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”