fabio de pasquale sergio spadaro vincenzo armanna piero amara

ARMANNA DAL CIELO - IL GRANDE ACCUSATORE DEL PROCESSO ENI-NIGERIA LAVORA PER UN’AZIENDA ESTERA RIVALE DEL CANE A SEI ZAMPE! LA NOTIZIA NON ARRIVA DA UN’INTERCETTAZIONE O DA UN REPORT DEI SERVIZI: LO HA RIVELATO PROPRIO LUI, OPPONENDOSI ALLE RICHIESTE DI ENI DI ACQUISIRE COPIA DEL CONTENUTO DEI SUOI CELLULARI! - IL MANCATO RICORSO DELLA PROCURA GENERALE IN CASSAZIONE È L’ENNESIMA PUNTATA DELLO SCONTRO INTERNO TRA LE TOGHE MILANESI…

1 - PROCESSO ENI, IL PG RINUNCIA AL RICORSO

Luca Fazzo per “il Giornale”

 

FABIO DE PASQUALE

La corruzione da parte di Eni di esponenti del governo nigeriano, il caso che ha portato la Procura di Milano a processare i vertici del colosso energetico di Stato, non è mai avvenuta.

 

A dirlo non sono gli avvocati difensori e neanche i giudici di primo o secondo grado, ma il massimo rappresentante dell'accusa nel capoluogo lombardo: il procuratore generale Francesca Nanni, che con un provvedimento depositato martedì ha comunicato ufficialmente la sua decisione di non presentare appello contro la assoluzione dei due uomini d'affari che per il pm Fabio De Pasquale erano stati il tramite della gigantesca tangente targata Eni.

vincenzo armanna

 

L'assoluzione dei due mediatori diventa così definitiva. E diventa un precedente quasi tombale per il processo a Claudio Descalzi e Paolo Scaroni, il numero 1 di Eni e il suo predecessore, già assolti in primo grado con formula piena e in attesa del giudizio d'appello.

 

Nel suo provvedimento, infatti, la pg Nanni non si limita a respingere l'invito del governo nigeriano - rappresentato dall'avvocato Lucio Lucia - ad impugnare in Cassazione l'assoluzione dei mediatori, ma affronta direttamente il cuore del processo, ovvero l'esistenza o meno della gigantesca corruzione ipotizzata dai pm: i due imputati andavano assolti perchè «non ci sono gli elementi per ritenere sussistente il fatto», e sia l'andamento che le conclusioni delle trattative tra Eni e autorità nigeriane per la concessione del giacimento Opl245 offrono un «significativo riscontro» alle tesi delle difese.

 

claudio descalzi

«Non sussiste alcuna prova - conclude la Nanni - di accordi illeciti»; «non si può dubitare che i manager Eni siano estranei alla condotta tipica del reato di corruzione». È una bocciatura esplicita delle tesi del pm De Pasquale, che ai processi sulle presunte tangenti Eni ha dedicato anni di lavoro, innescando un lungo e aspro braccio di ferro con i vertici dell'azienda e i loro agguerriti collegi difensivi.

 

FRANCESCO GRECO

Affossando l'inchiesta di De Pasquale, il provvedimento della Procura generale segna una nuova puntata dello scontro che lacera la magistratura milanese, e che ha portato De Pasquale e il suo collega Sergio Spadaro sotto procedimento penale a Brescia con l'accusa di avere occultato prove favorevoli alla difesa.

 

Proprio dalla gestione del processo Eni, d'altronde, scaturiscono le tensioni che hanno portato il pm Paolo Storari a consegnare a Piercamillo Davigo, allora membro del Csm, i verbali dello pseudopentito Pietro Amara sulla cosiddetta «loggia Ungheria». Per Storari, quei verbali facevano capire che l'avvocato Amara e il suo collega Vincenzo Armanna potevano essere dei pericolosi calunniatori, degli avvelenatori di pozzi inutilizzabili come testimoni d'accusa.

 

FABIO DE PASQUALE SERGIO SPADARO

Ma a De Pasquale invece Amara e Armanna servivano, perché proprio le loro dichiarazioni contro i vertici di Eni erano una delle travi portanti del processo per le tangenti nigeriane. Ora Armanna dovrebbe essere sotto inchiesta per calunnia, ma a condurre l'indagine dovrebbe essere la stessa procura che lo ha valorizzato per anni come teste d'accusa.

 

FRANCESCO GRECO

Situazione, come si vede, piuttosto paradossale. Sullo sfondo, due scadenze ravvicinate: l'addio alla Procura da parte del suo capo, Francesco Greco, che va in pensione tra dieci giorni. E il processo d'appello a Scaroni e De Scalzi, per i quali la Procura generale è chiaramente orientata a chiedere la conferma dell'assoluzione.

 

2 - ARMANNA LAVORA PER I RIVALI DELL'ENI NUOVO INTRIGO NEL PROCESSO OPL245

Alessandro Da Rold per “La Verità”

 

i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro -U43070110205349sDC-593x443@Corriere-Web-Sezioni

Vincenzo Armanna, il grande accusatore delle tangenti nel processo Opl245 (dove sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste), lavora per un'azienda estera rivale del Cane a sei zampe.

 

La notizia non arriva da un report dei servizi segreti o da un'intercettazione della Guardia di finanza in una delle numerose inchieste dove il manager siciliano è indagato. A rivelarlo è stato lo stesso Armanna.

 

Il 30 settembre scorso, infatti, l'ex dirigente licenziato dall'Eni nel 2013, ha deciso di inviare una mail da posta certificata a 2 toghe della Procura di Milano, il gip Anna Magelli e soprattutto il pm Laura Pedio, quest' ultima titolare di ben 2 procedimenti dove Armanna è coinvolto (il falso complotto e la calunnia nei confronti del suo ex avvocato Luca Santamaria).

FABIO DE PASQUALE

 

Nella missiva Armanna si oppone alle richieste di Eni di acquisire copia dei contenuti dei telefoni che gli sono stati sequestrati. «Sono qui ad evidenziare, scusandomi per la forma irrituale, che sono venuto a conoscenza dell'istanza delle difese del dottor Descalzi e del dottor Granata solamente tramite lanci di agenzia di stampa e che nessuna notifica mi è stata fatta.

 

ANTONIO DI PIETRO PIERCAMILLO DAVIGO FRANCESCO GRECO GHERARDO COLOMBO - POOL MANI PULITE

Mi oppongo fermamente all'acquisizione dell'intero contenuto della copia forense da parte delle altre difese poiché al suo interno sono presenti informazioni, chat e mail con i miei avvocati relative ai diversi procedimenti che mi vedono coinvolto e in particolare e non solo al presente procedimento».

 

Armanna si riferisce all'inchiesta, ancora aperta, sul falso complotto, quello che vede indagato anche l'avvocato Piero Amara (ora in carcere), suo sodale nel voler sfruttare il processo sul giacimento nigeriano come dimostrato in un video del 28 luglio 2014, pubblicato dalla Verità il 16 marzo scorso. Non va dimenticato che Armanna viene ancora considerato «attendibile» nel ricorso promosso dal pm Fabio De Pasquale contro l'assoluzione di primo grado contro tutti gli imputati nel processo Opl245. E questo nonostante sia considerata definitiva l'assoluzione dei due presunti intermediari Emeka Obi e Gianluca Di Naro.

claudio descalzi 3

 

Dopo essere stati assolti in appello perché il fatto non sussiste, la Procura generale ha deciso di non fare più ricorso in Cassazione. Di fatto, la rivelazione fatta da Armanna nella mail, potrebbe aprire nuovi scenari sui motivi dietro all'inchiesta sulla licenza di esplorazione per la quale, secondo l'accusa, sarebbe transitata una tangente da più di un miliardo di euro. Armanna lo scrive esplicitamente a Mangelli e Pedio.

 

francesco greco1

«Alcune informazioni contenute nel telefono» si legge «non inerenti al procedimento in corso, qualora divulgate a terzi potrebbero essere fonte di gravi danni alla mia professione e alla azienda per cui lavoro che in molti Paesi è concorrente dell'Eni». Non solo, aggiunge Armanna: «Altre informazioni contenute qualora divulgate sarebbero gravemente lesive della mia privacy e della privacy delle persone coinvolte».

 

Che cosa nasconde Armanna? Di certo, tra i vari protagonisti di cui si è parlato nel processo Eni-Shell, ce n'è uno che ha deciso di lavorare per un'azienda estera.

 

FABIO DE PASQUALE

È Antonio Vella, ex numero 3 dell'azienda di San Donato, dal febbraio del 2020 in forza ai russi di Lukoil: è responsabile del centro servizi, la direzione operativa per la logistica. Vella viene citato da Armanna e Amara nel video del luglio del 2014. Doveva essere lui ad aiutarli nell'acquisto dei blocchi onshore (a terra) di Eni in Nigeria.

 

Non va inoltre dimenticato che Vella e Amara sono indagati entrambi per insider trading a Milano dal 2019: secondo le indagini delle fiamme gialle il primo avrebbe inviato informazioni riservate al secondo per fare investimenti. Ma oltre a questo va anche citata un'altra azienda, che lavora all'estero, la Napag, che ha avuto un ruolo centrale in tutta l'inchiesta per traffico di petrolio iraniano sotto embargo. Amara e Armanna avevano interessi economici in Iran.

 

francesco greco e piercamillo davigo

L'avvocato è titolare anche di uno studio a Dubai e lo stesso ex manager Eni aveva lavorato in quelle zone, stringendo accordi non concordati con l'azienda. Tutti particolari che, dopo le rivelazioni nella mail, potrebbero riscrivere la storia del processo Opl245.

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