massimo d alema giuseppe conte enrico letta

BAFFO & POCHETTE E LETTA E' FATTO A FETTE - CONTE E D’ALEMA STANNO ASPETTANDO CHE PASSI IL CADAVERE DEL PD LETTIANO PER RICOSTUIRE UN NUOVO “CAMPO LARGO” - I DUE SI SENTONO AL TELEFONO DAL 2019, MA CHE SI DICONO? LA COPPIA SPARLA DI DRAGHI: “NON HA COMPRESO L'EMERGENZA, È LONTANO DALLE DIFFICOLTÀ DEI CITTADINI” - I DUE VOLPONI DELLA "GAUCHE DE POLLO" LAVORANO A "UN'AGENDA CONTE" PER COAGULARE I PARTITI DI SINISTRA (IL PD TORNERA' AGLI EX DS?) - MA ANCHE SULLA CINA LA PENSANO ALLO STESSO MODO?

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

MASSIMO DALEMA GIUSEPPE CONTE

Nell'archivio dei ricordi di questa legislatura feroce, c'è una fotografia. 2019, settembre inoltrato: Giuseppe Conte arriva alla festa di Articolo Uno. L'avvocato è sopravvissuto a sé stesso. È appena nato il secondo governo che porta il suo nome. La Lega di Matteo Salvini è naufragata nel mojito del Papeete, e al suo posto come partner del M5S sono subentrati il Pd e la sinistra.

 

MASSIMO DALEMA

Qualche grillino si lecca le ferite sovraniste. Per esempio, Luigi Di Maio: in quei giorni è ancora il teorico del «mai con i democratici». Il ministro, appena traslocato agli Esteri, ha subìto il matrimonio di interessi con loro. Ad accogliere Conte, in prima fila, ci sono Roberto Speranza e Massimo D'Alema. Il primo è da pochi giorni ministro della Salute. Il secondo sta per diventare uno dei principali confidenti politici dell'allora premier. Conte si sente a casa e dice: «Mi fido del Pd».

MASSIMO DALEMA

 

Esattamente tre anni dopo, tanti ruoli si sono capovolti. Di Maio corre in un seggio che gli ha lasciato il segretario dem Enrico Letta e se sarà eletto dovrà ringraziare quello che definì «il partito di Bibbiano». Tra Conte e il Pd il divorzio è stato rumoroso. E il primo non si fida più del secondo. L'avvocato, invece, non ha mai smesso di sentire e di confrontarsi con D'Alema. C'è una corrispondenza evidente tra i due ex premier, accomunati dallo stesso giudizio sul Pd, su Mario Draghi e sulla guerra in Ucraina.

MASSIMO DALEMA E L INTERVISTA SULLA CINA

 

Quando Conte era a Palazzo Chigi, le telefonate con D'Alema erano già abbastanza frequenti. Ma il legame si è fatto via via più solido, quanto più si allargava la distanza dai democratici e, ancora di più, dal presidente del Consiglio uscente. C'è anche un po' di D'Alema dietro l'operazione che ha reso Conte un volto attrattivo per l'elettorato più a sinistra.

 

massimo d 'ALEMA GIUSEPPE CONTE

Sicuramente c'è la sua benedizione, e il suo sostegno. Il presidente del M5S respinge l'idea che ci sia l'ex segretario del Pds dietro la sua strategia, ma non nega di sentirlo. «Certamente condividiamo lo stesso giudizio su Draghi» dice. Un giudizio che si è fatto meno sfumato, più netto e duro. Ecco, per esempio, cosa diceva l'altro ieri al telefono: «Draghi non ha compreso l'emergenza, e dimostra tuttora di essere lontano dalle difficoltà quotidiane dei cittadini. Prendiamo l'ultima conferenza stampa. Ha detto che tutto va bene, perché non siamo matematicamente in recessione? Con le bollette decuplicate?».

GIUSEPPE CONTE AL TELEFONO

 

Conte precisa che su Draghi ha mantenuto e manterrà la sua opinione sempre su un piano puramente politico. «Non ho mai voluto scendere sul personale, anche quando avrei potuto, come sulla famosa telefonata a Grillo».

 

La telefonata in cui, secondo il comico fondatore del M5S, il premier gli avrebbe suggerito di mettere alla porta Conte. A due mesi dalla crisi di governo che ha portato alla caduta di Draghi e al termine di una campagna elettorale che è stata rapida e sorprendente, Conte sente di dover rimettere in ordine i fatti: «Quando lo fermai sulle armi, in primavera, mi disse che volevo la crisi di governo. L'inflazione era già fuori controllo e lui sosteneva che era solo passeggera. Ha sbagliato i calcoli».

GIUSEPPE CONTE AL TELEFONO

 

Concetti che ha ribadito nuovamente ieri in tv, nelle stesse ore in cui Draghi veniva premiato e celebrato a New York, seduto accanto a personalità come l'ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger: «Non è con il prestigio, l'abbiamo ormai toccato con mano, e non è con un buon curriculum che si può governare un'emergenza energetica come questa, che adesso sta sfuggendo di mano».

 

giuseppe conte al telefono

Secondo Conte alcune soluzioni, come il tetto al prezzo del gas, andavano indicate molto prima. Alla radice però c'è una debolezza, spiega, che rende fragile tutto il sistema. «Va recuperata la politica, la dialettica tra i partiti e tra le idee».

 

È un argomento che sostiene da mesi e che trova perfettamente d'accordo D'Alema, per il quale Draghi rappresenta «una delle più grandi rovine dell'Italia» proprio perché nel suo paradigma - di tecnico, di uomo dell'eterna emergenza, di salvatore chiamato dai partiti fuori da sé stessi - vede l'umiliazione del Parlamento e la morte del primato della politica.

 

LETTA CALENDA MEME

Ma le affinità tra Conte e D'Alema sono anche su altro. I giudizi, quasi sovrapponibili, sulla guerra in Ucraina e sul rapporto di Draghi con gli Stati Uniti: «Completamente acquiescente e pedissequa a quella di Usa e Gran Bretagna» dice l'avvocato. Infine c'è il Pd.

 

Il passato («il campo largo» di Letta inondato di rancore reciproco, sempre a causa di Draghi e della sua caduta), il presente (la lotta all'ultimo voto con il M5S), il futuro, che dipenderà dai risultati di domenica. Se il Pd sarà sotto il 20%, se Conte sfiorerà il traguardo degli ex alleati: cosa succederà? Si apriranno scenari nuovi per la sinistra italiana, sostiene in privato D'Alema: la sinistra dei diritti dei lavoratori, dei poveri, del reddito minimo, della diplomazia sempre e comunque, la sinistra che dice di intravedere «più nell'agenda di Conte che nel Pd».

mario draghi meme dimissioni di draghi meme by grande flagello dimissioni di draghi meme by grande flagello ACCORDO LETTA CALENDA MEME

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)

2025agnoletti

CAFONAL ''AGNOLETTI & TORTELLONI'' – AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE, PER IL PARTY DI “JUMP COMUNICAZIONE” DI MARCO AGNOLETTI, EX PORTAVOCE DI RENZI, E "SOCIAL COM" DI LUCA FERLAINO, UNA MARIA ELENA BOSCHI IN MODALITA' PIN-UP SI PRESENTA CON LA SUA NUOVA FIAMMA, L'AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, CHE QUI È DI CASA (SUA SORELLA ELENA È LA COMPAGNA DI MALAGÒ, GRAN VISIR DEL CIRCOLO DELLA “ROMA BENISSIMO”) – UN GRAN MISCHIONE ALLA ROMANA DI DESTRA E SINISTRA E TIPINI INTERMEDI HA BRINDATO AL NATALE, STARRING: LUCIO PRESTA, PEPPE PROVENZANO, ANTONELLA GIULI, FITTIPALDI, ALESSIA MORANI, FAUSTO BRIZZI, PAOLO CORSINI, NELLO MUSUMECI, SIMONA SALA, ALBERTO MATANO, SALVO SOTTILE, MYRTA MERLINO E MARCO TARDELLI, MICHELA DI BIASE, ITALO BOCCHINO, LAURA TECCE CON VESTITUCCIO SBRILLUCCICANTE CHE NON AVREBBE SFIGURATO AL MOULIN ROUGE, GIORGIA CARDINALETTI IN LOVE... 

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...) - PREVOST: "MAI USARE INFORMAZIONI PER RICATTARE" (SI VEDE CHE L'INTELLIGENCE NON È IL SUO FORTE)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin valery zaluzhny

DAGOREPORT - ZELENSKY, FINITO NELLA TENAGLIA PUTIN-TRUMP E SOSTENUTO SOLO PARZIALMENTE DA UNA UNIONE EUROPEA BALCANIZZATA, CERCA LA MOSSA DEL CAVALLO PER SPARIGLIARE LE CARTE E SALVARE IL SALVABILE: PORTARE L’UCRAINA A ELEZIONI NEL GIRO DI 2-3 MESI. SAREBBE UNA VITTORIA DI PUTIN, CHE HA SEMPRE CHIESTO DI RIMUOVERE IL PRESIDENTE (DEFINITO “DROGATO”, “TOSSICOMANE”, “MENDICANTE”). IN CAMBIO “MAD VLAD” DOVREBBE ACCONSENTIRE A UNA TREGUA PER PERMETTERE IL VOTO, SOTTO ATTENTO CONTROLLO DEGLI OSSERVATORI OCSE – IN POLE POSITION L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE, VALERY ZALUZHNY. MA SIAMO SICURI CHE UN INTEGERRIMO GENERALE COME LUI SIA DISPOSTO A METTERE LA FACCIA SULLA RESA?