ursula von der leyen e giorgia meloni

BRUXELLES ACCETTERÀ LA RIFORMA DEL PNNR CHE HA IN MENTE LA MELONI? RINVIO A FINE ANNO DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL CODICE DEGLI APPALTI E FONDI DI COESIONE PER COPRIRE GLI EXTRA COSTI: DONNA GIORGIA PROVA A STRAPPARE IL SI’ DI URSULA VON DER LEYEN – LA MELONI, CHE PUNTAVA A UN RESET DEL PIANO, MIRA A STRAVOLGERE LA GOVERNANCE DEL PNRR METTENDO MANO ALLE UNITÀ DI MISSIONE NEI SINGOLI MINISTERI. UN MODO PER SCARICARE SU DRAGHI LA RESPONSABILITÀ DI ALCUNI RITARDI, CHE CERTO NON SARÀ GRADITO A MARIOPIO…

Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per la Repubblica

 

ursula von der leyen giorgia meloni al consiglio europeo

Posticipare a fine anno l'entrata in vigore del codice degli appalti. E trovare una soluzione per coprire i 25 miliardi di costi aggiuntivi dei progetti infrastrutturali contenuti nel Pnrr - questa è la stima informale dell'esecutivo - determinati dall'aumento dei costi delle materie prime. Sono alcuni dei principali obiettivi del governo, i capitoli più sensibili su cui l'esecutivo di destra deve provare a strappare il via libera di Bruxelles. È quello che proverà a fare Giorgia Meloni, durate il faccia a faccia di domani con Ursula von der Leyen.

 

Se c'è un incontro su cui la presidente del Consiglio sta investendo nelle ultime ore, è proprio quello che avrà a Palazzo Chigi con la presidente della Commissione europea. Un appuntamento che arriva dopo la visita di Meloni a Von der Leyen a Bruxelles, ai primi di novembre, che fu anche la prima missione ufficiale da premier. L'occasione, stavolta, è la presenza della politica tedesca nella Capitale per un evento in ricordo di David Sassoli.

 

URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI

Il nodo del Pnrr parte da lontano. Prima di approdare al potere, Meloni immaginava un reset radicale del Piano. Ma già durante la campagna elettorale, Bruxelles fece recapitare informalmente un messaggio: non c'è spazio per immaginare uno stravolgimento degli obiettivi fissati, ma è possibile ragionare di uno sfoltimento dei progetti. Se costano di più, insomma, si può ridurre l'elenco. Su questa base, procede in queste ore la trattativa tra la Commissione e il governo.

 

A dire il vero, da settimane Raffaele Fitto - che ha la delega al Pnrr - lavora sottotraccia per allargare il ventaglio di opzioni.

 

Soltanto le opere infrastrutturali impegnano circa 120 miliardi di euro. L'aumento dei costi delle materie prime è secondo stime ufficiose non inferiore al 20%. E causerebbe dunque spese aggiuntive per circa 24-25 miliardi. Una possibilità alternativa alla semplice riduzione del numero dei progetti che ha in mente l'esecutivo, allora, è quella di "spostare" alcune opere pubbliche sotto l'ombrello (e il finanziamento) dei fondi di Coesione, che garantirebbero anche tre anni in più per concludere i lavori. È una questione di costi e di tempi, insisterà il governo italiano con la Commissione. Ma accetterà Bruxelles questa possibile riforma del Pnnr?

 

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN

E non è finita qui. All'Italia, che ha già consumato tutti i fondi a debito per il Pnrr, non resta quasi nulla per il Repower Eu.

 

Chiederà quindi un'altra revisione: con i fondi eventualmente "risparmiati" dalla riduzione del numero di opere del Piano di Ripresa e Resilienza si potrebbero finanziare interventi del Repower, che punta a innovare nel campo energetico per liberare i Paesi Ue dalla dipendenza del fossile. Anche su questo punto, però, pesa il giudizio della Commissione, a dir poco cauta nell'immaginare particolari innovazioni progettuali o ritocchi sostanziali sulla destinazione delle risorse.

Il governo proverà inoltre a convincere Von der Leyen della possibilità di far slittare l'entrata in vigore del codice degli appalti da fine marzo alla fine dell'anno. Nel frattempo, Palazzo Chigi continua a lavorare al Pnrr anche in patria. I prossimi passaggi prevedono la relazione semestrale sull'andamento del Piano, che sarà tenuta a gennaio da Fitto alle Camere.

 

Subito dopo, sarà varato il decreto che punta a stravolgere la governance del Pnrr, anche mettendo mano alle unità di missione nei singoli ministeri. Non è un passaggio banale, perché mette in discussione il lavoro del governo guidato da Mario Draghi. 

DRAGHI MELONIgiorgia meloni ursula von der leyen 2

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....