mario draghi ursula von der leyen

A BRUXELLES È SCATTATO L’ALLARME ROSSO SULL’ITALIA – NEI PALAZZI DELLE ISTITUZIONI EUROPEE SI PARLA MOLTO DEI RISCHI PER IL NOSTRO PAESE, SE DRAGHI DOVESSE LASCIARE PALAZZO CHIGI IN ANTICIPO: LA NOSTRA CREDIBILITÀ È APPESA A “MARIOPIO”, E DI CONSEGUENZA LO SONO ANCHE I SOLDI DEL RECOVERY FUND-  IL RAGIONAMENTO CHE FANNO GLI “EUROCRATI” È: “COME PENSATE DI AFFRONTARE QUESTO PASSAGGIO COSÌ DELICATO DURANTE UNA CAMPAGNA ELETTORALE? COME PENSATE CHE SI POSSA RISOLVERE POSITIVAMENTE SE FATE A MENO DELLA PERSONA CHE HA RAPPRESENTATO LA GARANZIA DA PRESTARE ALL'UE?”

Claudio Tito per “la Repubblica”

 

mario draghi charles michel ursula von der leyen

Nei Palazzi dell'Ue è già scattato l'allarme rosso. Solo il rischio che in Italia si possa aprire una crisi di governo e che Mario Draghi venga sfiduciato non sta provocando solo fibrillazione. Soprattutto incredulità.

 

Così, mentre il Parlamento europeo ieri era impegnato a votare sulla cosiddetta Tassonomia, ossia sulla definizione di quali fonti energetiche possano essere definite "green" e quali no, il "Caso Italia" faceva di nuovo irruzione.

 

Una sorta di ritorno al passato. Perché la credibilità del nostro Paese corre in Europa costantemente su un crinale sottilissimo. Si tratta di una situazione con cui tutti devono fare i conti. E a Bruxelles i conti li fanno anche sul Recovery Fund.

 

URSULA VON DER LEYEN OLAF SCHOLZ MARIO DRAGHI

Gli spifferi di una crisi di governo che partono da Roma quando arrivano in Belgio, diventano tifoni. E si concentrano, appunto, proprio sui tanti soldi concessi all'Italia con il NextGenerationEu. Nel caso specifico tutto si sta amplificando per una coincidenza.

 

Che ancor di più mette in connessione la politica italiana e il Pnrr. Circa dieci giorni fa, infatti, il governo ha inviato una lettera ufficiale alla Commissione per annunciare di aver raggiunto nel semestre appena concluso tutti gli oltre 40 punti del Pnnr.

 

meme su Mario Draghi e il recovery plan

La risposta informale è stata positiva. Palazzo Berlaymont approverà nei prossimi giorni il test semestrale e stanzierà un'altra tranche di fondi: circa 24 miliardi di euro. Dietro queste consultazioni ufficiose c'è però un gigantesco «ma».

 

Che non autorizza nessuno a fare sonni tranquilli. Quel «ma» riguarda gli obiettivi del semestre in corso: quella da luglio a dicembre. Stavolta si tratta non di riforme o di procedimenti legislativi. Ma della messa a terra dei cantieri, opere concrete. Progetti veri e propri. La maggior parte dei quali ricadono sotto la responsabilità degli enti locali. Comuni, per lo più, e regioni.

MARIO DRAGHI URSULA VON DER LEYEN MEME

 

Una situazione che non solo la Commissione ha già iniziato a monitorare con apprensione ma che desta preoccupazione anche nel governo. «E come pensate - è il discorso che si fa negli uffici dell'esecutivo europeo rivolgendosi ai diversi interlocutori italiani - di affrontare questo passaggio così delicato durante una campagna elettorale? Come pensate che si possa risolvere positivamente se fate a meno della persona che ha rappresentato la garanzia da prestare all'Ue per i soldi del Recovery?».

 

Per capire la complicazione delle prossime "milestones", si deve tenere presente che anche Palazzo Chigi ha iniziato a studiare alcune possibili "facilitazioni" per aiutare i comuni più in difficoltà.

 

mario draghi ursula von der leyen 1

E sta valutando di trasmettere una sorta di "invito informale" a delegare - volontariamente - tutte le procedure a Invitalia, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell'Economia. E nel caso in cui questo non avvenisse, per i casi più spinosi, il governo potrebber ricorrere alla legge che prevede un potere sostitutivo.

 

Il nodo, dunque, che nella Ue molti iniziano a indicare si stringe esattamente sulla capacità dell'Italia di conseguire questi risultati nei prossimi sei mesi nel bel mezzo di una eventuale campagna elettorale e con un premier di transizione incaricato solo di condurre il Paese alle urne.

 

mario draghi ursula von der leyen

Ieri, ad esempio, durante la riunione del gruppo parlamentare più numeroso, il Ppe, un eurodeputato tedesco si è rivolto a un collega italiano con gli occhi sgranati: «Davvero state litigando su Draghi? In questa situazione? Proprio ora che non sappiamo cosa accadrà con la guerra e con il gas?». E la risposta è stata un remissivo allargare delle braccia.

 

Non solo. Il potente capogruppo popolare, il tedesco Manfred Weber, ieri nel suo intervento in aula ha confermato la linea di credito politico nei confronti del presidente del consiglio e ha, contro la linea tedesca, ha accolto la proposta del tetto al prezzo del gas: «Dobbiamo concentrarci sul compito più importante: il controllo dell'inflazione e la sicurezza energetica.

 

MARIO DRAGHI RECOVERY PLAN

Come primo passo io sostengo l'iniziativa di Draghi di imporre un tetto temporaneo ai prezzi che i Paesi europei sono disposti a pagare per il gas naturale russo».

Per di più circola nell'Europarlamento e nella Commissione un ulteriore cruccio. Che si basa su alcune previsioni, non rese pubbliche, secondo cui un eventuale blocco totale del flusso di gas dalla Russia, si ripercuoterebbe in modo particolare sulle economie dell'area Mediterranea.

 

ursula von der leyen consegna a mario draghi la pagella di bruxelles al recovery plan italiano 1

Insomma, l'Europa teme la crisi perché considera che l'Italia, in quel caso, possa tornare ad essere un fattore di debolezza per l'Unione. «Andiamo verso periodi in cui potremmo avere acque ancora più agitate di quelle che abbiamo adesso - è il messaggio non casuale del commissario europeo, Paolo Gentiloni - Tutto suggerisce di non agitare troppo la barca. Mi auguro che anche in Italia, come in altri Paesi, prevalga questo sentimento. In questo momento la stabilità è un valore da preservare».

mario draghi ursula von der leyen

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”