calenda meloni

CALENDA MOLLA IL PD AL SUO DESTINO DI JUNIOR PARTNER DEL MOVIMENTO 5 STELLE E SI PREPARA A FARE LA STAMPELLA DELLA MELONI CHE RISCHIA DI FINIRE SCHIACCIATA NELLA TENAGLIA SALVINI-BERLUSCONI - MATTIA FELTRI PERCULA CONTE IL QUALE PRETENDE CHE “VOLODYMYR ZELENSKY NEGOZI CON VLADIMIR PUTIN, MA GRIDA AL TRADIMENTO SE CALENDA NEGOZIA CON MELONI”

 

VOLODYMYR CALENDA

Mattia Feltri per “La Stampa”

 

CALENDA MELONI

La prossima settimana, Carlo Calenda sarà ricevuto a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni per discutere della manovra, e vedere se gli riesce di dare qualche buon suggerimento. Eccolo un indizio o persino una prova del prossimo inciucio, dell'opposizione stampella della maggioranza, della finta sinistra pronta al soccorso della vera destra e così via, perlomeno secondo le più sopraffine analisi.

 

Giuseppe Conte invece no, a Palazzo Chigi non ci va, perlomeno non da ospite, tantomeno ospite della terribile Meloni. Per lui, la manovra «apre una guerra» - e sottolineo guerra - senza scrupoli mossa ai poveri e agli ultimi. «La nostra battaglia», ha detto - e sottolineo battaglia - è appena cominciata.

 

Ora mi piacerebbe tanto avviare un bel pistolotto sui fondamenti della democrazia parlamentare, in cui l'opposizione è tale soltanto momentaneamente, finché non le sarà offerta l'occasione della rivincita, e in cui la provvisoria maggioranza non è un nemico cui dichiarare guerra e contro cui scendere in battaglia.

 

calenda meloni

Mi piacerebbe avviarlo il pistolotto sull'obiettivo comune - il bene del Paese chiamati a perseguire - e soltanto che alcuni pensano che il bene sia raggiungibile per di qui e altri per di là e magari, se ci si parlasse, si troverebbe insieme la strada migliore. Vorrei tanto, ma farei la figura del cretinetti, di quello domiciliato sulla nuvoletta di una favola, e poi sento ben altra urgenza sgorgarmi dal petto, a proposito di guerre e battaglie, ossia l'urgenza dell'estasi davanti a chi pretende che Volodymyr Zelensky negozi con Vladimir Putin, ma grida al tradimento se Calenda negozia con Meloni.

 

2 - IL TERZO POLO CERCA LA PREMIER INSIDIANDO I SUOI ALLEATI

Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

calenda meloni

Leggere il dialogo in embrione tra Giorgia Meloni e Carlo Calenda come un'operazione che spacca le opposizioni appanna la prospettiva. In realtà, tra la premier e il leader di Azione e del cosiddetto Terzo polo sono in atto prove di convergenza destinate a mostrare e insieme riparare le crepe nella maggioranza. Meglio, a evitare che le frustrazioni di FI o della Lega possano mettere in crisi il governo di destra. Parlare di Calenda come alleato di riserva è prematuro, ma l'avvicinamento sembra oggettivo.

 

D'altronde, pur essendo in coalizione col Pd in alcune elezioni regionali, Calenda addita l'asse con il M5S come futuro al quale sarebbe condannato il partito di Enrico Letta.

Dunque prefigura percorsi che si separano anche dopo il voto del 25 settembre. In più, la scelta di Azione di appoggiare Letizia Moratti, transfuga del centrodestra, in Lombardia, evoca una «scalata ostile» a FI e Lega: i due alleati «indispensabili» a Meloni.

 

Calenda, al momento, dice di non essere pronto al sì alla manovra del governo.

salvini meloni letta calenda cernobbio

Non aggiunge l'avverbio «ancora», ma viene da pensare che sia implicito. L'incontro che la premier e il capo di Azione hanno in programma la settimana prossima magari non evoca «un inciucio», come lo bollano le altre opposizioni.

 

Ma non pare nemmeno il semplice atto da «opposizione responsabile» accreditato dalla presidente Mara Carfagna. Il problema di Meloni è duplice. Deve fare i conti con un Silvio Berlusconi non rassegnato alla sua leadership; e con un Matteo Salvini che, pur perdendo consensi o forse per questo, fa il premier-ombra.

 

Non si può prevedere se e quando uno dei due sarà tentato di disarcionarla. Ma la tensione è palpabile, e il virtuale appoggio di un pezzo di opposizione depotenzia le minacce alleate.

TAJANI SALVINI MELONI LETTA CALENDA A CERNOBBIO

 

La seconda questione è che FdI ha bisogno di una maggiore copertura moderata: in Europa e in Italia. Il voto col quale ieri al Parlamento Ue conservatori e ultradestra hanno votato a favore dell'Ungheria contro il blocco dei finanziamenti deciso dall'Europa, conferma affinità politiche ingombranti: anche perché Orbán è il premier più filorusso anche dopo l'aggressione all'Ucraina. Per Meloni, atlantista senza esitazioni, questo distinguo, pur coerente con la sua linea di sempre su Orbán, può diventare una contraddizione.

 

Tanto più che mercoledì tutto il centrodestra europeo ha votato la mozione sulla Russia «sponsor del terrorismo»: a differenza dei grillini che si sono astenuti e del «no» di alcuni del Pd. Avere una sponda non sospetta né di euroscetticismo né di filoputinismo, come Azione, è una sorta di investimento nel Parlamento italiano. E, forse, una futura protesi moderata a livello europeo.

MATTIA FELTRI

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