trump parler

LA CENSURA CHE PIACE: IMBAVAGLIARE TRUMP A TUTTI I COSTI - APPLE E GOOGLE RIMUOVONO DAGLI STORE L’APP DI “PARLER”, IL SOCIAL NETWORK  DOVE SI ERA “RIFUGIATO” TRUMP (CHE ORMAI E’ UN SOCIAL-APPESTATO DOPO ESSERE STATO CACCIATO DA FACEBOOK E CENSURATO D TWITTER) - GODERE OGGI PER IL SILENZIO IMPOSTO AL TYCOON, SIGNIFICA RITROVARSI DOMANI I GRUPPI HI-TECH A CONTROLLARE IL DIBATTITO PUBBLICO (E TANTI SALUTI ALLA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE)

Da https://www.tgcom24.mediaset.it

 

TRUMP BANNATO DAI SOCIAL

Dopo Google anche Apple rimuove Parler, il Twitter della destra, dal suo App Store. La decisione è legata al fatto che Parler non ha preso le misure necessarie affrontare i discorsi di odio e violenza. "Abbiamo sostenuto che i diversi punti di vista dovessero essere rappresentati sull'App Store, ma non c'è spazio sulla nostra piattaforma per violenza e illegalità". "Parler non ha preso le misure adeguate per affrontare il proliferare di queste minacce". "Parler non ha preso le misure adeguate per affrontare il proliferare di queste minacce sulla sicurezza della gente"., recita una nota ufficiale di Apple.

 

team trump censurato da facebook

Scacciato da Facebook e censurato d Twitter, Donald Trump si era rifugiato su Parler, aveva riferito l'anchor "amico" della Fox, Sean Hannity. "Ho visto che il presidente ha un account. Almeno c'è un posto per lui. Ed è un bene perché altrove lo stanno censurando", aveva detto Hannity, riferendosi all'alternativa senza censure a Twitter su cui si sono spostati molti seguaci del presidente uscente e la stessa figlia Ivanka.

 

2 - L'ODIO TRUMPIANO EMIGRA SU PARLER. E LE PIATTAFORME SI ALLARMANO

Raffaella Menichini per www.repubblica.it

 

donald trump twitter

Gli eventi di Capitol Hill hanno provocato una deflagrazione nel mondo dei social network, con l'ultimo e clamoroso atto della cancellazione dell'account di Donald Trump su Twitter. Nelle ultime 24 ore sui social si discute ormai quasi solo del se e quanto la scelta sia stata tardiva o controproducente, illiberale o inevitabile, principio di una nuova era di "censura" o fine di un'epoca di strumentalizzazione delle piazze digitali pubbliche da parte di personalità potenti e apparentemente intoccabili.

 

Il primo esito concreto, però, è stata la corsa di adesioni, e di allarme, verso un piccolo e fino a pochi mesi fa oscuro social che si candida a dare voce al radicalismo americano, e non solo. Parler è diventato fin da prima delle elezioni la voce dei trumpisti duri e puri che Twitter cominciava discretamente a silenziare e Facebook ad attenzionare: il social-fotocopia di Twitter (senza la moderazione su linguaggio razzista, sessista, incitamento all'odio e alla violenza), semplice e adatto a chi non si voleva addentrare nei più criptici ambienti di Telegram, 4Chan e Reddit dove pure continua a fiorire la comunicazione dell'estrema destra e del suprematismo bianco.

TRUMP SU PARLER

 

Non si sa se anche Donald Trump sia emigrato sul social fondato nel 2018 da due informatici, John Matze e Jared Thomson, compagni di scuola in Colorado. La presenza di un account del presidente è stata segnalata proprio su Parler dal suo fedelissimo consigliere-ombra, l'anchor di Fox News Sean Hannity.

 

Nel frattempo Trump ha cercato di twittare dall'account ufficiale della presidenza, @potus, proprio protestando contro la "censura" del social, e dopo pochi minuti Twitter ha cancellato i post perché aggiravano le regole del bando che impediscono agli individui bloccati di usare altri account. Twitter ha continuato a rincorrere l'irato presidente quando ha provato a usare @teamtrump: post cancellati e account bloccato. Una vera caccia all'uomo.

donald trump parler

 

Se Trump decidesse di cominciare a "parler" dal nuovo social, potrebbe ritrovare i suoi fedelissimi ma un social già nei guai. In questo caso il "deplatforming" (ovvero la cancellazione dalla piattaforma) sta avvenendo a monte: sono le stesse Google e Apple, da dove le app dei social network vengono scaricate, che ora non vogliono la responsabilità di far circolare il discorso d'odio che ha incendiato Washington il 6 gennaio.

 

E così Google ha eliminato Parler dal suo "negozio" di app Play, e Apple ha dato a Parler 24 ore di tempo per garantire l'intervento di una moderazione sui post. Circolano già tutorial per aggirare il blocco, ma di certo il giovane social del Colorado è ora sotto la lente d'ingrandimento e l'Fbi lo sta spulciando a caccia di immagini che aiutino a individuare i responsabili del saccheggio di Capitol Hill.

 

IL SOCIAL PARLER

Perché i social sono una vera miniera di autodenunce (spesso involontarie e pure goffe), con gente che si riprende mentre distrugge le finestre, ruba il podio della presidenza (ricercato), mette tronfio i piedi sulla scrivania di Nancy Pelosi e le sottrae la posta (arrestato).

 

Con una mossa abbastanza inedita la polizia metropolitana di Washington DC ha diffuso 26 pagine di foto segnaletiche digitali tratte dalle immagini postate sui social per aiutare a rintracciare i vandali. Siti di investigazione come Bellingcat e gruppi specializzati su Reddit stanno facendo un grosso lavoro di raccolta di informazioni con tanto di fogli di excel aperti alle segnalazioni.

 

parler

Nella furia della rimozione, però, alcune piattaforme come Facebook e Youtube potrebbero rendere difficile proprio questo lavoro di ricostruzione e per le forze dell'ordine occorrerà seguire la procedura di richiesta di apertura degli archivi digitali per recuperare le prove, rinunciando a tutto il lavoro di citizen journalism che si sta svolgendo in queste ore in loro aiuto. Così come non è chiaro che fine faranno, come e quando saranno accessibili i tweet di Trump: anch'essi, soprattutto nelle ultime settimane, possibili prove di un crimine.

 

L'ultima teoria del complotto che circola in queste ore su Parler è che la polizia del Congresso - sotto accusa per non essere intervenuta contro gli assalitori e anzi averli fatti passare tranquillamente - dipendendo da una sindaca democratica abbia pianificato di "attirare" i manifestanti all'interno per poi addossargli la colpa del saccheggio.

 

Peccato che le prove dell'esistenza di un piano di attacco violento a Capitol Hill fossero presenti sulle chat della destra già da giorni e a tutt'oggi circolano e si moltiplicano appelli alla mobilitazione per il 20 gennaio (già a partire dal 19), giorno del giuramento di Joe Biden e Kamala Harris.

 

trumpiani scatenati

Ma continuano a circolare indisturbati anche attacchi violenti ormai non più solo ai democratici ("doveva finire così", titola un meme su Parler con l'immagine di Biden e Pelosi in ginocchio bendati davanti a un uomo che gli punta addosso un fucile), ma anche ai repubblicani "rei" di aver tradito Trump e i suoi reclami infondati sulle "elezioni rubate". Sotto accusa il vice presidente Mike Pence, il capo della maggioranza al Senato Mitch McConnell, persino un fedelissimo come Lindsey Graham che infatti in aeroporto ha rischiato il linciaggio: come gli altri, condannato pubblicamente alla gogna dallo stesso Trump che di lui aveva appena twittato "Tutte chiacchiere quando non serve, che truffatore".

 

La spirale d'odio sembra infinita, e la storia delle piattaforme tech insegna che l'odio è il motore più potente di espansione dei contenuti, e dunque dei profitti. Tutti se ne sono avvantaggiati finora e adesso non stupisce che lo faccia Parler: "Io non mi sento responsabile per nulla di tutto questo - dice ora il Ceo John Matze, intervistato da Kara Swisher del New York Times - e neanche la piattaforma lo è, visto che siamo una piazza neutrale che obbedisce alla legge. Se la gente organizza qualcosa, vuol dire che è arrabbiata. Si sentono traditi. Hanno bisogno di leader che fermino questo odio di parte. Hanno bisogno di riunirsi e discutere, in un posto come Parler".

TRUMP SU PARLER

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