luigi di maio marcello de vito davide casaleggio virginia raggi beppe grillo

CINQUE STELLE CADENTI – FITTIPALDI: L’ARRESTO DI DE VITO È UNO SPARTIACQUE E SEGNA IL DEFINITIVO TRAMONTO DEL MITO DELL’ONESTÀ, CHE ERA L’ULTIMO TOTEM RIMASTO DALLE ORIGINI – PERCHÉ CASALEGGIO E DI MAIO NON HANNO VOLUTO DARE RETTA A GRILLO, CHE NEL 2016 VOLEVA SCARICARE LA RAGGI? LO SCANDALO PARNASI-LANZALONE RISCHIA ORA DI TRASCINARE ENTRO L'ESTATE LE 5 STELLE NELLA POLVERE...

Emiliano Fittipaldi per https://espresso.repubblica.it

 

MARCELLO DE VITO E VIRGINIA RAGGI

Era fine dicembre 2016 e Beppe Grillo l’aveva capito: se il Movimento Cinque Stelle voleva brillare ancora a lungo nel cielo della politica italiana e non trasformarsi in una cometa che passa e scompare, era necessario un sacrificio. Cioè abbandonare Virginia Raggi e l’amministrazione grillina del Campidoglio al loro destino.

 

MARCELLO DE VITO A REGINA COELI

Il fedelissimo della sindaca Raffaele Marra era stato appena arrestato per corruzione e il comico aveva riunito i capi dell’allora direttorio all’Hotel Forum. «Qui non si tratta solo di Marra. Se non togliamo subito il simbolo alla Raggi la Suburra romana ci ingoierà vivi. Tutti noi. Non siamo pronti per governare dentro il Gra», ragionava Grillo.

 

beppe grillo virginia raggi

Mentre leggeva la bozza del post con cui annunciava che Virginia sarebbe stata privata del simbolo del partito, Roberto Fico, Paola Taverna, Roberta Lombardi e Alessandro Di Battista ascoltavano, annuendo con la testa. A fine riunione la decisione era presa. Invece, non se ne fece nulla. Davide Casaleggio, Luigi Di Maio e il ras della comunicazione Rocco Casalino si opposero. Spiegando a Grillo che perdere il comune appena conquistato sarebbe stato esiziale e che per salvare Raggi da se stessa sarebbe bastato mandare consulenti e avvocati di loro fiducia e di comprovata moralità.

di maio con paola taverna

 

A oltre due anni da quella sera è chiaro chi aveva torto e chi aveva visto giusto. La palude romana, che ha prima inghiottito il centrodestra di Gianni Alemanno e poi invischiato il Pd nei miasmi di Mafia Capitale, rischia di annichilire - a poche settimane dalle elezioni europee - un movimento già in caduta libera.

 

Marcello De Vito e la morte del mito dell'onestà del Movimento 5 Stelle

luigi di maio casaleggio di battista casalino

L'arresto per corruzione del presidente dell'assemblea capitolina è un duro colpo all'immagine costruita negli anni dai pentastellati a colpi di selfie e foto discutibili. E la sua espulsione non basterà a riconquistare l'innocenza perduta

 

L’arresto per corruzione del presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, e del suo sodale Camillo Mezzacapo, avvocato e “procacciatore” di tangenti dai palazzinari romani (onnipresenti nella storia, anche giudiziaria, della città) è uno spartiacque. Perché segna il tramonto definitivo del mito dell’onestà, totem fondante del grillismo, core business della sua propaganda ?e del successo nelle urne.

MARCELLO DE VITO ROBERTA LOMBARDI

 

Se il potente Raffaele Marra era formalmente un dirigente esterno al partito («è solo uno dei 23 mila dipendenti del Comune», disse senza ironia Virginia); e se Luca Lanzalone, il Mr Wolf della giunta arrestato un anno fa a causa di presunte mazzette intascate per velocizzare l’iter dello Stadio della Roma, fu spacciato dai comunicatori della Casaleggio come un semplice consulente della sindaca, De Vito è invece un grillino doc. Uno dei fondatori del partito nella Capitale, presidente dell’Assemblea, e nel 2016 strafavorito candidato sindaco delle “comunarie” grilline: De Vito fu poi sacrificato al ruolo di numero due solo perché Gianroberto Casaleggio e Rocco Casalino decisero di puntare sulla più giovane, e più fotogenica, consigliera Raggi.

 

beppe grillo con roberto fico e virginia raggi

«Noi siamo puliti, non saremo mai come gli altri», è il refrain protestatario che ha portato un anno fa il M5S a diventare il primo partito italiano. «Loro dei ladri, noi diversi geneticamente», il claim usato per giustificare ogni scivolone, ogni ingenuità, ogni incompetenza nel governo e nella gestione del potere.

 

VIRGINIA RAGGI E RAFFAELE MARRA

Ora, come un mago che sbaglia gioco di prestigio, lo tsunami giudiziario ha rotto un incantesimo a cui credevano sempre meno spettatori. Le intercettazioni di De Vito («I soldi? Dividiamoceli subito!») più ancora dei crimini contestati permetteranno agli avversari politici di affermare, senza timore di essere smentiti, che i grillini «sono uguali agli altri». Forse peggiori: perché all’incompetenza manifesta sembrano unire dinamiche illecite simili a quelle della Casta della Prima Repubblica.

 

Con appetiti reconditi che appaiono, a volte, persino più avvilenti: se il tetto massimo dei due mandati fu voluto da Grillo per evitare che il potere corrompesse i cuori puri dei suoi portavoce, oggi quello stesso vincolo suggerisce a Mezzacapo e De Vito di arraffare tutto e subito. «Noi, Marcè, dobbiamo sfruttarla ’sta cosa secondo me: guarda, ce restano due anni». Poi, preso quello che si può, «tutti al fiume a pescare» e godersi «il prepensionamento dignitoso».

 

marcello de vito 18

È un fatto che l’anima del M5S s’è annerita a causa della cloaca romana, che livella verso il basso ogni forza politica che prova a governarla. Ma anche fuori dal corrotto Sistema Roma, il movimento ha via via ammainato le sue bandiere. I termini «tangenti», «arresti», «traffico di influenze», «faccendieri», «avviso di garanzia» caratterizzano i faldoni della procura del capoluogo laziale, ma recentemente i pm di Torino hanno indagato per estorsione anche l’ex portavoce di Chiara Appendino, Luca Pasquaretta, mentre la vicenda di Giulia Sarti, caratterizzata da finti rimborsi e guerre intestine combattute con immagini porno, ricatti incrociati e denunce false, esplicita plasticamente la crisi di una forza che si annunciava invece come «nuova e trasparente».

maria leitner danilo toninelli by osho

 

Al netto delle inchieste giudiziarie e degli scandali di provincia, è un fatto che dopo la travolgente vittoria che ha portato i grillini a Palazzo Chigi gli errori sono stati troppi, e troppo ravvicinati. Le conseguenze politiche, dunque, inevitabili. La selezione della classe dirigente è stata e resta approssimativa, non solo per la presenza di faccendieri e consulenti calati dall’alto (Lanzalone, per esempio, fu chiamato perché vicinissimo ai ministri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro) ma anche perché il M5S privilegia sistematicamente l’appartenenza e la fedeltà: le promozioni governative di personaggi come Danilo Toninelli o Laura Castelli, per citare i ministri specializzati in gaffe, sono figlie di logiche di cooptazione. Decise dal cerchio magico di Di Maio e di Casaleggio, veri padroni di un partito che - come indica il nuovo statuto - resta non scalabile, e dunque ontologicamente non democratico.

laura castelli

 

I Cinque Stelle, in un solo anno di governo, hanno rinunciato a quasi tutte le loro caratteristiche originarie: all’uno vale uno non credono nemmeno gli attivisti più ferventi, la trasparenza degli streaming è stata sostituita dagli accordi segreti su nomine e poltrone, le promesse elettorali (vedi Tav, Ilva, Tap) sono state sacrificate sull’altare della realpolitik e la battaglia contro i privilegi della Casta immolata all’alleanza con Salvini, salvato dal processo per sequestro di persona con l’odiata immunità votata dai grillini.

 

LUIGI DI MAIO E DAVIDE CASALEGGIO

Restava l’onestà. Che però, dopo l’arresto del presidente De Vito, sembra non andare più di moda nemmeno a casa Casaleggio. Un dramma politico, per un movimento che ha basato la sua comunicazione e il marketing elettorale sulla correttezza e la rettitudine. «Ora i nostri consensi precipiteranno sotto la soglia del 20 per cento», si lamenta un uomo della macchina del consenso. Fosse vero, i Cinque Stelle potrebbero davvero diventare meteore. Con effetti sul governo e - a medio termine - sull’intero scenario politico italiano.

LANZALONE E LUIGI DI MAIOROCCO CASALINO LUIGI DI MAIOlaura castelli 4LUCA LANZALONE BEPPE GRILLO E VIRGINIA RAGGIlaura castelli 5marcello de vito 24LUCA LANZALONE LUCA LANZALONE virginia raggi marcello de vitomarcello de vito 1marcello de vito 22marcello de vito 23marcello de vito 3marcello de vito 2marcello de vito 20

Ultimi Dagoreport

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA? 

vincent bollore john elkann andrea pignataro

CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani

DAGOREPORT - MALGRADO UN’OPPOSIZIONE SINISTRATA E SUPERCAZZOLARA, L’ESTATE DELLA DUCETTA È  MOLESTATA DA BRUTTI PENSIERI - SE IN EUROPA CERCA DI DEMOCRISTIANIZZARSI, IN CASA LA MUSICA CAMBIA. SE PRENDE UNA SBERLA ALLE REGIONALI D’AUTUNNO, LA PREMIER TEME CHE UNA CADUTA POSSA TRASFORMARSI NELL’INIZIO DELLA FINE. COME È ACCADUTO AL PD DI RENZI, ALLA LEGA DI SALVINI, AL M5S DI DI MAIO. DI COLPO, DALL’ALTARE ALLA POLVERE - ECCO IL PESANTE NERVOSISMO PER LE CONTINUE “STONATURE” DEL TROMBONISTA SALVINI, CHE VEDE LA SUA LEADERSHIP MESSA IN PERICOLO DAL GENERALISSIMO VANNACCI. OPPURE QUELLE VOCI DI UN CAMBIO DI LEADERSHIP DI FORZA ITALIA, STANCHI LOS BERLUSCONES DI VEDERE TAJANI COL TOVAGLIOLO SUL BRACCIO AL SERVIZIO DELLA SORA GIORGIA. OCCORRE UN NUOVO MARINAIO AL TIMONE PER CAMBIARE ROTTA: ETTORE PRANDINI, PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI? - QUESTA È LA CORNICE IN CUI SI TROVA OGGI IL GOVERNO MELONI: TUTTO È IN MOVIMENTO, NULLA È CERTO…