fyodor dostoyevsky putin

I COGLIONI SO’ SEMPRE IN AZIONI: USANO LA LETTERATURA COME PROPAGANDA - GLI INTELLETTUALI VICINI A PUTIN RISCOPRONO GLI SCRITTORI RUSSI PIU’ “UTILI” A DIFFONDERE LE IDEE DEL CREMLINO - ALEKSANDR PUSHKIN, CONSIDERATO IL PADRE DELLA LETTERATURA RUSSA, PRESENTAVA GLI UCRAINI COME “SANGUINARI” E INSULTAVA E MINACCIAVA L'EUROPA CHE SI SCHIERAVA DALLA PARTE DEI POLACCHI RIBELLI CON PAROLE CHE SEMBRANO USCITE DAL TELEGRAM DELL'EX PRESIDENTE DMITRY MEDVEDEV - FYODOR DOSTOYEVSKY E LA SUA IDEA CHE “L'EUROPA NON CI AMA MAI, ANZI, NON CI SOPPORTA” – E IN UCRAINA VOGLIONO LIMITARE E CANCELLARE GLI AUTORI RUSSI…

Anna Zafesova per “La Stampa”

Lev Tolstoy

 

La centralissima piazza di Lev Tolstoy a Kyiv potrebbe presto cambiare nome: un referendum online cui hanno partecipato milioni di cittadini ha scelto per la stazione della metropolitana omonima il nuovo nome di Vasyl Stus, un poeta dissidente morto per uno sciopero della fame in una prigione sovietica. Pushkin, Lermontov e Tolstoy vengono smantellati in massa dai piedistalli dei monumenti e dalle targhe con i nomi delle vie delle città ucraine, mentre una commissione ministeriale sta cancellando praticamente tutti gli autori russi dal corso di letteratura straniera, sostituendoli con i classici europei.

Volodymyr Yermolenko

 

"Guerra e pace" non potrà più trovare spazi nella didattica in quanto «opera che glorifica la potenza militare russa», ha annunciato qualche settimana fa il viceministro dell'Istruzione Andriy Vitrenko. Diverse regioni - tra cui la tradizionalmente russofona Odessa - hanno già cancellato corsi facoltativi di letteratura russa, e il ministero ora propone di ricollocare perfino autori russi di origine ucraina come Gogol nei corsi di letteratura nazionale.

Una "purga" che fa gridare Mosca alla "cancel culture", e Vladimir Putin e i suoi propagandisti non perdono occasione di denunciare una campagna «russofoba».

 

Aleksandr Pushkin

Il filosofo ucraino Volodymyr Yermolenko però respinge le accuse, e su Foreign Policy firma un saggio - "From Pushkin to Putin: Russian Literature' s Imperial Ideology", da Pushkin a Putin, l'ideologia imperiale della letteratura russa - nel quale lancia un dibattito finora impossibile. I classici russi, un Pantheon di intoccabili, si rivelano «pieni di discorsi imperialisti, romanticizzando la conquista e la crudeltà, e tacendo delle conseguenze». Il poeta romantico Mikhail Lermontov viene bocciato per aver raccontato le guerre del Caucaso con stereotipi colonialisti e razzisti sul «cattivo ceceno».

 

Aleksandr Pushkin, considerato il padre della letteratura russa, presenta gli ucraini come «sanguinari» nel poema "Poltava", e in "Ai calunniatori della Russia" insulta e minaccia l'Europa che si schiera dalla parte dei polacchi ribelli con parole che sembrano uscite dal Telegram dell'ex presidente Dmitry Medvedev.

 

Fyodor Dostoyevsky

Ma il premio al nazionalismo letterario va a Fyodor Dostoyevsky, il classico che più di chiunque altro aveva teorizzato lo scontro inevitabile tra Russia ed Europa, l'autore che bisogna leggere per "diventare russi", teorizza sul Kommersant lo storico Dmitry Razumov. La studiosa dello scrittore Lyudmila Saraskina ricorda la sua idea molto putiniana che «l'Europa non ci ama mai, anzi, non ci sopporta... l'unica cosa che non può non riconoscere è la nostra forza».

 

Lo scrittore teorizza l'esistenza di una «anima russa» che dovrà svolgere una «grande missione», e riserva parole di disprezzo verso i «popolini slavi» che «calunnieranno la Russia» mentre «cercheranno i favori degli europei»: sembra la propaganda del Cremlino di oggi. Ovviamente il discorso di Dostoyevsky è complicato e contraddittorio: invocava anche l'Europa come «seconda madre» ed era contrario a portare i popoli slavi sotto lo scettro russo con la forza.

 

dmitri medvedev vladimir putin

Il problema non è quello che potevano scrivere 200 o 150 anni fa un ufficiale dello zar come Lermontov o un conservatore religioso come Dostoyevsky. Il problema è il modo in cui sono stati chiamati al servizio della propaganda, nella letteratura più politica della storia, che ha consegnato ai romanzieri il ruolo svolto altrove da politici e giornalisti. Il manuale di letteratura sovietico cooptava nel Pantheon dei classici in base a criteri ideologici, e mentre gli autori "non allineati" venivano cancellati non soltanto dai piani editoriali e didattici, ma spesso anche dalla faccia della terra, quelli graditi al regime diventavano modelli e icone della "grandezza russa".

 

PUTIN MEDVEDEV

Più che invocare una "cancel culture" verso i russi, Yermolenko chiede di applicare loro «lo stesso discorso critico usato dagli studiosi occidentali verso la cultura occidentale», citando autori come Kipling o Conrad, facendo scendere Pushkin e Tolstoy dal piedistallo di profeti ed eroi intoccabili per contestualizzarli e criticarli. Un'operazione che in Russia non è mai stata compiuta, e i monumenti e le targhe a Pushkin che invadono anche quelle ex colonie russe dove non aveva mai messo piede, restano uno strumento di conquista.

 

vladimir putin al cremlino nel 2004

La "grande letteratura russa" oggi viene raccontata dal putinismo come componente essenziale del "mondo russo" che il Cremlino difende e diffonde a cannonate. È evidente che Dostoyevsky non ha appoggiato l'invasione dell'Ucraina, né sapremo mai se l'avesse fatto. Ma quando un uomo di cultura come il direttore dell'Ermitage Mikhail Piotrovsky dichiara ridendo che tutti i russi sono «militaristi e imperialisti», e che la guerra serve «ad affermare una nazione», la carica xenofoba e violenta fa sparire tutte le altre anime della letteratura russa e sovietica. Soltanto tre anni fa, gli abitanti di Kyiv avevano respinto la proposta di cambiare nome alla piazza di Lev Tolstoj. Oggi, non lo vogliono più.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…