xi jinping giorgia meloni kamala harris ursula von der leyen donald trump

DAGOREPORT – LA “MELON-CINA” FA INCAZZARE L’EUROPA: URSULA, CON CUI I RAPPORTI DAL 18 LUGLIO SONO INTERROTTI, È FURIOSA PERCHE' BRUXELLES NON E' STATA MESSA AL CORRENTE DALLA DUCETTA DELL’ACCORDO PER LO STABILIMENTO PER LA PRODUZIONE DI AUTO ELETTRICHE CINESI IN ITALIA - A PECHINO LA DUCETTA SI È PRESENTATA CON LA FIGLIA E CON UNA DELEGAZIONE DEBOLE: DA ORSINI (CONFINDUSTRIA) A DESCALZI (ENI), DA CATTANEO (ENEL) A CINGOLANI (LEONARDO) HANNO PREFERITO DISERTARE PER EVITARE "RAPPRESAGLIE" DAL POTERE ECONOMICO USA CHE DETTE ORDINE A PALAZZO CHIGI DI NON INTRATTENERE ALCUN AFFARE CON LA "VIA DELLA SETA" - LATITANTI I BIG, HA FATTO DA CONTRALTARE L’ONNIPRESENZA DI PATRIZIA SCURTI, SEGRETARIA E “BADANTE" DEGLI OTOLITI DELLA MELONA, SEDUTA AL FIANCO DELLA PREMIER CON XI JINPING - A WASHINGTON L’HANNO PRESA? MALE IL DEEP STATE, MA FINO AL VOTO DI NOVEMBRE REPUBBLICANI E DEMOCRATICI SE NE FREGANO DI UN'ESPRESSIONE GEOGRAFICA A FORMA DI STIVALE

DAGOREPORT

GIORGIA MELONI IN CINA - VIGNETTA BY MANNELLI - IL FATTO QUOTIDIANO

Gli equilibri mondiali sono chiari per chi vuole vederli: se gli Stati Uniti restano la prima potenza strategico-militare del pianeta, la Cina lo è da un punto di vista commerciale e industriale.

 

Forte dei suoi monopoli in vari ambiti (fotovoltaico, auto elettriche, batterie, terre rare, tecnologie varie) e del suo predominio nella manifattura a basso costo, Xi Jinping vuole fare della Cina il Paese leader dell’intero Oriente.

 

Giorgia Meloni, con zero speranze di ottenere un commissario di peso in campo econonomico o industriale dopo il voto contrario a Ursula von der Leyen, prima nel Consiglio Europeo come premier italiana e poi come leader di Fratelli d'Italia in Commissione,  davanti alle molteplici possibilità d’affari con il Dragone, si è detta: perché non andare a Pechino, visto che anche Macron e Scholz, prima di me, hanno stretto la mano al presidente del partito comunista cinese?

 

La Melon-Cina deve aver pensato che il viaggio fosse un’ottima occasione anche per esprimere, agli occhi del mondo, il suo lungimirante pensiero strategico. Come quando ha rimarcato, anche in conferenza stampa, di aver consigliato alla Cina di non legarsi troppo le mani con la Russia (“la smetta di sostenerla, non ne ha convenienza”).

 

Come se non sapesse, l’ingenua premier nata Underdog, che Mosca ha retto due anni e mezzo di conflitto in Ucraina solo grazie al sostegno economico, industriale e militare di Pechino, che, a sua volta, ha tutto l’interesse a tenere il puntello russo piantato alla gola dell’Occidente. Oggi Putin è solo un vassallo alla corte di Xi Jinping.

 

VISITA DI GIORGIA MELONI IN CINA - LA DELEGAZIONE ITALIANA

Pensare che, davanti ai rimbrotti coatti della “Psiconana” (copyright Grillo), l’autoritario Xi receda dai suoi piani di conquista del mondo, è roba da avanspettacolo della Garbatella.

 

Certo, la sora Giorgia voleva mandare anche un segnale all’Unione europea, e all’Italia, orgogliosamente rivendicata come seconda potenza manifatturiera d’Europa, di essere una leader forte, che non si fa intimidire dall’aura minacciosa di Xi Jinping, e che può dialogare da pari a pari con tutti i potentoni della Terra.

 

GIORGIA MELONI XI JINPING

Peccato che la delegazione che l’ha accompagnata nel viaggio a Pechino fosse molto deludente agli occhi della controparte cinese. Erano assenti i pezzi da novanta dell'industria e della finanza: non c’era innanzitutto il capo di Confindustria, Emanuele Orsini, ma la sua vice, Barbara Cimmino.

 

Assenti anche gli amministratori delegati delle più importanti partecipate di Stato: Descalzi (Eni), Del Fante (Poste), Cattaneo (Enel), Cingolani (Leonardo) e di Folgiero (Fincantieri).

 

I grandi manager hanno preferito disertare per evitare l’accusa di "italian job". Nel giro di sei anni, prima sono stati incoraggiati a percorrere la Via della Seta, poi si sono sentiti chiedere, soprattutto a seguito degli input americani, di recedere dai rapporti economici e commerciali con la Cina.

 

E ora, all’improvviso, contrordine! di nuovo si torna a Pechino, col cappello in mano? In questo caos della politica, meglio esercitare un po’ di cautela, e non esporsi troppo, per evitare di essere uccellati successivamente dal grande potere americano: i maggiori fondi, da Blackstone a Kkr, spadroneggiano nei Cda delle più importanti aziende italiane.

 

DARIO SCANNAPIECO

Dunque, nella corte che ha seguito Giorgia Meloni in Cina c’erano soprattutto i Ceo di medie aziende. L’unico big era Dario Scannapieco, che in quanto boss di Cdp è presidente del Business Forum Italia-Cina. Il manager era a Pechino soprattutto per sbrogliare il dossier Open Fiber.

 

L’obiettivo di Scannapieco (Cdp è azionista di maggioranza della società della fibra) era sbloccare i 250 milioni, sui 9 miliardi di investimenti raccolti tra banche e fondi di investimento. che la Bank of China e altri tre istituti collegati hanno congelato.

 

All’assenza dei grandi industriali ha fatto da contraltare l’onnipresenza di Patrizia Scurti, segretaria e “padrona” della Meloni, che era seduta al fianco della premier al tavolo con Xi Jinping, insieme al consigliere diplomatico, Fabrizio Saggio, all’ambasciatore italiano in Cina, Massimo Ambrosetti, e all’interprete.

 

PECHINO EXPRESS - IL VIAGGIO DI GIORGIA MELONI E LA FIGLIA GINEVRA IN CINA - MEME BY EDOARDO BARALDI

Il regime cinese si considera molto soddisfatto per il summit. I quotidiani di propaganda hanno sottolineato con enfasi la rinnovata amicizia con la Cina dell’Italia, finalmente emancipata dal veto americano.

 

Si è messa in evidenza la rinascente armonia tra due grandi Paesi e i vantaggi che entrambi potranno ottenere da una “risoluzione delle divergenze”, in termini di “stabilità e cooperazione”.

 

Come hanno preso a Washington il nuovo flirt italo-cinese, con la Ducetta felice di sbandierare il ritorno alla Via della Seta? Agli occhiuti funzionari di Cia, Pentagono e Dipartimento di Stato non è piaciuto lo scambio di affettuosità, soprattutto nell’orgoglio con cui i cinesi hanno sbandierato il ritorno dell’Italia attovagliata tra springroll e anatra alla pechinese.

 

Un progetto, quello di Xi Jinping, che gli americani hanno impiegato anni a sabotare, riuscendoci lo scorso dicembre con l’uscita dell’Italia dal memorandum firmato da Giuseppe Conte. Certo, il fastidio statunitense è rimasto circoscritto al Deep state, visto che i vertici di democratici e repubblicani sono in tutt’altre faccende affaccendati (c’è la campagna elettorale dai contorni folli e nessuno degna di attenzione quello che accade in quell'espressione geografica a forma di stivale inzeppata di basi Nato).

 

ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia

E in Europa? A Bruxelles il viaggio di Giorgia Meloni in Cina ha fatto molto più rumore. Ursula von der Leyen, a differenza di quanto propagandato da Fratelli d’Italia, non ha perdonato alla Ducetta il voto contrario alla sua rielezione.

 

I rapporti tra le due sono freddi, non ci sono più contatti diretti, ma solo mediati dai funzionari. Persino sul commissario destinato all’Italia non c’è un canale aperto: alla Ursula che vuole avere un nome e di una donna da ogni paese per un posto da commissario, la Melona ha giustamente replicato che prima di squadernare i nomi vuole sapere quale sarà il loro ruolo.

 

Ad occuparsi del collegamento tra le due signore bionde è il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. L’ex monarchico si sta adoperando con il Ppe e con la stessa Ursula, a cui tra l’altro aveva dato per certo il voto di Fdi in Parlamento.

 

joe biden e giorgia meloni al concerto di andrea bocelli g7

La tensione tra Ursula e Giorgia si è manifestata dopo il faccia a faccia con Xi: agli occhi degli euro-poteri, gli accordi italo-cinesi non sono fuori dalle regole, ma avrebbero richiesto una condivisione più approfondita con Bruxelles, soprattutto nel delicatissimo passaggio sulla produzione di auto elettriche in Italia, che è l’unico vero risultato ottenuto dalla Meloni all’interno di un documento sostanzialmente pieno di aria fritta.

 

Roma e Pechino si sono accordate per creare uno stabilimento in Italia per la produzione di auto elettriche cinesi, e sarebbe il primo in Europa, per veicoli nella fascia 15-20mila euro. Un’intesa che arriva in un momento di grande difficoltà del settore, visto che Stellantis e altre case automobilistiche incontrano molti ostacoli, a partire dai costi e dall’approvvigionamento di batterie (in mano a produttori cinesi), nel produrre e vendere macchine a emissioni zero. Solo nel primo trimestre del 2024 c'è stato un piccolo rimbalzo del 5% con 537mila nuovi veicoli venduti. Ma la quota di mercato della auto elettrica, nonostante i ricchi incentivi, resta confinata al 20%

 

A conferma dei problemi nel settore, in Germania, la ZF, colosso della componentistica, ha chiuso 2 fabbriche e licenziato 12mila operai, non riuscendo a competere nel mercato della transizione ecologica, dominato appunto dai cinesi, che hanno già aperto, tramite il gigante Catl, uno stabilimento di batterie in Ungheria, per la gioia del filo putiniano Viktor Orban.

 

GIORGIA MELONI CON LA FIGLIA GINEVRA IN CINA

La porta spalancata da Giorgia Meloni ai produttori di auto cinesi è un doppio colpo per la vendi-cattiva Ducetta: da un lato, mette i bastoni tra le ruote del nemico John Elkann (Stellantis ha in progetto di produrre auto elettriche, in joint venture con i cinesi di Leapmotors).

 

Dall’altro è uno sgarbo all’Unione europea, che soltanto qualche settimana fa ha varato i dazi contro le eco-macchine, proprio per limitare l’invasione cinese. Se uno dei molti marchi del Dragone producesse in Italia, aggirerebbe in automatico le euro-sanzioni: a quel punto, sarebbero in molti a piangere

IL VIAGGIO DI GIORGIA MELONI IN CINA giorgia meloni punto stampa in cina 4riccardo cassini autore di affari tuoi commenta il viaggio di giorgia meloni e della figlia in cina

 

Ultimi Dagoreport

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...