matteo renzi casa villa mattone

LA DISINFORMATJA RENZIANA COLPISCE ANCORA: MINACCE, TRUCCHI, DIVERSIVI E UNA PIOGGIA DI QUERELE E CAUSE CIVILI: LA STRATEGIA ''COLPO SU COLPO'' DELL'EX ROTTAMATORE PUNTA A ZITTIRE I GIORNALISTI, AVVERTITI E MESSI ALLA GOGNA SUI SOCIAL. E LE SUE TRUPPE VANNO IN TV A RIPETERE UN COPIONE PRECISO PER ALLONTANARE LE ACCUSE SU OPEN, CHE SONO PRECISE E POLITICAMENTE GRAVI

 

Luca Telese per “la Verità

 

Minacce e trucchi, diversioni spettacolari, e poi naturalmente, annuncio di querele come se piovesse.

Chiamatela pure, se volete un nome appropriato per tutto questo, geniale disinformatja renziana. Perché da sette giorni Matteo Renzi e i suoi alter ego di Italia viva stanno seguendo uno spartito perfetto: una strategia finalizzata a ribaltare le accuse, a limitare la discussione sgradita, a rimuovere gli elementi compromettenti. Ma loro non guardano in faccia a nessuno: in ogni ospitata tv, in ogni intervista Renzi e i suoi leopoldini seguono un copione.

 

LA VILLA DI MATTEO RENZI A FIRENZE

È successo con Ettore Rosato a Piazza Pulita, poi il cliché si è ripetuto con Luigi Marattin ad Agorà, e lo spartito ha toccato acuti straordinari a L' Aria che tira dove un agguerrito Lucianone Nobili è riuscito a stabilire uno straordinario primato: parlare per dieci minuti all' insegna del «mi faccia rispondere per cortesia!», lasciando poi inevasa la domanda posta da Francesco Magnani. E questa è la carota.

 

Poi, ovviamente, c' è il bastone: le minacce di querela agitate dal capo, come strumento dissuasivo e come pressione psicologica: a farne le spese - tra gli altri - Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera e prima di lei i colleghi Marco Imarisio del Corriere, e Simone Spetia di Radio 24, che (per due imprecisioni veniali, peraltro poi corrette) prima sono stati aggrediti da Renzi e poi investiti da un potentissimo shitstorm (campagna di attacchi online) dei suoi fan.

RENZI DAL NOTAIO PER LA NUOVA VILLA

 

Un bombardamento protrattosi per giorni. Anche dopo le tempestive (e forse persino non necessarie, scuse). Cosa avevano detto, entrambi? Che la nomina di Riccardo Maestrelli in Cassa depositi e prestiti aveva seguito un prestito da 700.000 euro per la la casa. Anche ieri, l' uomo di Rignano ha iniziato la giornata dando la linea alle truppe: «Oggi», ha scritto Renzi, «il Corriere scrive che io avrei ricevuto "incassi della Fondazione", mescolando "interessi personali" e si domanda "cosa ci fosse davvero dietro il regalo (!) fatto a Renzi". Ovviamente tutto falso.

 

Agisco in sede civile #ColpoSuColpo». Non è una novità: Renzi aveva provato a comportarsi così quando il padre si era ritrovato impelagato nelle inchieste. Aveva annunciato decine di querele e cause civili, molte delle quali non sono state presentate. Alcune sono cadute solo dopo la condanna in primo grado. Ma questo all' ex premier non importa: il suo primo obiettivo è impedire che se ne scriva. Un risultato che talvolta riesce persino a raggiungere. #Colposucolpo, l' hashtag che contrassegna la sua campagna, vuol dire ai giornalisti - soprattutto ai giovani e ai precari - guardate che chi tocca Renzi paga (o perlomeno si deve difendere legalmente).

 

 È accaduto persino che qualche collega, prontamente glorificato dal leader di Italia viva, abbia colto lo spunto per attaccare i giornalisti e non il potente. È accaduto, per esempio, con Gianni Riotta, che ha scritto su Twitter: «Nel giornalismo si sbaglia ogni giorno. Ma gli errori nel ricostruire caso @matteorenzi non son refusi in buona fede. Sono conseguenza - ha sostenuto l' ex direttore del Sole - della corsa a piantare per primi i chiodi al condannato che dilaga da anni. Un livore che reca danni alle sue vittime e alla nostra professione».

matteo renzi a pistoia boschi rosato

 

Il copione della campagna di disinformatja, nella sua semplicità, è disarmante: 1Che male c' è a chiedere un prestito?

2I magistrati che indagano su Open sono gli stessi che hanno chiesto l' arresto dei genitori di Renzi.

 

3«Questa vicenda nasce dalla Procura e viene riverberata sui giornali!». Infine, ciliegina sulla torta, «Non sta a un magistrato decidere cosa sia un partito o cosa una fondazione!». Come se questa inchiesta mettesse in discussione prerogative costituzionali!

 

Peccato che non sia vero nulla, che i magistrati non lo abbiano mai detto. Si interrogano, piuttosto se Open abbia funzionato come «una articolazione di partito». La fondazione, con i suoi obblighi di trasparenza infinitamente inferiori a quelli di un partito, diventa - secondo l' accusa - un contenitore meno trasparente. E tutti i leopoldini gridano in coro l' argomento due del loro copione: «Open era la fondazione più trasparente, con tutti i bilanci i chiaro!».

RICCARDO MAESTRELLI

 

 Omettono di dire che, in nome del diritto alla privacy, molti dei suoi finanziatori (cosa che non può accadere con i partiti) possono scegliere di non comparire nelle liste pubbliche. Ed ecco invece un punto che la campagna cerca di negare. Come ben sanno i lettori della Verità la vicenda della casa:

 

 1. Non nasce da un' indagine dei magistrati, ma da una segnalazione antiriciclaggio successiva a un' inchiesta pubblicata dalla Verità.

 

2. Il segreto bancario lo avrebbe dovuto «violare» lo stesso Renzi, se avesse mantenuto la sua promessa di mostrare «tutte le carte» quando l' acquisto fosse stato concluso (non è accaduto).

 

ALBERTO BIANCHI

Ma il capolavoro è la madre di tutte le argomentazioni: il «prestito restituito» non è il problema. In Germania solo per aver ricevuto un prestito si è dimesso un presidente della Repubblica (Christian Wulff, aveva ottenuto da un imprenditore 500.000 euro).

Il problema (di opportunità politica e di deontologia, prima che legale) è che per ben due volte (e questo non lo contesta) Renzi ha ricevuto soldi da persone che ha nominato in incarichi pubblici.

 

È noto da anni che aveva un affitto pagato da Marco Carrai (designato alla società aeroporti di Firenze) e poi - l' ultima scoperta - dall' uomo che ha nominato in Cdp, Riccardo Maestrelli.

 

C' è infine il problema politico, enorme come una casa, di un leader del Pd e dei suoi tesorieri che chiedono agli imprenditori (lo ha detto lo stesso Francesco Bonifazi per difendersi!) di finanziare una fondazione e non il loro partito. E del presidente di Open - Alberto Bianchi - che prende una parcella di 800.000 euro da una società e ne versa una parte nelle casse della fondazione. Ma le querele e le diversioni servono proprio a questo: cambiare l' agenda, impedire che se ne parli. Basta leggere questo giornale per capire che il trucco non funziona.

Marco Carrai con Matteo Renzi

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