tria salvini di maio

DUE E NON PIÙ DUE - SECONDO ''BLOOMBERG'', IL GOVERNO PRESENTERÀ UN DEFICIT AL 2% ALLE ISTITUZIONI EUROPEE PER EVITARE LA PROCEDURA D'INFRAZIONE. MA SALVINI E DI MAIO VORREBBERO RESTARE SUL 2,1. IL CLIMA È TESO, VOGLIONO GIOCARE LA CARTA GILET GIALLI MA I DUE DIOSCURI CONTINUANO A LITIGARE SU TUTTO, DA HEZBOLLAH ALLA TAV

DAGONOTA - Lorenzo Totaro, reporter politico-economico di Bloomberg, twitta che il governo italiano presenterà un deficit al 2% alle istituzioni europee

 

 

MANOVRA, LA SOLUZIONE È IL 2% MA SALVINI E DI MAIO SI FERMANO AL 2,1. LA RABBIA DEL PARTITO DEL QUIRINALE

Claudia Fusani per https://notizie.tiscali.it/

 

luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria

 

Le idee sono chiare ma fogli e tabelle, quelle da consegnare oggi al presidente Juncker, sono ancora vuoti. L’intesa sui saldi da mettere in Manovra non c’è. E dopo una serata tragica per l’attentatore killer che ha tenuto in scacco l’europarlamento a Strasburgo e una giornata, l’ennesima, di tensione tra Salvini e Di Maio, il premier Conte farà un’ultima chiamata stamani alle 9.30 nella riunione del Consiglio dei ministri. L’esito dell’incontro peserà anche sul viaggio a Bruxelles per incontrare Juncker e Moscovici che potrebbe essere rinviato alla mattina dopo quando comunque il premier dovrà volare a Bruxelles per il Consiglio europeo che ha in agenda temi cruciali come la Brexit.

 

“Non è un libro dei sogni”

Idee chiare ma fogli e tabelle ancora vuote nonostante Conte ieri mattina abbia cercato di tranquillizzare il Parlamento dicendo che non andrà all’esame con la Commissione “con il libro dei sogni ma con lo spettro completo del progetto riformatore del governo. Mi confronterò sui numeri consapevole che la manovra risponde ad esigenze del Paese ma entro i vincoli europei. Stiamo facendo di tutto per andare incontro alle perplessità della Commissione Ue rivendicando il diritto di effettuare una manovra espansiva”.

di maio salvini

 

La giornata però non ha segnato passi avanti e ieri sera l’ottimismo faceva fatica a trovare spazio negli uffici di palazzo Chigi dove Conte ha lavorato fino a tardi con i tecnici del Mef. Anche perchè sul tavolo della trattativa, oltre a posizioni diverse sui saldi, il premier adesso deve fare i conti con i 5 Stelle che brandiscono le rivolte dei Gilet Jaunes francesi e avvertono, “ecco cosa potrebbe succedere se anche l’Italia non adottasse le misure per la povertà e i pensionati”. E con una fetta importante del governo - i ministri Tria, Moavero e Trenta, quello che è stato definito il partito del Quirinale - molto irritati. Qualche rumours parla di dimissioni in blocco “qualora la maggioranza giallo-verde non facesse lavorare il buon senso e non accettasse la soluzione politica indicata per abbassare il deficit”.

 

Quei saldi da cambiare

Il 19 dicembre, se il governo non cambia i saldi della Manovra che deve essere approvata entro il 31 dicembre, la Commissione europea avvierà la procedura d’infrazione per eccesso di debito. L’Italia è un paese fondatore ed è la prima volta assoluta nella storia dell’Europa. Quando si dice “cambiare”, s’intende cambiare i macronuneri della Manovra: 37 miliardi è il valore totale; 2,4% il rapporto deficit/pil; 1,5% il tasso di crescita del Pil nel 2019; 131,8% il rapporto debito/pil.

 

moscovici

Peggio di noi in Europa fa solo la Grecia. Bruxelles teme soprattutto l’impianto assistenzialista della legge di Bilancio e la marcia indietro sulle riforme strutturali approvate dai governi Renzi/Gentiloni. Job’s Act, riforma delle pensioni, investimenti per le infrastrutture sono stati spazzati via in sei mesi e sostituti da “decreto dignità” che sta producendo più disoccupati che lavoratori stabilizzati, reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza per chi percepisce pensioni sotto i 500 euro (9 i miliardi stanziati nella Manovra), riforma della legge Fornero sulle pensioni con la Quota 100 (6,7 miliardi). 

 

Non si fida, Bruxelles, dell’efficacia della parte di manovra destinata agli investimenti: 15 miliardi in tre anni e altri 18 dalla vendita di immobili e asset di Stato. Non si fida Bruxelles perché da sei mesi la liturgia della verifica costi/benefici ha ottenuto come risultato il blocco di cantieri per un valore di 53 miliardi. Tra questi anche i cantieri dell’alta velocità Torino-Lione.      

 

Obiettivo 2 per cento

Il premier Conte conduce ormai dal primo dicembre una trattativa, riservata, con Bruxelles per evitare la procedura.

 

moscovici e macron

I due professori, Giuseppe Conte e Giovanni Tria, hanno spiegato a Di Maio e Salvini che mettere nero su bianco la discesa dal 2,4% al 2%, sarebbe sufficiente per evitare la procedura d’infrazione (l'Ue punta all’1,7-1,9%). Lo 0,4 in meno corrisponde, in valore assoluto, ad un taglio di 7-8 miliardi che possono essere presi solo dal pacchetto di 16 miliardi destinato alle due misure bandiera: reddito di cittadinanza e Quota 100 (pensioni). Lo 0,2% in meno (3-4 miliardi) risulta già nella famose tabelle perché entrambe le misure tra tempistica per l’entrata in vigore e variabili nelle finestre di accesso partiranno tra febbraio e marzo (molti tecnici sostengono che ci vorrà molto di più). Il problema è il taglio dello 0,4.

 

Salvini e Di Maio, contrariamente a Conte e Tria, fissano il punto di non ritorno al 2,1%, sono disponibili a concedere al massimo lo 0,3%.  Ma se il leader della Lega sembra più flessibile (“non sono appassionato alla discussione sullo zero virgola, m’interessa garantire la pensione a tanti italiani rovinati dalla Fornero”), della serie fate come volete purché si faccia, Di Maio sembra non retrocedere di un passo.

GIOVANNI TRIA VALDIS DOMBROVSKIS

 

“Il reddito di cittadinanza sarà erogato a partire da marzo” taglia corto ogni volta che qualche indiscrezione rinvia, con qualche fondamento, la misura a metà anno e anche più in là. Nella campagna elettorale permanente dei due leader, sono entrambi prigionieri della loro propaganda. Solo che Salvini deve dare conto anche a quell’elettorato del nord, imprese, partite Iva artigiani che ha incontrato domenica al Viminale facendo ingelosire Di Maio, che ha chiesto l’impegno politico a scongiurare la procedura d’infrazione.

 

La carta dei Gilets Jaunes

Ancora una volta quindi è il leader 5 Stelle più in difficoltà rispetto al socio di maggioranza leghista. Ieri Di Maio, nel primo pomeriggio, sembrava ottimista: “Troveremo l’accordo senza arrivare alla procedura”. E ha messo sul tavolo della trattativa la “variabile” Gilets Jaunes. Le rivolte in Francia di chi non riesce ad arrivare alla fine del mese e che hanno costretto il presidente Macron a mettere da parte il rigore e a fare concessioni (subito 100 euro in più mensili ai redditi più bassi), sono diventate un incredibile e inaspettato assist per la trattativa del governo gialloverde.

juncker dombrovskis

 

“Quello che accade in Francia - ha detto Di Maio - è l’esatta rappresentazione di un’Europa che non ascolta e di un governo francese che non ha ascoltato ed è costretto poi a fare passi indietro”. Le misure annunciate dal presidente Macron fanno alzare il deficit francese oltre il 3% e quindi Bruxelles, è il ragionamento di Di Maio, “dovrà concedere qualcosa anche a noi. Se la regola del rapporto deficit/pil vale per l’Italia, varrà anche per Macron”. Conte, intervenendo prima alla Camera e poi al Senato, gli ha dato un mano.

 

“Occorre superare un rigorismo miope - ha detto - che pretende di combattere l’instabilità con misure che invece finiscono per favorirla. Non vorremmo che il senso di abbandono si traduca in contestazioni dall’esito imprevedibile come accade in altri Paesi”. Insomma, meglio evitare disordini e barricate in città come stiamo vedendo in Francia. Avvertimenti minacciosi che dicono molto circa la fatica di questa trattativa. Ma non è detto che l’esempio dei Gilet Jaunes faccia vacillare la linea durissima di Bruxelles verso l’Italia.  Il “fattore Macron” potrebbe non aiutare ma penalizzare l'Italia, inducendo a un rigore “esemplare”verso Roma.

 

Una giornata difficile

Come se non bastasse, a una giornata di per sé difficile si sono aggiunte le tensioni interne tra Lega e 5Stelle.  Ad una lista già lunga di divergenze - grandi opere, Tav, disegno di legge contro la corruzione, eco-tassa sulle auto e via di questo passo - ieri si sono aggiunte le tensioni sull’inchiesta della procura di Bergamo sui fondi dati alla Lega dal costruttore Parnasi. “Siamo certi che la Lega forniràulteriori chiarimenti sul caso Centemero (il tesoriere della Lega destinatario di 250 mila euro, ndr). E ci auguriamo che Salvini non minimizzi” hanno attaccato i due capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva.

matteo salvini sull elicottero militare in israele

 

“Chiederò chiarimenti a Salvini. Mi fa piacere che non minimizzi la vicenda, perché noi non la minimizziamo” ci ha messo su il cappello Di Maio. “Non minimizzo, sono sereno” ha replicato Salvini, unico a commentare l'affondo del Movimento al suo partito. Al Senato è in discussione il ddl contro la corruzione, un’altra bandiera dei 5 Stelle con cui si sono già “bruciati” alla Camera, e non è escluso che qualche resa dei conti possa essere consumata durante le votazioni.

 

Il secondo incendio di giornata coinvolge direttamente il ministro dell'Interno in missione in Israele: la sua frase su “Hezbollah terroristi islamici che scavano tunnel e armano missili” ha fatto sudare freddo la ministra della Difesa Elisabetta Trenta preoccupata per i nostri soldati impegnati in missione in Libano.

 

Si potrebbe trattare di reazioni stellate cercate per far uscire il Movimento dalla morsa che si è creata tra l’ascesa di Salvini e le provocazioni, dal basso, di chi accusa Di Maio di restare incollati al governo ad ogni costo.

 

matteo salvini in israele

Il clima è teso. Non resta che affidarsi alle doti negoziali del premier Conte. La Comunicazione 5 Stelle è ottimista. Rocca Casalino sta organizzando due giornate di festa in piazza: una per il reddito di cittadinanza e l’altra per l’approvazione dello spazzacorrotti. Entrambe sotto Natale. La fortuna, come si dice, aiuta gli audaci.

Ultimi Dagoreport

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)