riina falcone borsellino gardini

“LA MAFIA È ENTRATA IN BORSA” - PAOLO BORSELLINO FU UCCISO PERCHÉ SI OSTINÒ A CONTINUARE LE INDAGINI SUGLI AFFARI FRA TOTÒ RIINA E RAUL GARDINI. PER QUESTO MOTIVO FURONO AMMAZZATI ANCHE SALVO LIMA E GIOVANNI FALCONE - FALCONE AVEVA COMPRESO CHE DIETRO LA QUOTAZIONE IN BORSA DEL GRUPPO FERRUZZI C'ERA EFFETTIVAMENTE LA MAFIA, AVEVA CAPITO CHE RAUL GARDINI, ALLORA SECONDO INDUSTRIALE ITALIANO, AVEVA CEDUTO IL 50 PER CENTO DELLE AZIONI DELLA SUA CALCESTRUZZI A SALVATORE TOTÒ RIINA E ALLA FAMIGLIA BUSCEMI DI PALERMO – FILIPPO FACCI REPORT

filippo facci 77

FILIPPO FACCI per Libero Quotidiano

 

Paolo Borsellino fu ucciso perché sapeva: sapeva dell'accordo siglato presso la sede della Calcestruzzi di via Mariano Stabile (Palermo) tra lo stesso Siino, per conto di Cosa Nostra, e gli industriali del Nord accorsi in Sicilia, tra questi l'ingegner Giovanni Bini della Calcestruzzi-Ferruzzi di Ravenna, l'ingegner Lorenzo Panzavolta, il presidente di Confindustria Sicilia Filippo Salamone (fratello del magistrato) il quale rappresentava anche il gruppo Salamone-Micciché-Vita di Agrigento, poi Sergio Di Paolo e Giuseppe Crini della Impregilo, Romano Tronci della De Bartolomeis che rappresentava gli interessi delle cooperative del Pci, Giuseppe Li Pera per la Rizzani-De Eccher di Udine, e ancora la Cogefar Impresit del gruppo Fiat. 

 

giovanni falcone paolo borsellino

Borsellino sapeva di quella spartizione da 25mila miliardi di lire che prevedeva un 2,5 per cento a Cosa Nostra, un altro 2,5 per cento per «proteggere» le imprese (con annessa fornitura di subappalti a impresine legate alla mafia) e infine uno 0,90 per cento addizionale per Totò Riina e Bernardo Provenzano, che avrebbero garantito la pace sociale.

 

via d'amelio

Paolo Borsellino fu ucciso perché questo accordo fu messo nero su bianco in un dossier circolato come un fantasma, curato dal Ros dei carabinieri (Raggruppamento operativo speciale, capitanato dal Generale Mario Mori e fondato il 3 dicembre 1990 su sollecitazione dello stesso Falcone) e che impressionò i due magistrati; 

 

pietro giammanco e paolo borsellino

Falcone dovette per forza condividerne la scoperta col suo procuratore capo Pietro Giammanco, il quale lo imboscò per mesi (in termini istruttori) e non delegò neppure Falcone a occuparsene. Sinché, un bel giorno del 1992, il dossier venne illecitamente divulgato, cioè uscì dalla Procura, tanto che ne vennero al corrente il senatore andreottiano mafioso Salvo Lima, il citato Angelo Siino e quindi Cosa Nostra. 

 

raul gardini

E quando Angelo Siino e un suo compare chiesero all'amico Salvo Lima e un maresciallo dei Ros di aggiustare le cose, questi si rifiutarono, sicché, tra marzo e aprile, Cosa Nostra li ammazzò entrambi.

 

E GIULIO TREMAVAIntanto l'inchiesta Mani pulite non era praticamente ancora nata. Il padre di Lima - si scoprirà - era un affiliato della Famiglia di Palermo Centro, guidata dal boss Angelo La Barbera. Claudio Martelli, ai tempi ministro della giustizia, dirà che «dopo l'uccisione di Lima Andreotti era spaventato... Falcone disse a me e ad altri che il prossimo ucciso sarebbe stato lui: "Lo capite o no che sono un morto che cammina?" sbottò una sera, alla fine di una cena tristissima».

 

toto' riina

Il dossier parlava in particolare del ruolo di Siino come ministro del lavori pubblici di Cosa Nostra. Scriverà in un memoriale il generale Mori: «Cosa Nostra temeva gli attacchi alle sue attività economiche... la gestione degli appalti pubblici che erano il canale di finanziamento più importante dell'organizzazione». 

 

Il Ros dei carabinieri e Giovanni Falcone indagarono su questo, sulle turbative mafiose realizzate nelle gare d'appalto: ed emerse che dei tre protagonisti cointeressati, ossia mafia, imprenditoria e politica, le ultime due non erano vittime, ma partecipi dell'attività criminosa: questo, ripetiamo, prima che l'inchiesta Mani pulite prendesse corpo, come ha sostenuto lo stesso Antonio di Pietro in dichiarazioni processuali. 

 

«Il dottor Falcone, all'inizio del febbraio 1991», ha scritto ancora Mori, «chiese il dossier «Mafia-appalti» e lo portò al procuratore capo Pietro Giammanco... Da allora, malgrado le insistenze del capitano De Donno e le mie, non se ne seppe più nulla». 

giulio andreotti salvo lima 2

 

Il procuratore Guido Lo Forte, braccio destro di Giammanco, ha confermato che il dossier venne consegnato il 20 febbraio 1991 da Falcone al Procuratore Capo Giammanco, «il quale la ripose in cassaforte». Meno di un mese dopo, come detto, Falcone ne parlò al convegno al castello Utveggio di Palermo e disse quella frase sulla mafia che era entrata in Borsa. 

 

Dirà il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Falcone e Borsellino erano dei nemici da bloccare per quello che potevano continuare a fare... la strategia stragista iniziò con l'omicidio Lima. E fu lì che scattò un segnale per cui lo stesso Falcone mi disse "Adesso può succedere di tutto"». Infatti succederà. 

 

raul gardini

Anche la sentenza di Cassazione del processo cosiddetto «Borsellino quater» confermerà che Borsellino, dopo Falcone, fu ucciso «per vendetta e cautela preventiva»: vendetta per il maxiprocesso alla Mafia che era andato in giudicato proprio all'inizio del 1992, cautela per le indagini sul dossier «mafia-appalti» che ancora Borsellino conduceva.

 

SOLO UNO CAPIVAQuando a Falcone rimaneva un minuto di vita, all'ospedale di Palermo, a Borsellino rimanevano 57 giorni. Nessuno capiva: tranne lui. La sera del 23 maggio, dopo la strage di Capaci, lo show televisivo del sabato andò in onda puntualmente. Non accadde nulla. 

 

Neppure il cosiddetto «decreto Falcone» n. 396 (che comprendeva il carcere duro) era ancora stato convertito in legge. Sarà approvato solo il 20 luglio, il giorno dopo la morte di Borsellino.

giovanni falcone

Il quale, da vivo, in quei 57 giorni residui, si mise a indagare freneticamente: sveglia alle cinque del mattino, spostamenti furtivi e tre pacchetti di Dunhill Special Light al giorno, lasciò Marsala e torno a Palermo per riprendere il posto che era stato di Falcone, mandò a quel Paese il ministro dell'Interno che gli propose la stessa procura antimafia che tutti avevano rifiutato a Falcone, intervenne a incontri, fece interventi, rilasciò più interviste di quante ne avesse rilasciate in vita sua.

 

gaspare mutolo 1

I PENTITIRaccolse le dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo sulla gestione mafiosa degli appalti, cercò le «ragioni che avevano indotto Cosa Nostra all'eliminazione di Giovanni Falcone» (sentenza Borsellino Quater) e sarà ammazzato, Borsellino, proprio per «la pericolosità delle indagini in materia di mafia e appalti. 

 

L'ha confermato in aula il pentito Antonino Giuffrè: «C'era quel rapporto dei Ros che mise a nudo il legame strettissimo tra Cosa Nostra, il mondo imprenditoriale e quello politico per la spartizione delle commesse pubbliche. Falcone e Borsellino capirono subito l'importanza di questo legame che, di fatto, diede un'accelerazione nell'ideazione delle stragi...». 

gaspare mutolo 5

 

I primi di luglio Borsellino interrogò il pentito Leonardo Messina che spiegò tutto il funzionamento del sistema e diede conferma: «Riina i soldi li tiene nella Calcestruzzi». Ese davvero nulla è più inedito dell'edito, andrebbe riletto un articolo che il giornalista Luca Rossi pubblicò sul Corriere della Sera due giorni dopo la morte di Borsellino, ma basato su quanto il magistrato gli aveva detto quindici giorni prima: «Borsellino pensava che potesse esistere una connessione tra l'omicidio di Salvo Lima e quello di Falcone, e che il trait d'union fosse una questione di appalti... e comunque non poteva darmi dettagli». 

 

borsellino scorta

C'era un solo luogo al mondo in cui il dossier «Mafia -appalti» non sembrava interessare granché: la Procura di Palermo. Il 16 luglio Borsellino andò a cena col senatore socialdemocratico Carlo Vizzini, che racconterà: «La sua attenzione fu tutta sul rapporto mafia e appalti, in altre parole mafia, politica ed economia... le industrie, soprattutto quelle grandi, si erano sedute al tavolo della spartizione insieme alla mafia». 

 

Il 18 luglio, il giorno prima di morire, Borsellino rivelò alla moglie «che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, ma sarebbero stati i suoi colleghi a permettere che potesse accadere». Il 19 luglio saltò in aria. E, anche qui, dopo 30 anni, serve il coraggio di non omettere nessun dettaglio. Ma ce ne occuperemo domani.

paolo borsellino antonio ingroia

 

PAOLO BORSELLINO CON LA FAMIGLIAPAOLO BORSELLINOfalcone borsellino

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”