di maio salvini savoini

“SALVINI, TROPPE BUGIE” – DI MAIO SFIDA L’ALLEATO SUL CASO RUSSIA-LEGA: “SE MATTEO FACESSE CADERE IL GOVERNO ADESSO, SAREBBE UN'AMMISSIONE DI COLPA SUL CASO RUSSIA. FACCIA PURE” – PALAZZO CHIGI IN FIBRILLAZIONE: CONTE HA SPIEGATO CHE IL RUOLO DI SAVOINI NELLE OCCASIONI UFFICIALI, A MOSCA E A ROMA, ERA STATO RICHIESTO PROPRIO DALLA LEGA – SALVINI SOTTO ASSEDIO: I SUOI SPINGONO PER ANDARE AL VOTO – E SULL’AFFAIRE METROPOL, C’E’ CHI PARLA DI RITORSIONE USA ANTI-CREMLINO…

Simone Canettieri per il Messaggero

 

salvini savoini

«Troppe bugie, troppe giravolte: questa storia mi ricorda quella di Arata. Anche in quel caso Salvini diceva di non conoscerlo, poi uscì che aveva collaborato alla stesura del programma della Lega e il figlio lavorava con Giorgetti». Luigi Di Maio da Lerici, dove va in scena la festa del M5S, si sfoga contro l'alleato. Le parole del grillino, consegnate al suo staff, sono una vera e propria sfida a Salvini: «Se Matteo facesse cadere il governo adesso, sarebbe un'ammissione di colpa sul caso Russia. Faccia pure». 

 

matteo salvini gianluca savoini a mosca

Di Maio lancia così il guanto al Carroccio: «Urlano, urlano, ma tanto rimangono al governo». E aggiunge anche un particolare velenoso: «È Salvini a stare attento alle finestra del 20 luglio perché, una volta chiusa, potrà dire alla vecchia guardia che ormai non c'è più niente da fare e dunque si va avanti». 

 

Il M5S ha capito che il capo della Lega questa volta è «sotto botta» e non ha intenzione di mollare la presa. «Non ingoieremo i rospi, come d'altronde non abbiamo fatto né con Siri né con Rixi». La strategia grillina è fatta anche di atti formali. Come risulta a Il Messaggero, domani Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato dei pentastellati, inizierà ad avviare l'iter per l'istituzione di una legge che porti alla commissione d'inchiesta sui finanziamenti ai partiti. Un'iniziativa che si somma, e forse potrebbe congiungersi, con quella del Pd che sempre dalla prossima settimana, con i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, porterà avanti un'altra commissione, ma molto più diretta sui rapporti economici tra la Lega e la Russia. 

 

salvini savoini

IL PREMIERAnche Palazzo Chigi è in fibrillazione, lo conferma la presa di posizione espressa ieri a mezzanotte. Conte ha spiegato che il ruolo di Savoini nelle occasioni ufficiali, a Mosca e a Roma, era stato richiesto proprio dalla Lega. È stato anche contattato l'ambasciatore italiano in Russia, Pasquale Terracciano. 

 

Ma se il premier è costretto a un difficile gioco d'equilibrio per non andare allo scontro frontale con Salvini - motivo di una crisi sicura - dal M5S in queste ore iniziano a insinuare dubbi anche su Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario alla presidenza, nonché numero due della Lega. Come nel caso del figlio di Paolo Arata, Federico, c'è un'altra assunzione in carico a Giorgetti finita nel mirino: si tratta di Michele Sciscioli, capo del dipartimento Sport a Palazzo Chigi, la delega ricoperta appunto dal big del Carroccio. Sciscioli, 40 anni e un master in Affari internazionali, per lungo tempo ha avuto rapporti economici e professionali con la Russia, lavorando per anni al palazzo della Sogin (la società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani) a Mosca. Prima di ritornare con Giorgetti, con il quale aveva collaborato ai tempi del governo Berlusconi. «Vedete? Si ripete lo stesso schema di Arata: rapporti poco specchiati, trame: bisogna indagare su certi profili».

salvini savoini

 

LA REAZIONE «Accuse vigliacche», è la risposta che trapela da Salvini. Anche se nel cerchio stretto del ministro dell'Interno sono sicuri che «i grillini stiano solo cavalcando il fatto, ma dietro non ci sono loro». Tra i collaboratori del «Capitano» c'è chi crede che dietro agli audio di Buzzifeed ci sia la «manina» degli Usa. Irritati per i rapporti forti tra la Lega e il Cremlino. Un avvertimento? «Forse».

 

vladimir putin brinda con giuseppe conte e salvini con savoini sullo sfondo

Sempre nel Carroccio c'è chi ricorda anche un altro particolare: lo scorso 20 giugno, due giorni dopo il ritorno di Salvini dal viaggio a Washington, uscì un rapporto molto duro di Mike Pompeo, segretario di Stato americano, sulla lotta al traffico di immigrati. Un dossier che portò Roma a essere «declassata a livello 2». Una frustata che spiazzò Salvini in quel momento, proprio perché arrivata a ridosso dell'incontro con Mike Pence e Mike Pompeo. Un messaggio che ora nella Lega leggono «in tanti modi».

 

 

 

 

2. SALVINI: «NON RISPONDO SU FANTASIE». LA LEGA PREME PER IL VOTO ANTICIPATO

Monica Guerzoni per corriere.it

 

matteo salvini vladimir putin luigi di maio

«Non sono per nulla preoccupato e non vado in Aula a parlare di fantasie» è il mantra che Matteo Salvini ha scandito per tutta la giornata, saltando da una diretta Facebook all’altra, dal palco di Milano Marittima a quello di Ferrara, passando per Sassuolo. Tranquillo? Di più, «tranquillissimo», assicurano le fonti ufficiali. Eppure, dietro l’immagine del leader invincibile e ottimista, per la prima volta si intravede la controfigura di un Salvini inquieto, nervoso, impaziente, preoccupato per l’impatto non solo mediatico dell’inchiesta sui presunti finanziamenti russi e anche molto infastidito dall’atteggiamento degli alleati.

 

matteo salvini vladimir putin gianluca savoini

I quali, lontano da telecamere e microfoni, lo dipingono «sull’orlo di una crisi di nervi». È vero che Luigi Di Maio si è mosso con cautela sull’affaire Gianluca Savoini ed ha rivendicato la diversità morale del M5S solo dopo l’apparizione sulla scena dei magistrati di Milano. Ma Salvini è arrabbiato lo stesso, perché dai 5 Stelle si aspettava forse un sostegno maggiore e perché non ha gradito la sfida del presidente della Camera Roberto Fico, il quale ieri lo ha definito «nervoso».

 

vladimir putin e gianluca savoini

Se il segretario del Carroccio non lo è, di certo una buona dose di nervosismo filtra dai dirigenti leghisti del Nord, che accarezzano l’idea di strappare la tela della maggioranza sull’autonomia delle Regioni. La lettura che Di Maio ha condiviso con i collaboratori più stretti registra «la spaccatura della Lega in due partiti, uno governativo e l’altro secessionista». Finché la navigazione era, si fa per dire, sicura, ha prevalso il Carroccio di Salvini, che non vuole rompere l’abbraccio con i 5 Stelle. Ma ora che il sospetto di finanziamenti illeciti ha complicato i rapporti nel governo e dato fiato ai malumori interni, rischia di prendere il sopravvento l’altra Lega, quella che non vede l’ora di tramutare in seggi al Parlamento italiano la valanga di voti accumulati alle Europee, spodestando Giuseppe Conte da Palazzo Chigi per mandarci Salvini.

 

GIANCARLO GIORGETTI E CLAUDIO BORGHI

«I 5 Stelle potrebbero usare il caso Russia per pugnalarci alle spalle — azzarda caricando i toni un parlamentare leghista —. Meglio votare adesso, anziché in primavera dopo una difficile manovra». Chi frequenta i piani alti di Palazzo Chigi racconta che Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario che da mesi scalpita perché è stufo dei veti sui provvedimenti, negli ultimi giorni avrebbe più volte scandito frasi come questa: «Con questi pazzi non si può più lavorare». Salvini era convinto del contrario, ma adesso anche il leader comincia a nutrire più di un dubbio, tanto da aver minacciato la crisi sul decreto sicurezza bis: «Così non si va avanti». E i 5 Stelle, che si sentivano al sicuro perché la finestra elettorale si è praticamente chiusa, hanno letto ieri con sgomento che Salvini starebbe meditando di «arrivare a fine mese e andare comunque alle elezioni a settembre».

MATTEO SALVINI VLADIMIR PUTIN GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

 

Una eventualità che spaventa gli alleati, tanto da far dire in privato a Di Maio che «Salvini non vede l’ora di superare la data del 20 luglio, oltre la quale si allontanano le urne, per poter dire all’ala secessionista di Zaia e Fontana che il governo Conte è condannato ad andare avanti». Ma i 5 Stelle sono convinti di aver capito il gioco di Salvini e confidano di non cadere in trappola. Anche perché convinti che «tornare al voto sarebbe per la Lega una ammissione di colpa sui finanziamenti russi» e una scelta perdente anche dal punto di vista politico. «Ma davvero — e qui è Di Maio che tranquillizza i suoi — pensate che Salvini voglia tornare tra le braccia di Silvio Berlusconi? Sarebbe una sconfitta enorme».

tria di maio salvini conteCONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...