renzi zingaretti di maio

‘STO GOVERNO LO FAMO O NON LO FAMO? - PRIMA TELEFONATA TRA ZINGARETTI-DI MAIO - I DEM NON VOGLIONO UN CONTE-BIS E PROPONGONO CANTONE O FICO - IL SEGRETARIO DEL AVVIA LA TRATTATIVA MA TEME LE MANOVRE DI SABOTAGGIO DI RENZI CHE, APPENA PARTITO IL GOVERNO, POTREBBE CRERE GRUPPI PARLAMENTARI STACCATI, TRASFORMANDOLI DI FATTO NEL TERZO PARTITO DI MAGGIORANZA

zingaretti di maio

Carlo Bertini per “la Stampa”

 

«Ma voi siete sicuri che se facciamo partire un governo politico di legislatura, poi Renzi non lo faccia cadere tra due o cinque mesi?». La domanda rimbalza nei dialoghi tra gli sherpa grillini e Democratici. E più o meno in questi termini viene ripetuta da Luigi Di Maio a Nicola Zingaretti, almeno a sentire il racconto di chi ha assistito al primo contatto diretto tra i due, una telefonata che dovrebbe essere il preludio al fidanzamento. E con sincerità, Zingaretti non prova a rassicurarlo, anzi.

 

«Non possiamo dare alcuna garanzia su cosa potrà fare Renzi. Sappiate che il rischio esiste. E non è solo quello che faccia cadere il governo». E poi snocciola i suoi circostanziati sospetti, facendo rabbrividire l' interlocutore.

 

LE ACCUSE DI CONNIVENZA

NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI

Ma prima di riportarli, per dare una cornice a queste paure, va fotografato l'atteggiamento che tiene Matteo Renzi in Aula. Dal suo scranno del Senato parla da leader e benedice un governo istituzionale, che salvi il Paese e faccia la manovra. Scagliando un dardo velenoso al leader del suo partito, con quell'accusa di «connivenza» con Salvini per andare al voto a ottobre, impedendo la formazione di un nuovo esecutivo. Si premura pure, Renzi, di chiarire che lui non ne farà parte per tenersi le mani libere e nemmeno Lotti e la Boschi del suo «giglio magico».

 

E allora anche se fosse logica la rassicurazione che va ripetendo l'ex leader nei suoi conversari, che a lui non converrebbe far cadere un governo perché se si votasse non avrebbe mai il numero di parlamentari che ha oggi per poter condizionare l' elezione del capo dello Stato nel 2022, l'incubo che si materializza nel colloquio tra Zingaretti e Di Maio è ancora più terrorizzante.

 

IL TERZO INCOMODO

luigi di maio nicola zingaretti

Al segretario Pd è giunta notizia che appena partirà il gabinetto "giallorosso" Renzi comincerà a organizzare una scissione parlamentare: creando gruppi parlamentari staccati dal Pd, trasformandoli di fatto nel terzo partito di maggioranza. «Raccoglierà i suoi e tutti gli scontenti, quelli che ambiscono a posti di sottosegretari o che vogliono qualcosa e li terrà come arma per avere in pugno la bussola dell' esecutivo». Questo dicono gli uomini del segretario.

 

A capo di questi gruppi piazzerebbe alla Camera la Boschi «e così Di Maio sarà costretto a trattare con lei nomine di enti pubblici, banche e quant'altro». Una prospettiva che terrorizza Di Maio e che secondo Zingaretti porterà ad un nulla di fatto. E dunque non va affatto escluso che si potrebbe andare al voto presto. Tanto più che grillini e Dem ora potrebbero giocarsi la carta di un'alleanza dopo le urne in Parlamento e alle regionali in Emilia, Toscana, Calabria e Umbria.

 

CANTONE E GIOVANNINI

RENZI ZINGARETTI

Si capisce meglio perché il nome del futuro premier sia il problema minore. «Deve esser un governo per il rinnovamento, con nomi diversi e diverse politiche», mette in chiaro Zingaretti. «Con misure sociali e per l' ambiente, con in testa i diritti civili». Chi tratta la materia svela che i Dem chiederanno una riforma costituzionale nuova con il taglio dei parlamentari, un nuovo Senato Federale e una legge elettorale proporzionale.

 

«Sarebbe la garanzia che si arriva al 2023». Perfino i renziani, che accetterebbero un Conte bis, sanno però che sarebbe complicato. «Dove era Conte in questi 15 mesi? Perché ha atteso la sfiducia per denunciare i disastri di Salvini?», chiede polemico Zingaretti. «Non si può autoassolvere».

 

MATTEO RENZI E MARIA ELENA BOSCHI

Il Pd non accetta un suo bis, pur sapendo che i grillini lo proporranno. A Mattarella il Pd, dopo un mandato pieno al segretario votato oggi in Direzione, si dirà pronto ad un governo di legislatura o ad andare al voto. Certo, accetterebbe un incarico a Fico, così come a Cantone o Giovannini. Ma le trattative vere partiranno quando i grillini decideranno se sobbarcarsi il rischio terzo incomodo.

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