maria elena boschi e matteo renzi

MENTRE SPROLOQUIA SU TWITTER SU BIDEN, RENZI VIENE INDAGATO PER FINANZIAMENTO ILLECITO. CON LUI MARIA ELENA BOSCHI, CHE SI AGGIUNGONO A LOTTI, CARRAI E BIANCHI. OVVERO IL CUORE DELLA FONDAZIONE OPEN, CHE HA RACCOLTO 7,2 MILIONI DI EURO FINO ALLA CHIUSURA NEL 2018. PER I MAGISTRATI, OPEN ERA UN VERO PARTITO POLITICO E AVREBBE DOVUTO RISPETTARE LE REGOLE PREVISTE

 

Giacomo Amadori per ''La Verità''

 

maria elena boschi matteo renzi

Dopo che per anni le Procure di mezza Italia gli hanno ronzato intorno, i magistrati di Firenze hanno iscritto Matteo Renzi sul registro degli indagati con l'accusa di finanziamento illecito per i denari incassati dalla Fondazione Open, la cassaforte del Renzismo. Per l'ex presidente del Consiglio è la prima volta. Come è la prima volta per Maria Elena Boschi, l'altro pezzo da novanta di Italia viva iscritto sul registro delle notizie di reato.

 

I due si vanno ad aggiungere agli altri tre indagati per la gestione di Open: gli ex consiglieri Luca Lotti e Marco Carrai (nel consiglio direttivo c'era anche la Boschi) e l'ex presidente Alberto Bianchi, accusato anche di traffico di influenze. Nell'«invito a comparire» inviato ai quintetto sottoposto a indagini si legge che dovranno presentarsi il 24 novembre «dinanzi ai pm dottor Luca Turco e Antonino Nastasi negli uffici della Procura della Repubblica di Firenze [] per rispondere ad interrogatorio con l'assistenza del difensore di fiducia già nominato».

 

Gli inquirenti hanno disposto che l'invito fosse notificato tramite il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza il 2 novembre, il giorno dei morti. L'iscrizione di Renzi, della Boschi e di Lotti si deve probabilmente alle evidenze raccolte dai magistrati dopo le perquisizioni dell'anno scorso che avevano coinvolto la sede della fondazione e oltre 30 imprenditori legati da rapporti di tipo finanziario con la fondazione Open che tra il 2012 e il 2018, quando ha chiuso i battenti, ha raccolto circa 7,2 milioni di euro.

 

Marco Carrai con Matteo Renzi

Nell'invito a comparire si legge che somme erano «dirette a sostenere l'attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana».A tutti è contestato il finanziamento illecito continuato (reato punito dai 6 mesi ai 4 anni di reclusione) «perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso ()» Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open «riferibile a Renzi Matteo (e da lui diretta), articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open»: circa 670.000 euro nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.

 

Nell'avviso l'ex premier viene identificato come segretario nazionale del Partito democratico per quasi cinque anni, nonché come parlamentare del Senato. Anche la Boschi è presentata con un bel cv: parlamentare, componente e poi coordinatrice della segreteria nazionale del Pd. Ovviamente questa vicenda rischia di rendere ancora più traballante la già instabile condizione politica dell'ex sindaco di Firenze, costretto a barcamenarsi tra lo scomodo ruolo di puntello del governo di Giuseppe Conte con la sua Italia viva e la voglia di fare opposizione.

 

ALBERTO BIANCHI E MARIA ELENA BOSCHI

Adesso, con la vittoria ormai certa di Joe Biden alle elezioni presidenziali americane l'unica speranza che resta a Matteo è quella di diventare segretario generale della Nato, per stare il più lontano possibile dall'Italia e per meglio gestire la sua immagine internazionale, grazie alla quale ha potuto incassare negli ultimi due anni quasi 2 milioni di speech all'estero e comparsate tv. Resta da vedere se quando verrà scelto il segretario generale, Renzi avrà già archiviato questa grana giudiziaria che, in caso contrario, potrebbe intralciare la sua corsa all'ambita poltrona.

 

Era da mesi che scrivevamo che il convitato di pietra dell'intera vicenda era Matteo. Infatti era impossibile che fossero accusati di finanziamento illecito per i soldi incassati da Open, la fondazione di Renzi, solo gli amministratori e non chi usufruiva di quel denaro. Per lo meno questo a rigor di logica. Per i magistrati la creatura renziana, che ha promosso e organizzato anche le varie edizioni della Leopolda, come abbiamo scritto, «ha agito da "articolazione" di partito politico», quanto meno in relazione alle «"primarie" dell'anno 2012, al comitato per Matteo Renzi segretario» e «alle ricevute di versamento da parlamentari».

 

Un'ipotesi che per come è stata costruita dalla Procura e dal Tribunale del riesame non ha convinto i giudici della Suprema Corte di Cassazione, i quali a settembre hanno accolto un ricorso presentato dagli avvocati di Carrai con queste motivazioni: «Non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna (Open, ndr) possa dirsi sostanzialmente inserita nell'azione del partito o di suoi esponenti, in modo che finanziamenti ad essa destinati abbiano per ciò stesso un'univoca destinazione al servizio del partito».

 

lotti renzi

La Cassazione ha invitato il Tribunale del riesame a compiere un'«analisi dell'operatività» della fondazione che finanziava la «Leopolda», «in modo da poter inquadrare gli elementi prospettati al di fuori della ordinaria attività di una fondazione politica e da poter per contro suffragare, sia pure all'attuale stadio delle indagini e per le relative finalità, l'assunto accusatorio dell'illiceità dei finanziamenti ricevuti e/o intermediati da Fondazione Open».

 

Gli ermellini si sono espressi dopo che i legali di Carrai, Filippo Cei e Massimo Dinoia avevano impugnato il provvedimento di convalida di perquisizione e sequestri. La Cassazione ha anche annullato senza rinvio le perquisizioni e sequestri a carico di uno dei finanziatore di Open, Davide Serra, non indagato. Quando i giudici del Palazzaccio aveva accolto questi ricorsi, Matteo Renzi si era scatenato su Facebook:

 

«Oggi su Facebook interviene Matteo Renzi in un post in cui si legge: "Dieci mesi fa centinaia di finanzieri inviati dalla Procura di Firenze hanno perquisito le case di cittadini non indagati «rei» di aver finanziato in modo legittimo e trasparente la Leopolda. Per settimane i giornali, i politici, gli addetti ai lavori hanno parlato di quella vicenda: il caso Open». Quindi aveva lanciato l'affondo: «Ieri la Cassazione ha stabilito che le perquisizioni erano illegittime: la Cassazione! Oggi silenzio di quasi tutti i media. In un mondo normale oggi qualcuno dovrebbe scusarsi per le tonnellate di fango che ci hanno buttato addosso. Non succederà e noi andremo avanti col sorriso e senza rancore. Ma chi pagherà per il danno politico, economico, mediatico, umano che abbiamo subito? I

 

alberto bianchi maria elena boschi

l tempo è galantuomo, certo, ma le cicatrici lasciano il segno. Un abbraccio affettuoso e solidale ai "perquisiti" e alle loro famiglie. E noi andiamo avanti a testa alta, come sempre, più di sempre». Renzi era stato durissimo con il procuratore Giuseppe Creazzo e l'aggiunto Turco anche l'anno scorso, dopo che i suoi genitori era finiti agli arresti domiciliari con l'accusa di bancarotta e false fatturazioni. Quindi, dopo le perquisizioni per l'inchiesta Open, il senatore semplice di Scandicci aveva commentato: «Non è la prima inchiesta che viene dal procuratore Luca Turco e dal suo capo Creazzo: sono certo che non sarà l'ultima. Che lavorino tranquilli sui numerosi dossier che hanno aperto: noi rispettiamo i magistrati e aspettiamo le sentenze della Cassazione, come prevede la Costituzione. Tutto il resto è polemica sterile». Ma torniamo all'inchiesta. L'iscrizione di Renzi & c. lascia pensare che i magistrati, dopo le perquisizioni dei mesi scorsi, siano riusciti a trovare le prove che stavano cercando.

 

Lotti Renzi

All'epoca gli investigatori erano andati a caccia di bancomat e carte di credito messe a disposizione dei parlamentari. Il che rendeva praticamente inevitabile la contestazione del finanziamento illecito e, in prospettiva, ma solo per i politici, anche l'appropriazione indebita (e non il peculato, perché quelli della Open non sono soldi pubblici) se gli inquirenti avessero scoperto che per esempio le carte di credito erano state utilizzate per effettuare spese personali, non collegate con la politica. Ma nell'avviso a comparire questa ipotesi di reato non compare e viene contestato solo il finanziamento illecito.

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