1. DE MAGISTRIS, IL GIUSTIZIALISTA CHE NON ACCETTA LE SENTENZE
Cesare Martinetti per “la Stampa”
Le parole resistere o resistenza vanno maneggiate con molta cura. Ora, che il sindaco di Napoli parli di «resistenza» e di «lotta per la giustizia» per difendere la sua poltrona, è inaccettabile.
È stato eletto sulla spinta di una popolarità ottenuta su inchieste costruite su abusi che sono stati accertati dal tribunale. È stato condannato a un anno e tre mesi. Le richieste di dimissioni sono più che legittime.
Si potrà discutere all’infinito sull’effettiva decadenza legale della sua carica. Egli ha naturalmente diritto al giudizio di appello e alla sospensione della pena. Potrà fare tutti i ricorsi che vuole. Ma questo riguarda il suo destino personale. Dal punto di vista dell’interesse generale questa vicenda richiede invece una soluzione immediata. Per buon gusto, per estetica, per coerenza.
luigi de magistris attore in una mini fiction
Basta con capziosità e furbizie giuridiche. Abbiamo trascorso anni - non i migliori - in balia di leggi ad personam e conflitti di interesse che hanno cambiato il discorso pubblico del Paese. In Italia è ora in corso un tentativo di riforma importante, difficile, contraddittorio e naturalmente discutibile. Ma che il cambio di stagione sia completo, anche nel rapporto tra politica e giustizia.
Luigi De Magistris è uno di quei personaggi la cui popolarità si deve a una distorsione tutta italiana che nasce dalla sensazione diffusa di vivere in un Paese con un tasso di ingiustizia insanabile dalla naturale fisiologia istituzionale e che richiede l’intervento di attori eccezionali che rompano la crosta dell’impunità. De Magistris questo ha fatto da pm a Catanzaro mettendo sotto inchiesta mezzo mondo politico grazie ad intercettazioni illegali ottenute con la consulenza dell’informatico Gioacchino Genchi.
luigi de magistris attore in una mini fiction 5
Una vicenda scoperta e denunciata da Guido Ruotolo su La Stampa nell’ottobre del 2007. Milioni di tabulati telefonici acquisiti illegalmente. Tra questi quelli di politici di primo piano come Prodi, Rutelli, Gozi, Pittella, Mastella. Indagini poi finite in calderoni ingestibili e inconcludenti, che però hanno lasciato tracce pesanti nelle vite e nei destini delle persone ed hanno cambiato il corso della politica.
LUIGI DE MAGISTRIS CON GLI ORECCHINI ROSSI PER IL GAY PRIDE DI GIUGNO
Qual è il punto? Che chi - come De Magistris - si è legittimato come giustiziere grazie alla toga di magistrato ed è poi transitato in politica beneficiando di un consenso fondato su quell’immagine, nel momento in cui un tribunale lo condanna non può proclamare la sua «resistenza» in nome della «giustizia» perché così facendo genera altra ingiustizia. Quando il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli fece il suo appello alla «resistenza» intendeva difendere la stagione di Mani Pulite, non il suo ruolo o disconoscere una sentenza del tribunale.
Apriva un conflitto con la politica, ma questa è un’altra cosa. Le sentenze dei tribunali non valgono a comando. Alla politica oggi è chiesto un vero cambio: se in Emilia anche la semplice attesa di un’inchiesta cambia i connotati delle primarie, a Napoli un condannato per abuso d’ufficio non può fare il sindaco.
2. DE MAGISTRIS: SE MI TOLGONO L’UFFICIO FARÒ IL SINDACO PER STRADA, TRA LA GENTE
Dario Del Porto per “la Repubblica”
«Se mi sospenderanno farò il sindaco in mezzo alla gente. Se decideranno che non devo più stare a Palazzo San Giacomo, vorrà dire che scenderò in strada e starò con i cittadini. Ma non credo che andrà così, perché penso che questa sia una sentenza politica», dice Luigi de Magistris ai suoi collaboratori al crepuscolo di una giornata complicata, la prima dopo la condanna per abuso d’ufficio nel caso Why Not.
Nella sua stanza, al secondo piano del Municipio, il sindaco di Napoli rilegge per l’ennesima volta il testo della legge Severino, la norma che potrebbe interrompere il cammino della giunta arancione dopo tre anni e mezzo di governo. Non ha alcuna intenzione di mollare, de Magistris, ma con il suo staff non nasconde che il rischio della sospensione dalla carica di sindaco è molto concreto.
«Il tema esiste, non è campato in aria. Naturalmente, bisogna studiare bene la procedura. Ma l’ipotesi c’è, inutile nasconderlo. Ora cerchiamo di capire bene la vicenda», spiega a chi va a trovarlo in ufficio o gli parla al telefono.
congresso italia dei valori genchi jpeg
Il ritmo di lavoro è frenetico come al solito. A Palazzo San Giacomo, il sindaco vede continuamente il capo di gabinetto Attilio Auricchio, a metà mattina saluta brevemente una delegazione di cittadini, in serata incontra gli staffisti e gli assessori. «Non mi dimetto, faremo fronte anche a questo passaggio difficile», ribadisce, mentre i suoi legali e gli avvocati del Comune approfondiscono gli aspetti giuridici della vicenda.
«Gli elementi da valutare sono diversi - ragiona l’ex pm assieme ai fedelissimi - Il dispositivo della sentenza, ad esempio, sospende non solo l’applicazione della pena principale, ma anche della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Questo elemento può incidere sulla legge Severino? Il reato, poi. Mi condannano per un abuso d’ufficio che io non ho commesso, per il quale mi sento assolutamente innocente e sono sicuro di poterlo dimostrare già in appello.
Ma al di là di questo, la condotta che mi viene contestata non riguarda il mio mandato di sindaco, bensì un’attività svolta quando ero in magistratura. Vicende sulle quali sono stato anche già sottoposto a un procedimento disciplinare da parte del Csm. Su tutti questi punti, l’interpretazione della legge Severino è quanto meno dubbia».
L’altro nodo sono i tempi. Oggi il consiglio comunale di Napoli vota il bilancio, alle porte ci sono le elezioni per la Città metropolitana. «La norma dice che la prefettura può muoversi se riceve la segnalazione dal Tribunale. Nel dispositivo però non è scritto nulla. Mai come in questo caso, dobbiamo aspettare le motivazioni della sentenza per capire qualcosa in più».
Ma la scelta di “resistere” alle disposizioni di una legge dello Stato, gli chiede qualcuno, non rischia di essere interpretata come una contraddizione, da parte di chi ha fatto della legalità una bandiera?» Il sindaco non si scompone. E replica: «Per molti versi la legge Severino è condivisibile, per altri invece a mio avviso è discutibile, ad esempio dove non contempla, fra i reati, anche i falsi.
Ma io non intendo piegarmi dinanzi a una sentenza che trovo profondamente ingiusta. Sento dire che dovrei dimettermi. Ma non ci penso proprio, semmai dovrebbero farlo gli altri. Per quanto mi riguarda, sono sereno e aspetto. Vedremo quale sarà l’interpretazione della legge Severino e farò le mie valutazioni. Se mi sospenderanno, farò il sindaco sospeso. In strada, con i miei concittadini».
L’amarezza delle prime ore ha lasciato il posto alla voglia di reagire. Ma con la condanna nel caso Why Not, è come se il vento delle inchieste condotte a Catanzaro, che aveva allontanato de Magistris dalla magistratura accompagnandolo nell’agone politico e infine sulla poltrona di sindaco di Napoli, avesse iniziato a soffiare in senso contrario.
ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
«Proprio perché ho fatto il magistrato con impegno, sacrificio, dedizione assoluta, senza rifugiarmi nel quieto vivere ma scavando in casi complessi e rischiosi, mi sento scandalizzato. Non riesco ad accettare che sotto processo sia finito un magistrato e non la politica che ha commesso reati. Per me questo è un controsenso. Ma ci sarà un tempo per tutto. Leggeremo la sentenza, vedremo come è stata scritta. Sono sicuro che ogni aspetto sarà chiarito. Adesso però è il momento di lavorare. La città non può aspettare».
3. LEGGE SEVERINO E CRISI POLITICA - DOPPIO INCUBO PER DE MAGISTRIS “NON MOLLO”. MA DOPO LA CONDANNA IL SINDACO DI NAPOLI PUÒ ESSERE SOSPESO
Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
Dopo la condanna in primo grado per abuso d’ufficio, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha due problemi. Il primo è giuridico: la legge Severino, varata nel 2013, prevede in questi casi la sospensione dalla carica. Il secondo è politico: la condanna, ancorché riferita alla sua carriera di magistrato, chiusa per entrare in politica - lo indebolisce ulteriormente in un quadro di instabilità amministrativa.
La questione giuridica è nella mani del prefetto, cui la legge attribuisce il potere di accertare l’esistenza della «causa di sospensione». L’interpretazione prevalente tra i giuristi, confermata dai primi casi di applicazione (Latina, Fasano), è sfavorevole a De Magistris: sospensione senza se e senza ma.
Gli avvocati del sindaco stanno ragionando e potrebbero opporsi al prefetto con un ricorso al Tar. La sospensione «congelerebbe» De Magistris, ma non farebbe cadere la giunta, che resterebbe in vita «decapitata» e con il fiato corto.
La legge Severino è la stessa che ha fatto decadere Berlusconi dopo la condanna definitiva per frode fiscale. Un anno fa, per salvare il leader, il centrodestra sosteneva un’interpretazione restrittiva della legge. Oggi, per chiedere la testa di De Magistris, ne invoca un’applicazione draconiana.
Al contrario lo stesso De Magistris, un tempo irremovibile nel chiedere dimissioni di politici indagati, ora annuncia via twitter: «Non mollo, resisto». L’Italia dei Valori, il partito con cui l’ex pm si diede alla politica, tace. No comment da Antonio Di Pietro, pure lui ex pm che teorizzò (e praticò) le dimissioni in attesa di chiarimento giudiziario.
Un sindaco popolare e politicamente solido avrebbe buoni argomenti per approntare uno scudo efficace: la vicenda giudiziaria non c’entra con il ruolo di sindaco né con la città; la sentenza è tutt’altro che granitica, sia a livello di prove che di configurazione del reato, tanto che la Procura aveva chiesto l’assoluzione, quindi non è escluso un esito favorevole in appello. Ma De Magistris da tempo ha smarrito popolarità (un anno fa, la lista Rivoluzione Civile da lui sostenuta prese a Napoli un misero 3,7%) e solidità politica. In tre anni, ha perso dieci assessori sui dodici della prima «giunta arancione» e otto consiglieri comunali di una maggioranza ormai risicatissima (25 voti su 49).
Inoltre De Magistris è politicamente «apolide»: lasciata l’Idv, s’è imbarcato nella fallimentare avventura della lista Ingroia, quindi ha ammiccato a Renzi ma senza stabilire un rapporto con il Pd.
Oggi il Consiglio si riunisce per votare il bilancio. Mercoledì era mancato il numero legale, un bis sarebbe un altro colpo per il sindaco, che per puntellare la maggioranza sta offrendo un accordo a Sel. Un solo voto in più, ma prezioso.