referendum con firma digitale

ORA CHE BASTA UN CLIC, OCCHIO ALL'ONDATA POPULISTA DEI REFERENDUM - CON SPID E FIRMA DIGITALE ADDIO GAZEBO: CAMERA E SENATO RISCHIANO DI ESSERE IRRILEVANTI, LA POLITICA SI FA ONLINE - MEZZO MILIONE DI CONSENSI PER LA CANNABIS, POI SARÀ LA VOLTA DELL'EUTANASIA, DELLA GIUSTIZIA, DELLA CACCIA E DI CHISSÀ CHE ALTRO: IL PD PENSA GIÀ DI DI ALZARE ALMENO A 800 MILA IL TETTO DI ADESIONI DA RAGGIUNGERE - RENZI: "NON PUÒ PASSARE TUTTO FUORI DAL PARLAMENTO, COSÌ IL MAÎTRE À PENSER DIVENTA FEDEZ"

1 - ITALIA SOMMERSA DAI REFERENDUM, L'ONDATA SOCIAL CHE PUÒ TRAVOLGERE IL PARLAMENTO

Massimiliano Scafi per "il Giornale"

 

REFERENDUM CON FIRMA DIGITALE

«Ma il Parlamento, ce lo abbiamo ancora?». Autunno alle porte, piovono referendum come castagne e anche sul Colle comincia a serpeggiare un filo di inquietudine. Sergio Mattarella, da sempre strenuo paladino dell'autonomia e delle prerogative delle assemblee elettive, non può certo essere felice: è vero, anche le consultazioni popolari fanno parte del gioco democratico, anzi, ne costituiscono una «componente essenziale», però tutta questa grandinata di quesiti, di sì e di no, conferma il progressivo declino di Montecitorio e Palazzo Madama.

 

Referendum Cannabis

Basta un clic, una sigla elettronica, tre euro da versare, e Camera e Senato diventano irrilevanti. Insomma, visto che i partiti latitano e perdono tempo a litigare, che sono schiacciati dal governo e non toccano palla sulle scelte fondamentali del Paese, ora tocca alla politica fai-da-te, a chilometro zero, dal produttore al consumatore, Mezzo milione di firme in sette giorni per la liberalizzazione della cannabis, poi sarà la volta dell'eutanasia, della giustizia, della caccia, e di chissà che altro.

 

Referendum Cannabis 3

Battaglie giuste e meno giuste si mischiano a grandi questioni di coscienza. Ecco pure i no vax e no pass. A Milano è partita la raccolta per cancellare il certificato vaccinale: difficile che arrivino al quorum e che la Cassazione autorizzi il quesito, ma intanto loro ci provano e strappano un altro frammento di visibilità. Insomma, gli italiani stanno trovando una scorciatoia.

 

Referendum Cannabis 2

Eppure, solo qualche anno fa dopo gli ultimi fallimenti, si celebrava il tramonto dell'istituto referendario. Non funziona più, si diceva, non si riesce a portare la gente al gazebo. Sbagliato. A tirarlo improvvisamente fuori dall'archivio ci ha pensato la firma digitale. La tecnologia ha così aperto scenari imprevisti e travolto i partiti, presi totalmente in contropiede.

 

referendum eutanasia

Tutti tranne i radicali, che ne detengono il brevetto, il marchio di fabbrica. «Un giorno straordinario - dice Emma Bonino - la strada della libertà e l'unica contro i sovranismi. Questo risultato è una spinta politica fenomenale a un Parlamento che dorme da anni».

 

Forse non dorme, di certo non è un fulmine di guerra e non si ammazza di superlavoro. Infatti, stando a una ricerca di Openpolis, nonostante l'energica spinta riformatrice emanata dal governo Draghi, nel 2021 le Camere sono riuscite ad approvare in via definitiva appena cinque (5) leggi.

 

MATTEO salvini PRO referendum giustizia

Ora rischia di essere messo all'angolo dalla nuova infornata di quesiti. Le forze politiche annaspano e studiano rimedi, freni, correttivi. Però ancora una volta non entrano nel merito dei problemi sollevati dai referendum. Per quattro volte la Consulta ha invitato le Camere a legiferare sui cosiddetti «temi sensibili».

 

Risultati, zero. «Il totale silenzio dei capi dei grandi partiti sulla cannabis e sull'eutanasia - spiega Marco Cappato - è un segnale preoccupante. Non tanto per le consultazioni popolari, quanto per lo stato di salute della nostra democrazia. Ormai sono sempre più autoreferenziali, ai margini, costretti a fare il tifo pro e contro le decisioni di Draghi».

 

vasco rossi firma per il referendum per l eutanasia legale 3

E i referendum, sostiene Elio Vito, Fi, «sono la risposta al cattivo funzionamento delle Camere». Adesso bisognerà recuperare il contatto con il mondo reale. Non sarà facile, prevede Simone Baldelli, Forza Italia. «Saremo obbligati a trovare un accordo per sciogliere i nodi del sistema, altrimenti ci troveremo sempre a rincorrere le scelte fatte dai cittadini».

 

Servirà pure una legge sulla firma digitale, dice Matteo Renzi. «Non può passare tutto fuori dalle Camere, oppure il maître à penser diventa Fedez». I democratici Ceccanti e Parrini propongono di alzare a 800 mila il numero delle firme perché con spid, banche dati e associazioni tipo change.Org il mezzo milione si raggiunge in un attimo. I Cinque Stelle vogliono invece sviluppare il referendum propositivo, che per Sabino Cassese «e un tradimento della Carta, la politica non vive solo online».

 

referendum sul divorzio 5

Un altro costituzionalista, Michele Ainis, dice «no a depotenziamenti dei referendum, non possiamo mica metterci un tappo». E Francesco Clementi invita a considerarla un'opportunità. «Si tratta di uno strumento previsto per migliorare il dialogo tra il Palazzo e i cittadini e sta alla capacità di Camera e Senato di maneggiarlo. Si delegittima il Parlamento? Dipende dai parlamentari che lo abitano». Quasi mille: molti hanno cambiato casacca, una buona metà non tornerà.

 

2 - MEZZO SECOLO DI CONSULTAZIONI FINITE NEL NULLA, IL PRECEDENTE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEI PM

Fabrizio Boschi per "il Giornale"

 

referendum sul divorzio 7

Un referendum non è né facile da ottenere (500mila firme) né, una volta passato, facile da trasformare in legge. Eppure l'Italia è il Paese dei referendum coi Radicali grandi maestri. Dal 1946 ad oggi in Italia si sono svolti 74 referendum, di cui 67 abrogativi, uno istituzionale, uno consultivo e 4 costituzionali.

 

Ma dall'abolizione del finanziamento ai partiti a quella del ministero dell'Agricoltura in molti casi la volontà popolare è stata tradita. Con o senza quorum. Se togliamo il referendum sul divorzio (1974) e quello sull'aborto (1981) pochi altri hanno ottenuto un simile successo.

 

referendum sul taglio dei parlamentari.

Ci piace promuoverli un po' casaccio (vedi quello sui fitofarmaci), anche se poi non serve a niente. Solo a sperperare denaro pubblico. Ma la chiamano democrazia. I referendum appassionano sempre più solo i politici ma sempre meno il popolo. Dal 1970, anno dell'istituzione della consultazione popolare per abrogare le leggi, il calo nella partecipazione alle urne è stato progressivo (dall'88% di votanti per il divorzio, al 23% per l'abolizione della quota proporzionale alla Camera nel 2009).

 

manifestazione per il no al referendum sul taglio dei parlamentari

Chi li promuove ha la presunzione di credere che una volta passati diventeranno leggi, ma non è così. Per questo anche le recenti raccolte firme su eutanasia, cannabis e green pass non promettono nulla di buono. Gli oppositori al referendum hanno sempre trasformato l'astensionismo in una strategia di vittoria.

 

EMMA BONINO – NO AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Come fecero i cacciatori nel 1990, sul referendum per la disciplina della caccia (43%, non raggiunto). Emblematico il caso del referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati. L'80% degli italiani votò sì. E nacque la legge Vassalli, sul risarcimento. Di fatto però il dettato del referendum fu disatteso. Dal 1997 in poi l'astensionismo ha portato al fallimento di 6 referendum su 7; eccezion fatta per quello sull'acqua e sull'energia nucleare del 2011. Che comunque non hanno prodotto gli effetti sperati, soprattutto per quanto riguarda il costo delle bollette. Sul finanziamento pubblico ai partiti gli italiani si sono pronunciati nel 1993. «Basta soldi alla partitocrazia», fu lo slogan dei radicali. Nei fatti, però, non ci fu alcuna rivoluzione. Con la legge 515 del 10 dicembre 1993, tutto rimase come prima. Sempre nel 1993, surreale la querelle intorno al ministero dell'Agricoltura. Cassato dal voto referendario con il 77% è risorto con la dizione «ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali».

 

referendum divorzio pannella

Stesse deleghe, ma diverso nome. Uguale per il ministero del Turismo e dello spettacolo, abrogato per sempre dal referendum del 1993 col 77%, ma che esiste tutt'oggi con una definizione differente. Eclatante il referendum sulla privatizzazione della Rai: l'11 giugno 1995 gli italiani si espressero a favore della fine del connubio tra politica e tv statale. I promotori (Radicali e Lega nord) volevano aprire la Rai ai privati, ma nei fatti la politica oggi conta più di prima.

 

referendum

In tanti altri casi, la partecipazione popolare non è bastata a raggiungere il quorum. È accaduto dal 1997 al 2009 per ben 24 quesiti che andavano dalla caccia all'Ordine dei giornalisti, dalla separazione delle carriere dei magistrati (4 volte) ai licenziamenti, dall'elezione del Csm all'obiezione di coscienza, dalla procreazione assistita alle elezioni di Camera e Senato. Dodici anni di soldi buttati al vento.

 

BEPPE GRILLO VOLEVA REFERENDUM PER USCIRE DALL EURO

Siamo riusciti a fare anche un referendum sul referendum come il quesito del 2000 sull'abrogazione del rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie (32%, quorum non raggiunto). Subito dopo tutti si affrettano a farsi interpreti della vox populi, stratagemma gattopardesco per non cambiare nulla. Facendo spendere milioni e milioni di euro agli italiani. Inutilmente.

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."