virginia raggi alessandro di battista giuseppe conte

PARLAMENTARIE SÌ, MA ALLA FINE DECIDO IO – LE AUTO-CANDIDATURE PER IL MOVIMENTO 5 STELLE DOVRANNO PASSARE AL VAGLIO DI GIUSEPPE CONTE. CHE INTANTO, PER AIUTARE I SUOI “PULCINI”, SBIANCHETTA LA REGOLA DEL PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ – VIRGINIA RAGGI STREPITA: “IL M5S NON PUÒ ESSERE PRESO COME UN TRAM PER ENTRARE IN PARLAMENTO” (AH, NO? SEMBRAVA IL CONTRARIO). LA SPONDA DELL’EX SINDACA A DIBBA: “È MOLTO PIÙ CINQUE STELLE DI TANTI CHE SONO DENTRO”. MA CONTE LO VUOLE TENERE A DISTANZA…

1 - M5S: IL CAOS DELLE REGOLE

Federico Capurso per “La Stampa”

 

giuseppe conte

Candidarsi con il Movimento non è mai stato così facile. Segno dei tempi che corrono e dei sondaggi che piangono. Una volta significava entrare in una giungla di regole e di paletti, utili a impedire di saltare sul carro grillino. Adesso invece le maglie si allargano e le regole cadono.

 

Perché c'è bisogno di un ricambio grande, nel segno della nuova leadership di Giuseppe Conte, e perché l'obiettivo è quello di raggiungere il 10 per cento. Si devono salvare i nomi forti del partito e vincere più posti possibili nei collegi.

 

Una questione di numeri e di necessità. Le candidature si potranno presentare fino all'8 agosto e, una volta vagliate dall'ex premier, verranno votate online dagli iscritti con le tradizionali «parlamentarie».

 

virginia raggi alessandro di battista

Chiuso il pacchetto, sarà Conte a scegliere i capilista. In sostanza, sarà lui a decidere chi potrà avere una chance di entrare in Parlamento e chi dovrà sperare in un miracolo. Regolamento aperto, dunque, ma con l'imbuto del leader da dover superare.

 

Dalle regole, intanto, è sparito il vecchio obbligo di candidarsi nel Comune in cui si ha la residenza. Ora si potrà usare anche il collegio in cui si ha il domicilio o il «centro principale dei propri interessi».

 

In questo modo, i big del Nord che sono quasi sicuri di non poter vincere nei loro collegi di residenza, come Chiara Appendino in Piemonte o Stefano Patuanelli in Friuli Venezia Giulia - ma fondamentali per il progetto di Conte - potranno guardare a un collegio più lontano da casa, magari a Roma. Resta, però, il divieto di ricorrere alle pluri-candidature. Per l'ex sindaca di Torino, che era stata condannata in primo grado per i fatti di piazza San Carlo, c'è anche un secondo "aiuto".

 

alessandro di battista virginia raggi

La regola che impediva di presentarsi in caso di condanna in primo grado, infatti, è stata sfumata: adesso dovrà esserci il «dolo» che lei, nella sua condanna, non ha.

 

Mano tesa anche alle ambizioni di Rocco Casalino e degli altri portaborse: a differenza del 2018 potranno correre per la Camera e il Senato senza limitazioni. Tutti quelli al primo mandato, però, dovranno essere in regola con le restituzioni.

 

GIUSEPPE CONTE IN VACANZA SUL GARGANO

Virginia Raggi, che fa parte del comitato di Garanzia incaricato di scrivere il regolamento, insieme a Roberto Fico e Laura Bottici, può dirsi soddisfatta a metà. Si era impuntata, ieri, per avere delle norme identiche a quelle del 2018: «Il M5S non può essere preso come un tram per entrare in Parlamento», aveva tuonato, in difesa delle parlamentarie e dell'obbligo di essere iscritti da almeno sei mesi al partito. Questa seconda norma avrebbe tagliato le gambe a Alessandro Di Battista. Raggi nega: «Alessandro, se vuole, può candidarsi. È stato iscritto ed è molto più Cinque stelle di tanti che ora sono dentro».

 

Un po' di veleno non guasta mai. Lei però voleva «evitare di imbarcare perfetti sconosciuti. La situazione di Alessandro non deve essere strumentalizzata per far entrare chiunque o i propri amici». Ma la regola è sparita. Sarà sufficiente essere semplici iscritti al Movimento. E Dibba, che ieri ha sentito al telefono Conte, ora è un passo più vicino.

 

alessandro di battista virginia raggi

L'ex deputato romano è tornato dal suo viaggio in Russia e pensa al suo futuro. «Posso dare una mano, ma non a qualunque costo», ha ribadito a Conte. Il prezzo che non vuole pagare sono le briglie e il morso. Trovarsi costretto in un partito, non in un movimento, che si posiziona nel campo progressista e non più «né con la destra, né con la sinistra», come amava Dibba (perché lo lasciava libero di sparare a zero contro chiunque). Sono gli stessi timori di Conte, guardati allo specchio.

 

giuseppe conte enrico letta 2

Se tentasse un riavvicinamento a Enrico Letta dopo le elezioni, come si concilierebbe con la presenza nel M5S di Dibba, l'acerrimo nemico del Pd? E come si argineranno le possibili future visite ai gilet gialli, lontane anni luce dal profilo di governo contiano? I sondaggi riservati che ha commissionato il leader suggeriscono che la candidatura di Di Battista potrebbe pesare tra lo 0, 6 e l'1 per cento, riportando a casa una fetta di elettori ortodossi. Eppure, i numeri non sono tutto. Non lo sono per Conte, né per Di Battista, che in virtù di una convenienza reciproca si stanno avvicinando, ma entrambi, l'uno all'altro, pongono condizioni e nascondono le proprie paure.

 

GIUSEPPE CONTE IN VACANZA SUL GARGANO BY OSHO

2 - DI BATTISTA TORNA E INSULTA DI MAIO M5S, REGOLE AD HOC PER SCHIERARLO

Estratto dell’articolo di Claudio Bozza per il “Corriere della Sera”

 

[…] Negli ultimi giorni, dopo aver incassato per mesi attacchi pesantissimi dallo stesso Di Battista, il leader Giuseppe Conte ha però speso parole al miele per convincere «Alessandro» a tornare in campo.

 

L'ex premier, convinto di riuscire a recuperare consensi, è infatti certo che la strategia migliore sia quella del ritorno alle origini, dei «duri e puri», della protesta. E per riuscirci ha bisogno proprio dell'ex frontman ribelle.

 

ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO

«Dibba» non sembra scalpitare per tornare a Montecitorio, ma ieri il Movimento gli ha spalancato di fatto le porte. Difficile, ora, dire di no. Nel regolamento appena approvato per le «parlamentarie», cioè la votazione online per scegliere i candidati per le Politiche, è infatti scomparso il cavillo che avrebbe inibito la corsa di «Dibba».

 

Tra le condizioni per correre non sarà obbligatorio essere iscritti alla piattaforma Skyvote da almeno sei mesi, cavillo che avrebbe inibito la corsa visto che l'ex deputato non è più iscritto al Movimento da oltre un anno. Le primarie online inizieranno alle 14 di domani e finiranno alla stessa ora dell'8 agosto.

alessandro di battista virginia raggi

 

A scorrere il regolamento salta subito all'occhio anche un'altra norma ad hoc, il «Salva Raggi»: è grazie a un complesso gioco di parole che l'ex sindaca di Roma, oggi consigliera comunale, potrà candidarsi alla Camera, dribblando appunto lo stop al terzo mandato imposto da Grillo. Raggi, che siede nel comitato che ha scritto le norme per le «parlamentarie» assieme a Roberto Fico e Laura Bottici, avrebbe ottenuto questa contropartita politica dopo aver mollato la presa contro le deroghe al «principio di territorialità».

 

VIRGINIA RAGGI

Il regolamento del M5S prevede infatti che uno possa candidarsi solo nella città in cui risiede. Questa norma, però, avrebbe impedito a Conte di avere mani libere sulla scelta dei capilista nei collegi blindati, rischiando di lasciare a piedi i suoi fedelissimi «vice», come Ricciardi, Gubitosa e Todde. «Conte - filtra dai vertici - avrà l'ultima parola sulla scelta dei capilista».

 

«Di Battista, se vuole, può candidarsi - commenta invece Raggi -. È stato iscritto ed è molto più Cinque stelle di tanti che ora sono dentro. La regola serve ad evitare di imbarcare perfetti sconosciuti, non chi il Movimento ha aiutato a farlo nascere». Infine, viene meno il paletto, presente nel 2018, che sbarrava la porta delle candidature a chi aveva «contratti di collaborazione di qualsivoglia natura e/o di lavoro subordinato con portavoce eletti sotto il simbolo del M5S». Che avrebbero potuto comunque correre licenziandosi dall'incarico. Il venire meno di questa regola apre, ad esempio, la strada a Rocco Casalino, già pronto a candidarsi nella sua Puglia, probabilmente assieme a Conte.

GIUSEPPE CONTE A FILOROSSO conte lettaDI MAIO DI BATTISTADI BATTISTA DI MAIO

 

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?